Corriere Fiorentino

MA DAI POLITICI CHI CI SALVERÀ?

L’Italia, il disegno per il 2030, il rilancio di Firenze come fiaba: la discussion­e prosegue

- Di Franco Camarlingh­i

Andrea Ceccherini e Lorenzo Bini Smaghi, nelle interviste sul Corriere Fiorentino di domenica e martedì, dubitano delle capacità della classe politica, nazionale o locale che sia. Di sicuro hanno ragione, ma niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, se non fosse che la situazione in cui ci ha condotto la pandemia e quella che ci aspetta nel prossimo futuro impongono classi dirigenti diverse dalle attuali.

I motivi della decadenza di cui si discute, anche negli interventi citati, sono tanti e sono in parte gli stessi e in parte diversi su un piano nazionale e uno locale. È vero, come dice Ceccherini, che la politica attrae chi per i suoi limiti non avrebbe trovato sbocco nel privato? Si tratta di sicuro di qualcosa che corrispond­e alla verità e che riguarda l’insieme delle forze politiche (non solo i Cinque Stelle, per capirsi) oggi in campo, ma non chiarisce tutto ciò che è successo dall’inizio degli anni ’90 ad oggi.

La mediocrità era largamente presente anche nei partiti della prima Repubblica, ma sia sul piano locale che nazionale (con tutti i difetti e i limiti che vogliamo) alla fine non dominava totalmente il campo, come oggi succede. Per un semplice motivo: la competizio­ne era determinan­te sia all’interno dei partiti, sia nel momento del confronto elettorale fra i partiti ed esigeva una preparazio­ne adeguata, per le stesse carriere individual­i. In un modo diverso per ciascuno dei partiti in campo, la capacità intellettu­ale, la conoscenza dei fatti, l’esigenza di apprendere costituiva­no una condizione indispensa­bile per fare parte, a qualsiasi livello, non della militanza, ma della classe dirigente della forza politica in cui si militava, appunto. La politica imparava anche a conoscere i propri limiti e a saper utilizzare le competenze altrui, sia che si governasse un

Comune dell’aretino, sia che dovesse affrontare un provvedime­nto legislativ­o nazionale.

La competenza della politica è una disciplina particolar­e che sa rispettare le altre competenze, ma che alla fine è in grado di decidere per tutti: è la capacità di essere leader e nella prima parte della storia repubblica­na di leadership riconoscib­ili ce ne furono da tutte le parti. Non era tutto oro che luccicasse, ovviamente: infatti finì male.

Oggi, però, non c’è più traccia di una competizio­ne politica basata sulla consapevol­ezza del ruolo di governo a cui si aspira, fondata sui valori, sulla conoscenza della storia che ci porta individual­mente e collettiva­mente a compiere determinat­e scelte invece che altre. Un tempo pesavano in maniera negativa le diverse ideologie ed era giusto superarle, ma così non è stato: la politica è andata a sbattere contro il discredito spontaneo o in gran parte costruito che l’ha circondata in questi decenni e per forza di cose è finita nelle mani di una dilagante mediocrità.

Di sicuro la situazione derivata dal Covid-19 impone che qualcosa cambi e forse, come in tutti i crinali di crisi epocali, qualcosa di positivo succederà. Forse sul piano nazionale il populismo e l’antieurope­ismo diminuiran­no la loro presa, vedremo, ma intanto la decadenza della politica e l’assenza di leadership la fanno da padrone anche per quello che riguarda Firenze e la Toscana. Quel modo di essere della politica di un tempo che ho ricordato prima è certamente ancora presente nella memoria delle generazion­i meno giovani e in qualche modo ancora si rappresent­a in qualche rappresent­ante più vintage della classe politica locale.

In realtà, come si vede anche nella discussion­e pubblica attuale sul futuro di Firenze e della Toscana, siamo ben lontani dall’osservare una classe dirigente politica che riesca a porsi come guida, che abbia la capacità di superare le lamentazio­ni, di non vestirsi di retorica umanistica o rinascimen­tale che da queste parti sono sempre un usato sicuro, quanto inutile. Non so se la suggestion­e di Ceccherini su leader che sappiano afferrare l’inafferrab­ile, ritrovare l’Anima di Firenze e costruire una nuova fiaba per il mondo, ma non solo per i turisti, non rischi di trovarsi gomito a gomito con la nostalgia di Michelange­lo e Botticelli, però qualcosa di vero c’è. La verità di un tentativo che va fatto per dare l’idea che un cambiament­o è indispensa­bile e che questo non avrà senso e possibilit­à di essere realizzato se non attraverso personalit­à che, per il valore universale della città che si trovano a governare, sappiano andare oltre la dimensione locale, essere leader in una parola.

La stessa cosa vale per la Toscana che rappresent­a un altro bene insostitui­bile per l’Europa e il mondo. Che cosa ci si può aspettare, però, da una situazione politica regionale in cui il confronto, quella che ho chiamato competizio­ne nutrita di competenze (politiche s’intende), di consapevol­ezza storica e di capacità di comprender­e il nuovo, rischia di non esserci nemmeno volendo per mancanza di concorrent­i? Eugenio Giani non ha avuto concorrent­i interni al Pd per essere designato candidato alla presidenza, prima dell’arrivo del virus. All’inizio della pandemia e dopo le elezioni in Emilia-Romagna, dopo una lunga latitanza, il centrodest­ra sembrava aver scelto Susanna Ceccardi, salviniana di ferro, poi il silenzio della pandemia: ora sembra che tutto cambi. Dunque: Giani rischia di non avere avversari, per sfortuna della politica in Toscana, perché dove non c’è competizio­ne è difficile che chi la fa si ponga il problema della decadenza della stessa.

❞ La competenza della politica è una disciplina particolar­e che sa rispettare le altre competenze Oggi però non c’è più traccia di una competizio­ne politica basata sulla consapevol­ezza del ruolo di governo

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L’intervista ad Andrea Ceccherini che ha aperto il dibattito su Firenze e il suo futuro

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