Piccole imprese a caccia di prestiti: accolte già 33 mila domande
Il Banco Fiorentino chiude il 2019 con il segno più e nessuna filiale chiusa Il presidente Paolo Raffini fa un bilancio sugli effetti del Covid e non solo
Il Banco Fiorentino chiude il 2019 con il segno più: il bilancio che verrà sottoposto all’approvazione dell’assemblea dei soci il 18 giugno presenta un utile di 3,9 milioni, in crescita di oltre il 50% rispetto al 2018. «Sono risultati soddisfacenti — commenta il presidente della banca, Paolo Raffini —. Siamo contenti anche dell’andamento della raccolta: quella diretta è stabile a un miliardo e cento milioni, quella indiretta ha raggiunto i 376 milioni in crescita del 13% rispetto al 2018. Gli impieghi sono stati 950 milioni, registrando un leggero calo del 4%. Abbiamo avuto 566 nuovi soci, il totale oggi è di 12.203. Abbiamo 217 dipendenti e 29 filiali sul territorio: questo è un segno distintivo del quale andiamo orgogliosi, nel momento in cui tutto il sistema bancario riduce il numero degli sportelli noi manteniamo la nostra presenza sul territorio con una banca in salute».
È stato il primo anno all’interno della holding nazionale del credito cooperativo: che impatto ha avuto operare all’interno del gruppo Iccrea?
«È stato un anno molto impegnativo sia dal punto di vista organizzativo che dell’impatto sulla clientela, alla quale abbiamo dovuto chiedere numerosi adempimenti aggiuntivi. Le direttive della capogruppo ci hanno spinti a riorganizzarci, ma sicuramente è positivo il fatto che adesso il sistema del credito cooperativo sia stato messo in sicurezza».
Il sistema del credito cooperativo
❞ In questi mesi abbiamo erogato 149 finanziame nti da 25mila euro, sopra i 25mila abbiamo un centinaio di operazioni in istruttoria
regionale avrà probabilmente bisogno di una ulteriore razionalizzazione. Il vostro è un istituto solido, avete nel mirino nuove acquisizioni?
«Al momento escludo che ci siano in vista nuove aggregazioni o fusioni. Di certo lo scenario è cambiato e la dimensione della banca è un elemento essenziale sia per la razionalizzazione costi che per un miglior servizio da rendere ai clienti. Ma la dimensione attuale, grazie anche alla cornice della holding nazionale, ci consente di essere già ben posizionati a livello sia regionale che nazionale».
La pandemia Covid-19 spingerà verso una nuova tornata di aggregazioni fra banche?
«La pandemia ha colto tutti impreparati e ha portato allo scoperto la vulnerabilità del nostro sistema economico. Non so se farà da acceleratore per eventuali sviluppi aggregativi, ma avrà un impatto sui conti economici delle banche e aggraverà la situazione di quelle già fragili».
Avete già stimato le conseguenze che avrà su di voi?
«In questi mesi la banca ha ridotto il volume degli affidamenti a breve alle imprese con conseguenze sul nostro conto economico. Al momento non abbiamo difficoltà, ma gli effetti si vedranno a partire da settembre e ottobre».
Quanto pesano sul bilancio i crediti deteriorati e qual è il livello di copertura?
«Stiamo rispettando il piano di riduzione dei crediti deteriorati concordato con la capogruppo: a fine 2019 siamo il 14,3% di crediti deteriorati lordi con una percentuale di co- pertura di oltre il 75% per le sofferenze e del 52% per le inadempienze probabili. L’obiettivo concordato con Iccrea per il 2019 è stato raggiunto».
Qual è l’obiettivo del 2020? «È il 12,5% e ci stiamo lavorando anche se non si possono fare previsioni al riguardo. Ci sono settori che hanno subito perdite di fatturato enormi ma oggi è prematuro stimare le possibili ricadute sul nostro bilancio».
Alcune indiscrezioni riferiscono che la Bce sta lavorando alla creazione di una bad bank per le sofferenze provocate dal Covid 19 che appesantiranno i bilanci delle banche: come si stanno muovendo secondo lei le autorità nazionali ed europee in questa fase?
«Credo che sia le autorità monetarie che quelle politiche nazionali e comunitarie abbiano già dimostrato attenzione e sensibilità riguardo gli impatti sulle imprese e le banche e mi sembra che stiano lavorando per ammortizzarli, anche se ancora nessuno ha la percezione di quelle che saranno le conseguenze reali».
Quante richieste di sostegno da parte di famiglie e imprese avete soddisfatto in questi mesi?
«Abbiamo attuato 2.801 moratorie su mutui e prestiti per un ammontare di 290 milioni, di cui 1.130 a imprese e 1.671 a famiglie. Abbiamo erogato 149 finanziamenti da 25 mila euro e 300 richieste sono in istruttoria, per un ammontare complessivo di 3 milioni e 100 mila euro circa. Per finanziamenti sopra i 25 mila euro abbiamo un centinaio di operazioni in istruttoria. Abbiamo anticipato la cassa integrazione erogando 1400 euro a circa cento lavoratori e abbiamo donato tre ventilatori agli ospedali del territorio, uno nel Mugello, uno a Empoli e uno a Ponte a Niccheri».
Da quali settori sono arrivate le maggiori richieste di sostegno?
«Abbiamo avuto più richieste dalle imprese che dalle famiglie. I comparti che hanno risentito di più sono stati ristorazione e turismo, ma noi abbiamo una clientela variegata e le richieste sono arrivate in modo piuttosto uniforme. Questo ci fa ipotizzare che alcuni imprenditori abbiano richiesto i prestiti per fronteggiare una necessità immediata, altri per crearsi un cuscinetto con il quale fare fronte alle incertezze future».
Come sarà la ripartenza?
«Immagino che sarà trainata dalle imprese esportatrici quando ripartiranno le attività all’estero, in tutti quei Paesi partner che adesso sono in ritardo rispetto all’Italia perché sono stati colpiti dalla pandemia dopo di noi».
Cosa dobbiamo imparare da questa pandemia?
«Ci deve insegnare che non dobbiamo dare niente per certo. Ci deve far riflettere sul fatto che i sistemi economici a cui eravamo abituati possono essere sconvolti e ci deve insegnare ad avere maggiore oculatezza, attenzione e impegno nell’amministrare le nostre aziende».
❞ Le richieste di sostegno sono arrivate più dalle imprese che dalle famiglie: alcuni imprenditor i hanno necessità immediate, altri pensano al futuro