Corriere Fiorentino

Contro i«carri armati» di Giani Livorno schiera il Villano che chiama alla rivolta anti rifiuti

Il termovalor­izzatore, il duello col candidato Pd e la statua simbolo spostata

- Di Mario Lancisi

Quando Carlo VIII di Francia invase nel 1492 l’Italia, avanzò un ultimatum ai fiorentini per avere la somma di denaro concordata, ma la risposta fu negativa. Al che Carlo minacciò Firenze: «Allora noi suoneremo le nostre trombe». Minaccia bellicosa alla quale Piero Capponi, il condottier­o dell’esercito fiorentino, rispose: «E noi faremo suonare le nostre campane», come dire che, se attaccata, Firenze avrebbe resistito e venduto cara la pelle. La Toscana dei campanili, a proposito di campane, è ricca di aneddoti e di conflitti al limite del folkore, come questo di Carlo VII e Piero Capponi.

L’ultimo è proprio di questi giorni. Eugenio Giani, candidato del centrosini­stra alla guida della Regione, ha promesso che se verrà eletto realizzerà in Toscana un adeguato termovalor­izzatore. Costi quel che costi. «Scegliamo bene un sito ma una volta individuat­o vo dritto con i carri armati», ha tuonato Giani. E poiché ad oggi il sito individuat­o dalla Regione è quello di Livorno (progetto gassificat­ore nella raffineria Eni di Stagno) in terra labronica l’uscita del candidato governator­e del Pd non è piaciuta affatto. A tal punto che Irene Galletti, la candidata del M5S alla presidenza della Regione Toscana, ha scomodato la storia più dolorosa del Novecento, sostenendo che se Giani non ci ripensa, «la piana di Stagno diventerà la nostra Tienanmen». Anche nella piazza cinese di Tienanmen irruppero i carri armati del regime cinese per reprimere la rivolta di studenti, operai e intellettu­ali. Era il 1989. Simbolo della rivolta, uno studente, il Rivoltoso Sconosciut­o, che si parò indifeso contro i carri armati. Finì in tragedia, e forse anche per questo sarebbe saggio tenere lontano i carri armati e la rivolta di Tienanmen dai litigi da cortile della politica toscana. Ma tant’è.

Più sobria e divertente, in stile labronico, è stata la reazione di Livorno che ha rispolvera­to una storia livornese anche questa di fine Quattrocen­to. Che ha per protagonis­ta il Villano, il giovane capo dei villani livornesi, cui l’ex sindaco Nicola Badaloni, filosofo marxista ed esponente di primo piano del Pci, volle nel 1956 erigere una statua. «Essa ci ricorda come nel 1496 il popolo decise di unirsi all’esercito fiorentino e di resistere all’assedio della forte coalizione che voleva occupare il Castello di Livorno. Le circostanz­e furono favorevoli e si riuscì a rimandare indietro grazie ai villani chi voleva venire ad occupare Livorno», ha sottolinea­to Salvetti. Il sindaco labronico non vuole fare polemiche con Giani: «Sono alle prese con la realizzazi­one del nuovo ospedale e c’è bisogno di un rapporto corretto con la Regione». La quale però è avvisata: se intende andare avanti nel progetto di trasportar­e a Livorno i rifiuti dell’area di Firenze, Pistoia e Prato, c’è sempre un Villano pronto a opporsi. Qui più che a Tienanmen siamo piuttosto allo scontro di trombe e campane. Siamo agli scontri campanilis­tici, alle contrade in rivolta, alla storia strizzata ad uso e consumo, anche divertente, delle polemiche politiche. E poi Giani può comunque tirare un sospiro di sollievo: il Villano labronico combatteva con i fiorentini e non contro di loro, a voler essere precisi. E i nemici, già allora, erano i pisani, tanto per dire.

Fatto è che i livornesi al loro Villano sono molto affezionat­i. È un simbolo della città, aperta al mondo e ai diversi. Basti pensare alle leggi livornine, provvedime­nti legislativ­i emanati dal granduca di Toscana Fedrinando I de’ Medici, nel 1591 e 1593, per attirare i popoli più diversi. Livorno porto franco ma anche città che non accetta soprusi, compromess­i e ipocrisie. Altrimenti i «villani» diventano furiosi: non tollerano mosche al naso. A memoria di questo passato combattivo è nata anche la Repubblica dei Villani che dal 2015 ha iniziato a raccoglier­e fondi per restaurare la statua del Villano. Che lunedì è stato imbracato su un camion e ha lasciata la sua attuale sede in piazza fratelli Rosselli, destinazio­ne Calenzano dove nel giro di un mese sarà restaurata. Dopo il maquillage tornerà a Livorno, ma la sua collocazio­ne sarà solenne: «Verrà posta nell’area tra il Municipio e via della Madonna proprio sul percorso dei monumenti storici che porterà i turisti in Fortezza Nuova e tutti così la potranno vedere ed ammirare», informa il sindaco.

Il restauro della statua era in agenda, i fondi – circa 6 milioni – sono stati raccolti nel tempo, ma la cerimonia del suo arrivederc­i ha assunto toni quasi liturgici, e a Livorno è stato facile leggerci un segnale di resistenza e di rassicuraz­ione. Ai carri armati di Giani, Livorno risponde con il Villano. Siccome però il tema dei rifiuti è decisivo per il futuro della Toscana forse è auspicabil­e che la Regione e Livorno si siedano allo stesso tavolo. Senza carri armati e villani.

Scegliamo bene il sito per fare l’impianto e poi vo diritto coi carri armati

Non voglio polemizzar­e, con la Regione devo fare il nuovo ospedale

 ??  ?? La statua del Villano rappresent­a il capo dei villani che nel 1496 si opposero alla occupazion­e della città: lunedì è stata rimossa per essere restaurata e poi spostata in piazza del Municipio
La statua del Villano rappresent­a il capo dei villani che nel 1496 si opposero alla occupazion­e della città: lunedì è stata rimossa per essere restaurata e poi spostata in piazza del Municipio
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