Mascherine, la grande truffa
Prato, 13 cinesi arrestati. Hanno prodotto quelle distribuite gratis dalla Regione
Decine di lavoratori sfruttati per produrre milioni di mascherine destinate al dipartimento della Protezione civile e a Estar, la centrale acquisti in sanità della Regione Toscana. Nasce dagli approfondimenti su un imprenditore cinese occulto – finito da mesi nel mirino della procura di Prato per le sue ditte gestite con dei prestanome - l’inchiesta che ieri ha portato all’arresto in flagranza di reato di 13 imprenditori orientali.
Oltre al danno (economico e fiscale) i timori sanitari: le mascherine non sarebbero state conformi ai requisiti previsti, dato che l’Istituto superiore di sanità (Iss) aveva espresso parere contrario alla loro produzione e commercializzazione. Ma la Regione in una nota diffusa in serata ha precisato: «Tutti i prodotti acquistati e distribuiti gratuitamente sono stati testati con esito positivo dal Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze».
L’indagine condotta sul campo dalla Guardia di Finanza è stata nominata «Giochessa», con riferimento alla beffa che le ditte tessili cinesi riconvertite alla produzione di dispostivi di protezione hanno messo in atto. Durante le perquisizioni sono stati individuati 90 immigrati cinesi irregolari e sono state sequestrate milioni di mascherine la cui consegna alla Protezione civile — spiegano le Fiamme gialle — era in programma proprio oggi. Protezione civile ed Estar, precisano sempre gli inquirenti, sono parti lese e stanno collaborando all’inchiesta assieme al Dipartimento Prevenzione dell’Asl che ha immediatamente informato il governatore Enrico Rossi: «Il mio plauso per l’indagine in corso da parte della Finanza. Sulla base dei risultati dell’indagine, la Regione valuterà se avviare un’azione legale».
L’operazione ha coinvolto ieri 250 finanzieri, che insieme al personale dell’Asl hanno perquisito oltre 30 aziende cinesi del Macrolotto. A rompere gli argini sono stati gli accertamenti su un imprenditore orientale, arrestato perché avrebbe sfruttato il lavoro di 23 suoi connazionali, per lo più immigrati irregolari o impiegati a nero, costretti a turni di 16 ore in laboratoridormitorio. Un copione già visto. Poi sono entrati nell’inchiesta altri due imprenditori cinesi: i fratelli Hong, ora indagati per frode in pubbliche forniture e truffa allo Stato. La loro storia, alla fine di marzo, era finita sui media come esempio di conversione: il Gruppo Y.L. era passato dall’abbigliamento alle mascherine in tnt. Con commesse importanti, dato che i contratti col settore pubblico — ancora in corso di esecuzione — prevedevano «la fornitura di 93 milioni di mascherine alla Protezione civile e di 6.700.000 ad Estar, a fronte di corrispettivi, al netto dell’Iva, pari a circa 41,8 milioni e 3,2 milioni di euro».
Per soddisfare le richieste però l’azienda dei due fratelli cinesi si sarebbe avvalsa, come contoterzisti e subappaltatori occulti, di due aziende dell’imprenditore occulto che ha fatto partire l’indagine e di altre 26 ditte orientali. Tutte sono sospettate quanto meno, spiega la Gdf, di «mano d’opera a nero e violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro». Tredici dei titolari di queste aziende sono stati arrestati perché impiegavano immigrati irregolari. Le indagini riguardano anche due società nel Fiorentino, gestite da italiani ed in stretti legami di collaborazione con l’azienda dei due fratelli Hong, destinatarie anch’esse di commesse da parte di Protezione civile ed Estar.
È la seconda volta che la centrale d’acquisti regionale incrocia le procure e la Cina in queste settimane: a metà marzo aveva comprato 200 ventilatori polmonari spendendo 7 milioni versati a un’azienda milanese che aveva fatto da intermediaria con una ditta orientale, ma quei dispositivi non sono mai arrivati e la Procura di Firenze sostiene che l’acquisto sarebbe avvenuto senza una delibera ufficiale. Stavolta Estar sarebbe invece parte lesa. Così come la Protezione Civile. Il Commissario per l’Emergenza Domenico Arcuri ha annunciato che oggi presenterà «un esposto denuncia per tutelare il proprio ufficio anche nel prosieguo dell’indagine» e che «avvierà ogni altra azione legale utile»..
I timori La Finanza: non erano conformi. Rossi: noi parte lesa, pensiamo ad azioni legali