Passo indietro
Pistoia scende in A2, la Toscana fuori dal basket che conta
Pistoia Basket rinuncia al prossimo campionato di serie A e dopo 39 anni la Toscana esce dai radar della pallacanestro di vertice. Le criticità finanziare, acuite dall’impatto del coronavirus sulle forze economiche locali, hanno spinto la società pistoiese a scendere volontariamente in A2 dopo sette stagioni consecutive nel massimo campionato.
Una auto retrocessione che il club ha provato a evitare fino all’ultimo, divenuta realtà ieri alle 17.30 dopo ore d’incontri frenetici. Il presidente Massimo Capecchi la definisce «una decisione dolorosa, e quanto mai difficile». «Abbiamo lavorato fino all’ultimo per provare a restare in serie A — spiega — ma con esito negativo. Schiacciati tra la ristrettezza dei tempi e l’assenza di certezze, ci siamo trovati costretti a fare un passo indietro». Le strade erano due e Pistoia ha scelto quella che garantisse la sopravvivenza. In alternativa, avrebbe potuto rinunciare al riposizionamento in A2 (il termine stabilito dalla Federazione Italiana Pallacanestro scadeva ieri a mezzanotte) e cercare di reperire nuove risorse entro il 31 luglio, data ultima per l’iscrizione alla A. In caso di fumata nera, però, i toscani non sarebbero ripartiti dal campionato cadetto, ma dalla B o dalle competizioni regionali innescando una pericolosa implosione e vanificando quanto fatto nell’ultimo ventennio. Un rischio troppo alto alla luce della cifra che manca per allestire un budget adeguato alla categoria: mezzo milione di euro, secondo il presidente Capecchi, in cui incide in modo particolare l’assenza di un main sponsor dopo l’interruzione del rapporto con OriOra e l’uscita di scena della famiglia Carrara.
Se la dirigenza ha optato per l’auto retrocessione è perché ha ritenuto impossibile, stipulare accordi per 500.000 euro in un mese e mezzo. Il fatto che non siano ancora arrivate rassicurazioni sul credito d’imposta per le sponsorizzazioni sportive né sui ricavi del botteghino (il pubblico copre il 20% del budget) ha fatto pendere la bilancia dalla parte della prudenza. A fronte di minori ricavi, in A2 le spese si dimezzano e questo permette una certa tranquillità.
Nel 2014, dopo il fallimento della Mens Sana Siena, Pistoia era rimasta l’unica società toscana nella massima serie. A ottobre non ce ne sarà nemmeno una. Non accadeva dal 1981/82, all’alba del dualismo Pielle-Libertas che ha portato in alto la piazza di Livorno fino alla finale dell’’89 persa (tre le polemiche, ancora in corso) dalla Libertas contro la Philips Milano. Negli anni si sono avvicendate Firenze, Montecatini, Pistoia (l’Olimpia, il vecchio club sciolto nel 1999) fino al ciclo colmo di trofei della Montepaschi Siena iniziato nei primi anni Duemila e concluso in tribunale con la revoca di due scudetti, due Coppa Italia e una Supercoppa.
Pistoia è tornata in A dopo 14 anni il 22 giugno del 2013 e nei primi quattro campionati ha centrato tre volte i playoff, uno storico sesto posto e permesso a Paolo Moretti e Vincenzo Esposito di vincere il premio di miglior allenatore della Lega Basket. Nelle ultime stagioni il budget si è ridimensionato alla luce (anche) di debiti pregressi e della mancanza di un primo sponsor di dimensione nazionale dopo il passo indietro di Giorgio Tesi Group. La conferenza di domani farà ancora più luce sulla retrocessione e sui piani futuri. Ma il progetto tecnico dovrebbe ripartire dal direttore sportivo Marco Sambugaro, da coach Michele Carrea e da alcuni giovani del vivaio.