LE NOSTRE NOTTI INSONNI E QUEL VIRUS IDEOLOGICO
Caro direttore, lo spostamento della movida in spazi in cui non dia noia a nessuno (soluzione evocata di recente anche da un suo recente editoriale) sembra l’unica alternativa coerente con una verità che conviene ribadire: la movida è radicalmente incompatibile con i diritti dei residenti. Come prospettiva strategica di qualche complessità deve però essere sostenuta da una forte volontà politica. Ma questa volontà può nascere solo da una piena consapevolezza, nell’amministrazione comunale, della gravità del problema, finora invece insufficiente perfino per realizzare modesti miglioramenti. Ricapitoliamo ancora una volta i principali valori in gioco.
1) Il codice penale, occupandosi di quiete pubblica, punisce chi «disturba le occupazioni o il riposo delle persone». Vieta quindi di rendere impossibile non solo il sonno notturno, ma anche lo studio, il lavoro, l’ascolto di musica di proprio gradimento, la lettura, le conversazioni. Tanto meno stabilisce degli orari in cui è lecito farlo. Ed è ovvio: la possibilità di ritirarsi in un proprio spazio privato, in cui siano garantite tranquillità e sicurezza, è un’esigenza essenziale a cui nessuno sarebbe disposto a rinunciare. E sarebbe molto utile a sindaci e assessori inserire nel proprio bagaglio formativo un soggiorno di una settimana nelle case assediate da schiamazzi e musica a tutto volume. 2) L’articolo 32 della Costituzione tutela la salute come «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della comunità»; e lo hanno ribadito numerose sentenze, anche della Cassazione. Essere aggrediti sera dopo sera dal rumore equivale a precipitare in un vero e proprio inferno, in cui la carenza di sonno e il senso di impotenza fanno ammalare di depressione e di molti altri disturbi. Lo affermano molti studi su rumore e privazione del sonno; e figuriamoci poi se uno è già malato. Non si tratta quindi «solo» di violare delle leggi, ma di calpestare direttamente la Costituzione.
3) Un compito fondamentale, anzi fondativo, di uno Stato che si rispetti — e si faccia rispettare — è quello di proteggere i cittadini, di farli sentire per quanto possibile sicuri. Molto se ne è scritto a proposito delle origini del populismo come risposta demagogica a problemi reali o (come suol dirsi) «percepiti». Lo ha fatto tra gli altri anche l’ex ministro dell’interno Marco Minniti, ricordandoci, in un bel libro sulla sua esperienza di governo, che Sicurezza è libertà.
Quello che invece in questi anni è accaduto a una moltitudine di cittadini tormentati dalla movida dipende in buona parte dal fatto che lo Stato per loro ha smesso di esistere sotto
Sottovalutazione Non c’è consapevolezza della gravità del problema: infatti finora non sono stati realizzati nemmeno modesti miglioramenti
forma di norme severe e interventi delle forze dell’ordine. Ben prima del Covid 19, si è diffuso un virus ideologico che causa una specie di orrore per le sanzioni e un continuo parlare di sensibilizzazione, dialogo, educazione (da scaricare naturalmente sulla scuola). Non c’è da stupirsi quindi per l’insufficienza delle forze dell’ordine, degli orari dei vigili urbani che la notte spariscono («non abbiamo pattuglie»), della loro impreparazione ad affrontare gli assembramenti molesti. «Chi non punisce il male comanda che si faccia»: questo fulmineo compendio di filosofia politica (e di psicologia dell’educazione), che aggiunge un altro merito a quelli più noti di Leonardo da Vinci, andrebbe sistemato bene in vista sulla scrivania di tutti coloro che, a vario titolo, hanno il compito di difendere i diritti dei cittadini.