Questione di pelle, da 50 anni
Moda Il fondatore Wanny Di Filippo racconta storia e successi del marchio fiorentino Il Bisonte «Fuori dagli schemi, abbiamo precorso di mezzo secolo l’idea di slow-fashion e lusso sostenibile»
Mezzo secolo di storia e come simbolo l’immagine di un animale, forte e robusto. É Il Bisonte, marchio fiorentino di borse e pelletteria, che fondato nel 1970 Wanny Di Filippo, da laboratorio artigianale si è evoluto in azienda strutturata. Oggi vende in tutto il mondo e malgrado il Covid non rinuncia a soffiare le candeline sul suo primo mezzo secolo. «In questo mese — racconta Luigi Ceccon attuale amministratore delegato di Look Holding Inc la società giapponese che dal 2019 ha rilevato il 100% de Il Bisonte dal gruppo Palamon Capital Partners — presenteremo esclusivamente online la collezione 50thON! che renderà omaggio anche alle nostre maestranze e testimoniare la nostra tradizionale capacità di innovazione». Le celebrazioni proseguiranno fino alla fine dell’anno con un progetto green curato da Felice Limosani che vedrà la piantumazione a Firenze di 50 querce. Il cuore della maison batte ancora nel petto di Wanny Di Filippo, oggi presidente onorario, da cui tutto è partito.
Ci racconta com’è nata questa avventura?
«Sulle spiagge della Sardegna alla fine degli anni ‘60. Facevo il rappresentante di ricambi per automobili e coprivo anche quella regione. Nei week-end mi divertivo a intrecciare la pelle per farne dei braccialetti da regalare agli amici. Qualche tempo dopo un conoscente mi chiese di disegnare delle borse per la sua azienda: fu un disastro. Disse che erano troppo moderne, troppo fuori dagli schemi, troppo libere. Fu in quel momento che mi dissi: “Se posso disegnarle, posso anche farle”, e così aprii il mio primo laboratorio di pelletteria nel cuore di Firenze».
Che anni erano e come è cresciuto il progetto?
«Il mio primo negozio, che era a Palazzo Corsini al Parione proprio dove ora ci sono il nostro flagship store e i nostri uffici, era pieno di borse e accessori di piccola pelletteria, ma anche di lampade e memorabilia. Alcune persone sono venute per anni convinte che fosse un negozio di antiquariato! Erano anni in cui era possibile trasformare buone idee in grandi successi. È accaduto, ad esempio, con la Caramella: l’icona più longeva de Il Bisonte – disegnata nel 1973 e ancora in produzione – è nata giocando con i teli di una sedia sdraio in Versilia. È bastato aggiungere dei cinturini di vacchetta e una tracolla per trasformare quel telo a strisce colorate in una borsa che può essere una sacca da viaggio o una crossbody e nascondersi arrotolata sul fondo di una valigia quando non serve. Credo che siano state borse come questa, capaci di ripensare le convenzioni, a segnare il punto di svolta nella crescita del brand».
Da Firenze al mondo perché le sue creazioni sono piaciute?
«Perché colmavano un vuoto nel mercato e rispondevano molto bene alle esigenze di chi desiderava un lusso non convenzionale, un’eleganza non pretenziosa e una qualità senza compromessi. Dopo il negozio di Firenze, sono arrivati quelli di Parigi e New York e poi il grande successo giapponese degli anni ‘90. Il Giappone resta ancora il nostro primo mercato, con 43 punti vendita monomarca di cui uno aperto nei giorni scorsi a Tokyo in Omotesando. Chi ama Il Bisonte lo fa soprattutto perché le sue borse, i suoi portafogli e i suoi oggetti più invecchiano più diventano belli. Questa vera e propria magia è possibile grazie alla concia vegetale della pelle di vacchetta. Una idea di bellezza, che supera la prova del tempo e di sostenibilità, fatta di processi naturali che danno origine a prodotti che durano una vita intera, è la cifra davvero distintiva del nostro successo nel mondo».
La Toscana è sempre rimasta la sede produttiva. Perché?
«Il Bisonte è nato a Firenze ed è profondamente radicato in Toscana. Lo è dalle origini, da molto prima che il tema delle filiere corte diventasse cool.
Tutte le materie prime arrivano da piccoli distretti di eccellenza: le pelli da Santa Croce sull’Arno, scelte una a una nelle stesse concerie da cui ci rifornivamo cinquant’anni fa; i tessuti di cotone e lino da Prato, dove ci tingono i fili uno a uno; i panni di lana Casentino solo da Stia. E tutti i laboratori di taglio, spaccatura, scarnitura e cucitura a mano sono situati entro il raggio di 30 chilometri dal nostro stabilimento principale di Pontassieve. La cosa di cui sono più orgoglioso è proprio questa: aver investito sempre sul Made in Tuscany e aver contribuito in questo modo a tener vivo e a tramandare di generazione in generazione l’inestimabile valore delle nostre maestranze artigiane».
Il simbolo del marchio non è proprio un animale nostrano...
«È il mio animale preferito, è forte e libero, pacifico e resiliente. La sua storia richiama tante storie e ci racconta molto del rapporto tra uomo e natura. Sono così innamorato dei bisonti che in questi cinquant’anni ho messo insieme una collezione di più di duemila opere d’arte, memorabilia, oggetti d’uso comune, manufatti in materie preziose, giochi e curiosità dedicate a questo animale. Credo che sia l’unica e la più spettacolare “camera delle meraviglie” dedicata a un animale che è simbolo di libertà. Mi piace accompagnarci gli amici e i clienti più affezionati e raccontare loro le storie, le amicizie, i viaggi e gli aneddoti dietro ciascun pezzo».
Le nuove sfide?
«Il Bisonte è e resterà sempre legatissimo a Firenze. È qui che è nato e cresciuto e la sua fiorentinità (fatta di amore per il bello, dedizione alla qualità, fedeltà alla tradizione artigianale più autentica) è un presupposto fondamentale del suo successo nel mondo. Sono felice che la nuova proprietà sia giapponese: il Giappone è da sempre il Paese in cui il nostro brand è più amato, ed è bello che la nostra storia ci abbia portato proprio lì, dove sono ben consapevoli del valore che abbiamo saputo creare».
Che ambizioni ha per Il Bisonte, e come vede il suo futuro nel post Covid?
«Il mio desiderio più grande è che le nostre borse e i nostri accessori continuino a essere i compagni di vita perfetti per chi vuole borse e accessori in pelle di alta qualità, ama l’eccellenza del made in Italy e acquista prodotti che durano una vita intera. In questo senso abbiamo precorso (di cinquant’anni!) l’idea di slow-fashion e di lusso sostenibile emersa dalle riflessioni fatte durante il lockdown. Quella de Il Bisonte è da sempre un’eleganza lontana dai trend passeggeri e sostenibile per natura e tradizione. Cresceremo ancora grazie alla nuova proprietà e al lavoro dell’amministratore delegato Luigi Ceccon che vede nel patrimonio di tradizioni del nostro distretto produttivo di eccellenza, innanzitutto umano, il valore aggiunto di questo marchio».
❞ Tutto è iniziato sulle spiagge della Sardegna, mi chiesero di disegnare borse per una azienda Ma furono ritenute troppo moderne E allora decisi di produrle io
❞ Siamo da sempre profondamente legati al territorio, da molto prima che il tema delle filiere corte diventasse cool