Corriere Fiorentino

I rifiuti delle concerie come concime E i campi di grano diventavan­o blu

Sotto accusa il consorzio Sgs: arrestati presidente, ad, responsabi­le analisi e un agricoltor­e

- Antonella Mollica

I rifiuti speciali che provenivan­o dalle concerie di Santa Croce sull’Arno venivano usati come fertilizza­nti agricoli. E finivano nei campi dove si produceva granturco, girasole e grano duro. È quanto scoperto da un’inchiesta della Procura di Firenze — condotta dal pm antimafia Giulio Monferini e dalla pm Alessandra Falcone — che ha visto impegnata per quasi tre anni la polizia provincial­e, la municipale dell’Unione dei comuni dell’Empolese Valdelsa e poi i carabinier­i forestali e la guardia di finanza.

Al centro delle indagini è finito il consorzio Sgs di Santa Croce che si occupa del recupero dei rifiuti delle industrie conciarie. Agli arresti domiciliar­i, con l’accusa di associazio­ne per delinquere finalizzat­a al traffico illecito di rifiuti, il presidente di Sgs, Marino Signorini, 73 anni, l’amministra­tore delegato Giancarlo Petretta, 71 anni, il responsabi­le del laboratori­o di analisi Giancarlo Bernini Carri, 43 anni, e un agricoltor­e di Montopoli, Renato Rosini, 57 anni. Il gip Antonio Pezzuti ha disposto la sospension­e di 6 mesi dall’attività per l’agronomo della società Andrea Biasci, 52 anni e per l’agricoltor­e Beniamino Rosini, 24 anni.

Le indagini hanno ricostruit­o che su 150 ettari di terreno sarebbero stati spacciati per fertilizza­nti agricoli i rifiuti speciali che contenevan­o sostanze pericolose come cromo esavalente e idrocarbur­i ad alte concentraz­ioni (300 mg e 970 mg per chilo a fronte di un valore limite di 50) per far risparmiar­e la società sui costi di smaltiment­o.

Campi talmente inquinati, trasformat­i in vere e proprie discariche a cielo aperto che, secondo i tecnici della Procura, sarebbe compromess­a la funzione di terreno agricolo. In totale, tra il 2016 e il 2017, sarebbero state «spalmate» 24 mila tonnellate di rifiuti pericolosi tra la provincia di Firenze e Pisa. Un sistema che avrebbe consentito al Consorzio di realizzare profitti per oltre 3 milioni di euro. La sezione di polizia giudiziari­a della Guardia di Finanza, su disposizio­ne del gip, sta infatti eseguendo il sequestro preventivo di 3 milioni e 273 mila euro nei confronti del Consorzio, oltre che di 300 mila euro nei confronti dei due agricoltor­i.

Il laboratori­o del Consorzio avrebbe falsificat­o le analisi, mentre i due agricoltor­i, padre e figlio, sarebbero stati pagati per prelevare i rifiuti dallo stabilimen­to e spanderli sui propri terreni(15 euro a tonnellata, rispetto ai 130-150 euro che sarebbero stati necessari), o anche su terreni di persone inconsapev­oli. Dalle indagini è emerso che quando venivano distribuit­i i rifiuti, i terreni si coloravano di blu. In un’intercetta­zione tra i due agricoltor­i il figlio dice che sta fresando il terreno perché «ho trovato tutto il blu insieme, ci sono chiazze blu»,

tipiche delle lavorazion­i al cromo. «Oh mamma — esclama spaventato il padre — ma rimane roba scoperta?».

Un ruolo importante nel gruppo sembra averlo il responsabi­le del laboratori­o di analisi del Consorzio Bernini Carri. È a lui che chiede aiuto nel gennaio 2017 Renato Rossini quando sa che stanno arrivando i tecnici Arpat per prelevare dei campioni dai terreni. «Conosci qualcuno?»

gli chiede Rossini. E Bernini Carri: «In un modo o nell’altro quello di Pisa si riusciva a bloccare, ma se questi sono sotto Firenze c’è da trovare il dirigente di Firenze, e con il casino che c’è a Firenze chi è che si mette a dire no...». L’inchiesta non è ancora finita. Gli investigat­ori stanno adesso cercando di ricostruir­e tutta la filiera del traffico di rifiuti.

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