Così truccavano le mascherine
Le intercettazioni: «Mettici un velo in mezzo, invece di 3 ci facciamo 7 milioni»
I truffatori delle mascherine avevano trovato il modo di raddoppiare i guadagni risparmiando sul tessuto filtrante. Questo è quanto emerge dall’inchiesta della Procura di Prato che ha portato al sequestro di milioni di mascherine destinate alla Protezione civile.
I truffatori delle mascherine avevano trovato il modo di raddoppiare i guadagni risparmiando sul tessuto filtrante. Questo è quanto emerge dall’inchiesta della Procura di Prato che giovedì ha portato al sequestro di milioni di mascherine destinate alla Protezione civile.
Nell’inchiesta, oltre al Gruppo Yl, importante azienda cinese di abbigliamento nel distretto pratese, sono coinvolte due ditte italiane che si sono convertite nella fase dell’emergenza Covid alla produzione di mascherine, la Vignolplast, azienda di packaging a Lastra a Signa, e la Paimex che produce borse e sacchetti a Cerreto Guidi. I quattro titolari — Alessandro e Marco Hong, Gabriele Papini e Samuele Vignolini — sono indagati per truffa.
Le intercettazioni della Guardia di Finanza rivelano il meccanismo. È Vignolini a trovare la soluzione per produrre 1 milione e 200 mila mascherine con meno materiale a disposizione: «La quantità di azzurro che abbiamo non è sufficiente — dice al telefono ad Alessandro Hong — Te lo dico, a costo di non consegnare io gli consegno le bianche. C’è da fare la giochessa, mettere nel mezzo uno span (tipo di tessuto bianco con meno potere filtrante, ndr). Nel mezzo due azzurre (tipo sms) e uno bianco, con il bianco nel mezzo, non fuori, perché almeno non si vede». La risposta di Hong illustra il resto del progetto: si produce bene la prima partita, per superare i controlli, si truffa sulle partite successive. «È bene avergli dato la prima partita tutta buona, se fossi loro la prima partita la vado a controllare subito, la seconda, dato che i tempi sono 20 giorni che normalmente fanno i test della protezione civile, io mi rompo i ... la prima volta, la seconda non sono sicuro che ti faccio fare il test. Quindi ti dico: loro sicuramente hanno fatto il test sulla prima consegna, quindi va bene così».
La prima partita, hanno accertato le indagini, viene consegnata il 29 maggio, la seconda il 5 giugno e come da propositi dei due imprenditori, le mascherine avevano un’efficienza filtrante inferiore a quella pattuita nel contratto (distribuite e poi richiamate indietro dalla Protezione civile). A quantificare il guadagno in un’altra intercettazione è Marco Hong: «Due sms e uno span, con quello che gli abbiamo dato noi si faceva 800 mila contro i 450. Se noi si fa due sms e uno span invece di 3 milioni ne facciamo 7». E il 30 maggio Vignolini conferma a Hong: «Ho messo un velo nel mezzo...». «Così ti basta e ti avanza il tessuto», la risposta.
Successivamente anche il gruppo Yl decide di seguire le stesse modalità di realizzazione delle mascherine. Lo dice chiaramente Marco Hong:«Ieri ho sparato 200 mila pezzi tutti bianchi nel mezzo non me frega più nulla. Si guadagna il 30 per cento».
Il 5 giugno il Gruppo Yl consegnerà 600 colli di mascherine con un fattura di 540 mila euro (non pagata dalla Protezione civile). La consegna successiva era fissata per ieri e per questo i pm Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli hanno fatto scattare giovedì le perquisizioni che hanno portato a 13 arresti in flagranza e alla scoperta di 90 clandestini impiegati nelle 28 aziende che lavoravano in subappalto. La Procura ha ottenuto un decreto di sequestro preventivo per 3 milioni e 200 mila euro. Solo su un conto degli imprenditori cinesi Hong sono stati trovati 2 milioni di euro.
Quando Alessandro Hong il 9 giugno scopre che Estar ha sospeso i pagamenti inveisce: «Io vado a casa di questa gente e l’ammazzo, io impazzisco per i soldi. Cosa vuol dire il mandato è stato sospeso? Io per un milione di euro sono capace di tutto».
Amaro il commento del procuratore capo Giuseppe Nicolosi: «Il principio di legalità viene superato dal principio di utilità economica che sembra l’unica meta: il dio denaro va davanti a tutto, come emerge chiaramente da quel che dicono i protagonisti di questa inchiesta».
La «giochessa» di cinesi e italiani «Bene avergli dato la prima partita tutta buona. Ieri ho sparato 200 mila pezzi bianchi nel mezzo, non me ne frega nulla, si guadagna il 30%»