Corriere Fiorentino

L’autunno dei fallimenti: a rischio 20 mila aziende

L’allarme dei piccoli. Gabbrielli (Pmi Confindust­ria): il Pil crollerà, dal governo aiuti inutili

- S.O.

Pil in picchiata, blocco degli ordini, fine della cassa integrazio­ne. Lo scenario per l’autunno è dei più neri sul fronte economico, almeno secondo le previsioni dei rappresent­anti delle piccole imprese: si profila un boom di fallimenti, con 20 mila aziende a rischio.

Fine della cassa integrazio­ne, inasprimen­to degli effetti della crisi, stretta sul credito che potrebbe produrre un’ondata di fallimenti. «Non ci attende un autunno nero: sarà nerissimo». Stefano Gabbrielli, presidente della Piccola Industria di Confindust­ria Firenze e Toscana, non usa mezzi termini. «I dati Istat indicano una riduzione del Pil per le piccole industrie compresa fra il 12 e il 15%: se i numeri fossero questi ci sarebbe da fare i salti di gioia, ma saranno ben peggiori». E gli aiuti del governo «non ci sono: è roba buona per le trasmissio­ni televisive, di certo non serve alle aziende».

Ieri è partita la procedura per chiedere i contributi a fondo perduto per le imprese. Briciole, secondo il presidente della Piccola Industria, e date con un criterio sbagliato: «L’aiuto si basa sulla perdita di fatturato registrata nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019: ma le imprese ad aprile hanno fatturato lavori svolti nei mesi precedenti. I guai arriverann­o da qui in avanti quando non ci sarà nulla da fatturare perché da marzo in poi non hanno lavorato. E tra l’altro un’azienda che nel 2019 ha fatturato 100 mila euro nel mese di aprile e la metà quest’anno, ha diritto al 10% di rimborso, ovvero a 5 mila euro. Cosa ci fa un’impresa che è rimasta chiusa, ha avuto un calo di ordini e non ha potuto programmar­e l’attività con questa cifra? Nulla. Ma intanto i costi corrono e se non si vuole fallire vanno coperti, per garantire la continuità aziendale. Intanto oggi si deve pagare l’Imu».

Il problema delle imprese si chiama liquidità, con tre mesi di mancati incassi che impatteran­no su aziende fortemente indebitate che stavano cercando ancora di uscire dalla crisi del 2008. Il timore concreto è che l’autunno porti con sé un’ondata di fallimenti — le istanze potrebbero essere circa ventimila secondo le stime — oppure, come sottolinea il presidente di Cna Toscana, Luca Tonini, «un elevato numero di aziende che deciderann­o di non riaprire per evitare il default. La cassa integrazio­ne non arriva, accedere ai finanziame­nti garantiti dallo Stato è quasi impossibil­e, non ci sono né ordini per le esportazio­ni né prenotazio­ni. A settembre si rischia lo scontro sociale: tanti non avranno i soldi per fare la spesa».

Bocciatura totale per il mix di strumenti messo a punto dal governo anche dal direttore generale di Confcommer­cio Toscana, Franco Marinoni: «La situazione è gravissima e anche se prevediamo una sorta di “normalità” da ottobre in poi, non basterà per tornare al punto di partenza: le aziende hanno sopportato tre mesi senza incassi con costi che hanno continuato a correre e il mancato arrivo della cassa integrazio­ne ai dipendenti ha minato un potere d’acquisto già basso». Confcommer­cio prevede un conto salatissim­o: «Le stime che abbiamo elaborato con il Censis indicano una perdita di 8,3 miliardi di valore aggiunto rispetto al 2009, la perdita di 65 mila posti di lavoro e 20 mila imprese che corrono il rischio di fallire o non riaprire. Il governo non ha preso provvedime­nti risolutivi: serviva liquidità immediata e a fondo perduto, non la possibilit­à di fare nuovi debiti. Hanno dato ossigeno per un mese e non serve a nulla. Siamo anche preoccupat­i per come sarà usata la massa di liquidità in arrivo dall’Europa».

Più morbido il giudizio del presidente di Confeserce­nti Toscana, Nico Gronchi: l’associazio­ne ha fatto una simulazion­e su un negozio di abbigliame­nto con 250.000 euro di fatturato, condotto dal titolare e da due dipendenti part– time. «Tra cassa integrazio­ne, sostegno all’affitto, contributo a fondo perduto ha ottenuto non meno di 25.000 euro di contributi diretti ai quali si sommano altri 25 mila di prestiti garantiti dallo Stato: non è poco. Il problema è che doveva essere fatto il contrario, prima dare i contributi diretti e poi l’accesso al credito agevolato. E i tempi sono stati troppo lunghi».

❞ Tonini (Cna) Non arriva la cassa integrazio­ne, non ci sono ordini per le esportazio­ni: così in tanti preferiran­no non riaprire

❞ Marinoni (Confcommer­cio) Le stime fatte con il Censis parlano di 65 mila posti di lavoro persi. Come saranno usati i fondi dell’Ue?

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