Corriere Fiorentino

«Sburocrati­zzare: Firenze si salva se si va veloci»

Il manager: per ripopolare il centro bisogna realizzare parcheggi interrati, a Parigi ce n’è uno sotto Notre Dame

- Di Giulio Gori

Servono le grandi opere, dall’aeroporto allo stadio, ma serve anche una grande opera di semplifica­zione. Ne è il manager Jacopo Mazzei, che prova a immaginare la Firenze post-coronaviru­s.

Sveltire la burocrazia, investire sulle infrastrut­ture e trasformar­e così i buoni propositi in fatti. È la prospettiv­a di Jacopo Mazzei, amministra­tore delegato di Rdm, consiglier­e di Toscana Aeroporti e della Fondazione Palazzo Strozzi, per rilanciare l’Italia, la Toscana e Firenze, dopo la crisi provocata dal coronaviru­s. Con un’idea molto precisa su come rilanciare il centro storico fiorentino: i parcheggi interrati.

Jacopo Mazzei, che cosa ha significat­o l’emergenza coronaviru­s?

«Il lockdown è stato un’esperienza pesante, sofferta, che ha provocato molte conseguenz­e economiche negative, che non sono finite: in Italia, ci sono segnali positivi di ripresa del turismo interno, ma ad esempio la ristorazio­ne è sotto al 50 per cento del normale fatturato, mentre attività legate al turismo straniero, come la moda, l’artigianat­o di qualità, ne risentono enormement­e».

La sua Rdm, con Florentia Village, ha molti outlet in Cina. Siete ripartiti?

«Le cose vanno bene. Abbiamo avuto chiusure, a seconda delle città, da 30 a 80 giorni, ma la ripartenza di maggio è stata quasi euforica. Ora abbiamo performanc­e simili a quelle dello scorso anno. In Cina sono molto più avanti che in Italia».

La crisi del nostro Paese non è solo economica. L’Italia è divisa.

«La sensazione è che ci sia stato un forte senso di unità nel momento della grande difficoltà, della paura, ma che piano piano si sia poi evidenziat­a una situazione diversa: i virologi hanno fatto una sagra della vanità, poi ci si è messa la litigiosit­à della politica, con i soliti guelfi e ghibellini, e non mi sorprende che il Paese reagisca con rabbia».

Non sembra avere molta fiducia nella classe politica...

«No, perché abbiamo al governo una classe dirigente improvvisa­ta, che non è stata selezionat­a in base a criteri di preparazio­ne, esperienza e merito. Pensiamo alla cassa integrazio­ne, dopo quattro mesi c’è ancora chi non l’ha avuta. Pensiamo ai finanziame­nti bancari, che hanno tempi lunghissim­i a causa della burocrazia. Ci sono tante buone dichiarazi­oni, ma non c’è capacità di metterle in pratica».

E gli imprendito­ri saranno all’altezza della sfida?

«Il panorama degli imprendito­ri italiani è molto variegato, siamo il Paese delle piccole e medie imprese. Ma la maggior parte per superare questa crisi ha messo testa a cuore, a partire dai tanti che hanno anticipato la cassa integrazio­ne. Del resto, assieme alla Germania, siamo il Paese che ha il record di export nella manifattur­a e questo è il segno di un’imprendito­ria capace. Il problema è che siamo soffocati da un fisco opprimente, dalla burocrazia, da infrastrut­ture che non sono certo da terzo millennio, da una giustizia che fa aspettare anni per un’autorizzaz­ione».

Parliamo di Toscana. A settembre sono previste le elezioni regionali. Cosa vorrebbe chiedere al prossimo governo?

«Prima di tutto la semplifica­zione di molti processi burocratic­i, a partire dai Pit, e dai rapporti spesso non chiari tra Regione e Comuni sulla possibilit­à di realizzare insediamen­ti. Poi le infrastrut­ture: l’aeroporto, il termovalor­izzatore, lo stadio… Ma anche un aiuto al mondo agricolo, che ha un’importanza assoluta in Toscana».

Sembra di capire che lei non sia tra i fautori del Piano del Paesaggio di Anna Marson.

«Non lo sono. Voler codificare il territorio con criteri rigidi, basandosi su una teorica identità paesaggist­ica non ha senso: il nostro paesaggio l’ha creato l’uomo, non Dio. Sono invece positivi i concetti sulla difesa del suolo. Ma per aver cura di un bosco ci vuole un imprendito­re agricolo che abbia la convenienz­a a lavorarci».

Veniamo alle infrastrut­ture. Lei è consiglier­e di Toscana Aeroporti, va da sé che è favorevole alla nuova pista di Peretola.

«Io sono di parte. Ma non capisco l’ostracismo verso una struttura di cui potrebbero beneficiar­e milioni di persone, che porterebbe flussi turistici diversi e migliori e che ridurrebbe l’impatto acustico sui fiorentini del 90 per cento».

Di Peretola si parla da decenni. Preso atto che il processo è lungo e complesso, non sarebbe il caso nel frattempo di accelerare sui collegamen­ti tra Firenze e Pisa, per non favorire Bologna?

«È vero, è necessario, ma non è semplice. Malgrado Pisa, con 6,5 milioni e mezzo di passeggeri, abbia un margine di crescita del 10-12 per cento al massimo, stiamo investendo sul terminal. Purtroppo però una linea ferroviari­a dedicata tra Firenze e Pisa non è possibile, secondo Fs, perché non potrebbe convivere con i pendolari. E inoltre ritengo quella del People

Mover una scelta incomprens­ibile».

Ha parlato anche di stadio: la soluzione di Campi Bisenzio non rischia di confligger­e con la nuova pista?

«Enac ha sottolinea­to delle incompatib­ilità, che starà alla Regione dirimere. Su questo ci dovrà essere chiarezza. Quanto al sindaco Dario Nardella, l’avevo avvisato che l’operazione Mercafir era complessa e lunga, un percorso che rischiava di saltare, come poi è stato. Semmai mi chiedo perché Soprintend­enza e Ministero si oppongano alla ristruttur­azione del Franchi: salvando la Torre di Maratona e le scale elicoidali, si potrebbero buttare giù quelle curve orrende e ristruttur­are un edificio storico in chiave contempora­nea. Diventereb­be un’attrazione, un’icona mondiale. Il progetto di Casamonti era bellissimo».

Ha citato anche il termovalor­izzatore. Ma non era tramontato?

«Sì, ma è una cosa che non capisco. Avremmo avuto un impianto a basso impatto, che produce energia a basso costo e avremmo smesso di esportare rifiuti. Credo che ogni territorio dovrebbe avere la responsabi­lità di rendersi autonomo e indipenden­te nella gestione dei rifiuti».

Veniamo alla crisi di Firenze. Il modello consacrato solo al turismo è fallito?

«Non è stato un errore, perché è nella vocazione, nel Dna di Firenze accogliere milioni di visitatori. Però credo sia il momento di correggere le cose che non vanno, dal turismo mordi e fuggi dei pullman che non ci porta nessuna ricchezza, alla proliferaz­ione degli Airbnb: bisogna ridurli, controllar­li, tassarli, ricordando che rispetto agli alberghi hanno una ricaduta occupazion­ale bassissima».

E come si riportano i fiorentini in centro?

«Con i parcheggi. È stato un errore non fare quello sotto piazza del Carmine: io li farei sotto il Carmine, sotto al Cestello, ovunque. Senza parcheggi i residenti fuggono, ma lo fanno anche i negozianti e gli artigiani, perché così non hanno più clienti. A Parigi ne hanno fatto uno anche sotto Notre Dame, che è su un’isola in mezzo alla Senna, e noi ci fermiamo sempre perché diciamo che sotto c’è l’acqua. Poi, anche il ricorso di Italia Nostra contro i frazioname­nti delle case non aiuta certo lo sviluppo del centro e a riportarci fiorentini».

E il ruolo della cultura? Lei fa parte di Palazzo Strozzi, Stefano Passigli ha detto al

Corriere Fiorentino che è l’unica istituzion­e culturale fiorentina che negli ultimi anni abbia fatto passi avanti.

«Lo ringrazio. Il nostro è un esempio nazionale: cerchiamo di fare qualità, con l’arte classica ma anche col contempora­neo. L’impatto su flussi di visitatori di qualità è evidente».

Lei vive in Oltrarno. Come giudica il problema della mala movida?

«Penso che un giovane abbia diritto a divertirsi, in mezzo alla bellezza di Firenze, anche con un bicchiere in mano. Il problema non è la movida, ma il degrado. Santo Spirito è invasa in modo selvaggio e trasformat­a in bivacco e pisciatoio. Servono strumenti di deterrenza, altrimenti, se non hanno strumenti, sono inutili gli schieramen­ti di polizia e di vigili. Quindi o si fanno le multe, o si fa una cancellata sul sagrato».

Sono molte le sfide che attendono la nostra città. Sul nostro giornale, Andrea Ceccherini ha detto di temere che Firenze non abbia una classe politica all’altezza. Lei che ne pensa?

«La debolezza dell’opposizion­e non aiuta: forse il centrodest­ra è stanco dopo 30 anni di sconfitte, ma ho l’impression­e che la scelta dei candidati ormai sia finalizzat­a solo a gestire la sconfitta. Da parte di chi governa c’è bisogno di portare a termine i buoni propositi: mi ero molto appassiona­to al modello di città pensato da Matteo Renzi. Credo che Nardella si sia ben inserito in quella direzione, ma le idee vanno trasformat­e in fatti. E, anche se mi rendo conto che la burocrazia lo renda difficile, vanno trasformat­e in fatti in tempi rapidi».

❞ Il Franchi, buttando giù quelle curve orrende e salvando la Torre di Maratona e le scale elicoidali, diventereb­be un’icona mondiale Mi chiedo perché Soprintend­enza e ministero si oppongano

❞ Classe dirigente fiorentina non all’altezza? La debolezza della opposizion­e non aiuta: sembra che scelgano i candidati per gestire la sconfitta Ma chi governa deve far diventare fatti le idee

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Jacopo Mazzei, manager fiorentino, è amministra­tore delegato di Rdm, consiglier­e di Toscana Aeroporti e della Fondazione Palazzo Strozzi

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