DA ROMA ALLA TOSCANA, LE STELLE SPENTE DEI 5 STELLE
Beppe Grillo è sparito. Il passo laterale, annunciato anni fa ma mai del tutto realizzato, s’è alla fine concretizzato. Davide Casaleggio invece continua a rilasciare interviste nelle quali non ha niente da dire e lo dice pure molto male. Le alternative politiche di fondatori e figli di fondatori del M5S sembrano essere il silenzio o la supercazzola, entrambi peraltro inoperosi.
Nel frattempo è iniziata una pirotecnica, si fa per dire, guerra di successione con campagna elettorale annessa e non ci sono più soltanto le correnti a testimoniare la definitiva trasformazione del M5S in un partito. Sicché, il movimento che doveva essere diverso da tutti i partiti, che doveva aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, si è scoperto simile, per non dire uguale, ai suoi peggiori avversari. Oggi il tonno sono i Cinque Stelle. I grillini si sono pure infilati in un dibattito esiziale sulle regole auree che si erano dati dieci anni fa. Via via le hanno disattese tutte, l’ultima rimasta in piedi, per il momento, è quella sul limite dei due mandati nelle istituzioni. Vito Crimi, cosiddetto capo politico, ha detto che la regola va ridiscussa, il che consentirebbe a Virginia Raggi e Chiara Appendino di ripresentarsi alle elezioni amministrative del 2021. Casaleggio junior, il cui unico merito è il cognome che porta, ha detto che quella regola va rispettata. Vedremo se la voce del padroncino alla fine prevarrà oppure se i suoi dipendenti troveranno un modo di liberarsi dalla morsa della Casaleggio Associati.
Per il M5S questo passaggio non è un dettaglio nella sua storia politica. Violare la regola principale che si è dato testimonierebbe non soltanto un ritorno alla normalità (la politica è giustamente professionismo) ma celerebbe anche un problema serio dei Cinque stelle. Se sono costretti, adesso, a insistere con Raggi, Appendino, che pure hanno sgovernato le loro città, è perché non hanno alternative da offrire; questo è in realtà uno stato normalità, in un Paese che si fonda politicamente sull’assenza di alternative, motivo per cui il presidente del consiglio può dormire sonni tranquilli e convocare tutti gli staterelli generali che crede, ma per un movimento basato, in teoria, sul rinnovamento e che voleva essere la novità epocale della politica italiana è la certificazione di un fallimento.
Il M5S è già vecchio e non riesce a rinnovarsi. Luigi Di Maio ha già fatto il vicepresidente della Camera, il vicepresidente del Consiglio, il ministro degli Esteri. Come lui, tanti altri. Paola Taverna ha persino fatto il vicepresidente del Senato, Carlo Sibilia per due volte il sottosegretario all’Interno.
La Toscana, come politicamente spesso le è capitato in questi anni, è una bussola interessante per capire il contesto italiano. Qual è l’eredità del già fragile grillismo toscano? L’ex sindaco di Livorno s’è perso nei meandri ministeriali romani dopo aver tentato inutilmente lo sbarco all’Europarlamento. L’attuale capogruppo in Regione, Giacomo Giannarelli, s’è fatto riconoscere per la fedeltà ai vertici e una inutile commissione d’inchiesta sul Mps. La candidata alle prossime elezioni regionali, Irene Galletti, appare parecchio isolata in una campagna elettorale che per molte ragioni non regala emozioni né probabilmente le regalerà. Dove sono i volti nuovi del M5S, toscano e non solo, a parte quello semi-nuovo di Riccardo Ricciardi noto al grande pubblico per la performance teatrale in aula contro la Lega qualche giorno fa?
Per rispettare quella regola che Casaleggio junior tanto difende c’è anche bisogno di un ricambio costante del personale politico. Ricambio che al momento non esiste perché il M5S non ha fatto niente per costruire un percorso di selezione e rinnovamento della classe dirigente. Ah già, c’è Alfonso Bonafede, il talent scout di Conte. Alla fine si scoprirà che è un professore ordinario di diritto privato all’università di Firenze l’unica novità del M5S. Una novità che peraltro rischia di cannibalizzare il partito che lo ha portato a Palazzo Chigi, con l’ipotesi della «lista Conte» già in mano ai sondaggisti. Non si vedeva un entusiasmo simile dai tempi del partito di Mario Monti, che voleva «salire in politica». Finì benissimo, come tutti ricordano.
❞ Il M5S non riesce a rinnovarsi: anche in Toscana, sconfitto Nogarin manca un volto