Le zone blu? Per attrarre imprese (ma servono una legge e i fondi)
L’idea: regime agevolato per Firenze e le altre città d’arte, ma servono una legge e fondi del governo
Le «zone blu» proposte dal sindaco Dario Nardella agli «Stati generali» del governo puntano a salvare le imprese del turismo colpite dalla crisi del coronavirus. Ma anche ad attrarre nuove realtà, innovative, puntando al digitale. Uno strumento già usato al sud Italia, con le Zes (zone economiche speciali): incentivi, abbattimento dei costi fino a 50 milioni per i macchinari, sconti sulle assunzioni. Per avere le «zone blu» servirà però una scelta legislativa (e tanti fondi nazionali). Parere positivo da parte della Confesercenti e anche dalla Cisl di Firenze. Contraria la Fiom, anche ai poteri da «commissario» per le grandi opere.
Uno strumento per difendere le imprese in crisi, soprattutto quelle turistiche, ma anche per attrarne di nuove. È la «zona blu» per le città d’arte, più colpite di altre dalla crisi del coronavirus nella propria economia e nelle entrate dei Comuni, proposta dal sindaco Dario Nardella agli «Stati generali» del governo. Soprattutto per aiutare le aziende legate al turismo: i problemi si risolveranno lentamente, nessuno prospetta un ritorno del turismo ai livelli del 2019 se non prima di due anni. Un periodo lunghissimo se confrontato con i rischi di perdita dei posti di lavoro e di chiusura delle aziende. Meglio inventarsi qualcosa, o almeno provarci, per sostenere le attività in crisi, puntando anche a farne nascere di nuove. Ed ecco l’idea delle «zone blu».
Si tratta della trasposizione delle Zes, zone ad economia speciale, in una zona lontane dal mare. Le Zes sono infatti nate al Sud intorno a porti o hub logistici per le merci, per incentivare con sgravi fiscali sulle assunzioni e sugli investimenti, e anche attraverso la semplificazione di procedure, l’arrivo di nuove aziende, con sconti che partono da 50 milioni di euro per gli impianti.
È quindi evidente che solo con un sì (e un sostanzioso finanziamento) del governo queste «zone blu» potranno nascere e funzionare. Ma per fare cosa? L’obiettivo dichiarato è sostenere le città dove «l’economia è fortemente, o addirittura prioritariamente, incardinata sul settore turistico (che può rappresentare anche fino al 90% del Pil locale)». Firenze ha solo il 19% del Pil locale legato al turismo ma i turisti pesano fortemente sui conti comunali, che infatti ora si trovano con 80 milioni in meno di entrate, a partire dall’ammanco dovuto alla tassa di soggiorno.
L’istituzione di una zona in cui poter concedere agevolazioni alle imprese si potrebbe legare anche agli incentivi già promessi dal sindaco Nardella a chi porterà attività innovative e digitali in centro storico, che avranno l’abbattimento almeno dell’Imu per i primi tre anni. Non solo. Ora che Palazzo Vecchio deve ridisegnare il futuro dell’area Mercafir, visto che lo stadio non andrà nell’area sud, l’idea è di prevedere proprio in quei 14 ettari (oltre ad un parco) una sorta di «tech city», per farci atterrare imprese digitali, magari qualche big sul modello del centro ricerca della Apple a Napoli. E considerato che uno dei punti prioritari promessi dal sindaco nel suo programma elettorale era quella di fare di Firenze una «città delle conoscenza», gli stessi incentivi potrebbero essere utilizzati per far arrivare nuove università (o inventarsi luoghi dove le numerose università già presenti, italiane, europee e americane lavorino assieme).
Da Confesercenti, che spera soprattutto in aiuti per le aziende del turismo, arriva il primo sì: «A suo tempo — ricorda Lapo Cantini — avevamo proposto anche noi una “no tax area”. La zona blu può essere una buona intuizione». Sì anche dalla Cisl: «Occorre inventarsi qualcosa di nuovo per chi vive sotto il tetto del turismo. Ma ora dovremo parlare dei conflitti tra enti e istituzioni diverse. Esiste un potere della Città metropolitana per affrontare i problemi delle infrastrutture? Non mi pare». Bocciatura su tutta la linea da parte di Daniele Calosi della Fiom, che critica Nardella soprattutto sulla richiesta di poteri commissariali per le grandi opere: «La competitività degli investimenti non passa dalle “zone franche” o da commissari straordinari. Cavalli sposta la produzione a Milano non perché manca la pista parallela, ma per scelte del fondo finanziario. Beckaert idem. Dovremmo avere zone franche dalla rendita».