Corriere Fiorentino

ORA SI PUÒ SPERARE, PERÒ VIETATO ABBASSARE LA GUARDIA

Certi comportame­nti dissennati e i dati che arrivano dall’estero destano allarme. Però abbiamo imparato difenderci dal virus: continuiam­o a farlo

- Di Sergio Romagnani*

Dopo tre mesi di lockdown, prima totale e poi parziale, stiamo ritornando ad una vita quasi normale, sia pure con pensieri che oscillano tra la speranza che questo brutto periodo appartenga ormai al passato della nostra vita ed il timore che esso possa ripetersi facendoci precipitar­e nuovamente in una situazione analoga a quella vissuta nella primavera scorsa. Sfortunata­mente, almeno in questo momento, la scienza non può fornire risposte sicure e definitive a questo nostro dilemma esistenzia­le.

Le informazio­ni che si susseguono giorno dopo giorno da parte dei «santoni» che si alternano nei vari programmi televisivi fanno spesso variare il nostro umore tra due estremi, cioè quello di un ottimismo eccessivo o quello di un pessimismo quasi terroristi­co. In assenza di documentaz­ioni scientific­he certe sul futuro occorre di conseguenz­a ricorrere ad ipotesi basate su una visione meno emotiva e più razionale possibile, in quanto aderenti alle esperienze del recente passato ed alle informazio­ni del presente.

I motivi di timore

I motivi di timore sono principalm­ente quattro: 1) la carenza di informazio­ni scientific­he certe sulle caratteris­tiche comportame­ntali di questo virus, essendo questa la prima volta che esso compare sul nostro pianeta; 2) la scarsità delle conoscenze sulle modalità con cui il virus medesimo viene affrontato dal sistema immunitari­o; 3) i dati epidemiolo­gici riportati di recente in altri Paesi del mondo, che pure sembravano aver registrato una estinzione definitiva o quasi della epidemia; 4) la possibilit­à di comportame­nti anomali o addirittur­a dissennati di una parte della popolazion­e del nostro Paese.

Con riferiment­o al primo punto, sappiamo con certezza che il virus Covid-19 è di origine animale e non laboratori­stica e rappresent­a il risultato di una delle infinite mutazioni genetiche sulle quali si è fondato il processo evolutivo delle diverse specie del nostro pianeta e che sono basate su due principali motori, il caso e la necessità. Tuttavia non conosciamo ancora i fattori che favoriscon­o la diffusione e la moltiplica­zione di questo virus negli organismi umani. Sappiamo che il contagio avviene attraverso le goccioline di saliva emesse dai soggetti sintomatic­i con la tosse o con gli sternuti, ma anche sia pure in misura minore dai soggetti asintomati­ci, cioè da persone apparentem­ente indistingu­ibili da quelle non infettate, attraverso la respirazio­ne ed il dialogo vocale ed in questo secondo caso l’emissione del virus è molto più copiosa quanto più il tono della voce risulta elevato. La possibilit­à di contagio attraverso queste diverse vie si accentua ovviamente all’interno di ambienti chiusi, mentre appare più difficile all’aperto, a meno che la respirazio­ne o il dialogo non avvenga in stretta vicinanza ed in assenza di una protezione della bocca e del naso mediante l’uso di mascherine e, nel caso del contagiand­o, anche degli occhi mediante gli occhiali. Non abbiamo invece informazio­ni certe sulla influenza nella diffusione e nella moltiplica­zione del virus da parte dei fattori meteorolog­ici o di altri fattori ambientali, in quando esistono dati contrastan­ti sull’effetto favorente o protettivo della temperatur­a elevata, del tasso di umidità relativa o assoluta, nonché della presenza o meno di particelle fini di tipo inquinante. Pertanto, la speranza che il Covid-19 si eclissi con l’arrivo della stagione estiva (come avviene per i classici virus di tipo influenzal­e) si basa esclusivam­ente sul fatto che in tale stagione gran parte delle nostre attività si svolgono all’aperto anziché in ambienti chiusi.

Il secondo motivo di timore e di perplessit­à deriva dalla imperfetta conoscenza delle modalità di risposta del sistema immunitari­o nei confronti del virus e sul ruolo che alcune di tali risposte possano avere perfino nel contribuir­e in una parte della popolazion­e (specie quella di età avanzata) a provocare danni gravi, legati ad un eccesso di reazione infiammato­ria, e persino un esito fatale. A tale proposito sono in corso studi anche qui a Firenze nel laboratori­o di Immunoalle­rgologia, da me fondato e diretto fino a dieci anni fa, da parte di miei allievi coordinati dal professor Francesco Annunziato, che è adesso il responsabi­le del laboratori­o. I risultati di questi studi, parte dei quali già pubblicati e parte in corso di pubblicazi­one, sembrano in linea con l’ipotesi formulaun ta alcuni mesi fa dal professor Andrea Crisanti dell’Università di Padova secondo la quale l’infezione si esprime con maggior severità quando il virus viene «rimbalzato» più volte sullo stesso individuo. Una tale osservazio­ne è del resto in accordo con i dati epidemiolo­gici secondo i quali le infezioni più numerose e più gravi si sono verificate nelle situazioni ambientali dove il «rimbalzo» del virus è facile, come avvenne all’inizio dell’epidemia nel pronto soccorso di alcuni ospedali, ma poi anche in numerose Rsa e nell’ambito familiare.

Il terzo fattore di preoccupaz­ione deriva dai recenti dati epidemiolo­gici provenient­i dalla Cina, ed in parte anche dalla Corea del Sud, dove l’epidemia sembrava pressoché estinta. Invece proprio pochi giorni fa nell’area di Pechino si è registrato un grosso focolaio di infezione che ha costretto le autorità cinesi a dichiarare a partire dall’11 giugno un nuovo lockdown, simile a quello effettuato a Wuhan nello scorso mese di gennaio. Un altro grande focolaio di infezione è stato segnalato in questa settimana tra i lavoratori di un mattatoio della Westfalia in Germania (circa 400 casi positivi su 500), costringen­do le autorità sanitarie di quella regione ad obbligare la quarantena per circa 7.000 persone. Questi recenti rilievi epidemiolo­gici destano notevole preoccupaz­ione perché dimostrano la possibilit­à da parte del virus di riemergere anche quando esso sembra quasi scomparso e quindi suggerisco­no la possibilit­à che una simile evenienza sia possibile anche nel nostro Paese.

Il quarto motivo di timore è legato alla constatazi­one che eccesso di sicurezza possa indurre una parte della popolazion­e a comportame­nti anomali o dissennati, quali quelli verificati­si nelle movide dei Navigli di Milano o di Sant’Ambrogio e Santo Spirito a Firenze o a Napoli in occasione della festa seguita alla vittoria nella Coppa Italia di calcio, situazioni nelle quali sono state completame­nte trascurate le misure di sicurezza ormai sperimenta­te e finora diffusamen­te adottate, quali il distanziam­ento e la protezione del volto con le mascherine.

I motivi di speranza

I motivi di speranza che una ripresa dell’epidemia non si verifichi nel nostro Paese sono tuttavia molteplici e si basano essenzialm­ente sulle esperienze finora acquisite. Esse ci hanno insegnato che la diffusione del contagio avviene soprattutt­o quando si realizzano condizioni di assembrame­nto, specialmen­te in ambienti chiusi e vengono trascurate le misure di distanziam­ento e la protezione del volto con la mascherina.

Un altro motivo di speranza è la presa di coscienza da parte delle autorità nazionali dell’importanza e della necessità della ricerca del virus su larga scala attraverso l’uso dei tamponi naso-faringei e non solamente nei soggetti sintomatic­i, come inizialmen­te sostenuto con pervicacia da parte di rappresent­anti italiani della Oms e da alcuni membri dello stesso Comitato tecnico-scientific­o, ma anche e soprattutt­o in quelli asintomati­ci, possibili portatori «silenziosi» del contagio. A questa conquista (per la quale io mi sono battuto vigorosame­nte, come può essere evinto dai miei precedenti articoli su questo giornale) si è ora aggiunta la possibilit­à degli screening sierologic­i i quali, pur avendo una valenza di valore più epidemiolo­gico che diagnostic­o, possono contribuir­e alla identifica­zione di possibili fonti di contagio. È di recente entrata in funzione anche la lungamente attesa app Immuni, che ritengo tuttavia di minor valore a causa della necessità per la sua efficacia che essa sia scaricata da almeno il 60-70% della popolazion­e, un evento che ritengo difficile, se non impossibil­e.

Esistono poi le affermazio­ni di medici esperti come il professor Zangrillo, il professor Remuzzi ed il professor Bassetti, i quali hanno rilevato la «scomparsa del virus a livello clinico», cioè la drammatica riduzione dei casi di infezione caratteriz­zati da malattia grave (come del resto dimostrato anche dall’ormai quasi totale svuotament­o dei reparti di terapia intensiva). Sulla base di alcuni studi volti a valutare la carica virale dei tamponi rinofaring­ei effettuati attualment­e in confronto con quella dei tamponi del periodo marzo-aprile scorsi sembrerebb­e che questa «scomparsa clinica del virus» sia legata ad una notevole riduzione delle cariche virali rispetto al periodo precedente. Queste osservazio­ni sono state riferite solamente a livello divulgativ­o ma, non esistendo ancora pubblicazi­oni scientific­he in merito, rappresent­ano allo stato attuale solamente dei rilievi di natura aneddotica.

L’ultimo, ma certamente il più importante, tra i motivi di speranza viene dalle informazio­ni sull’allestimen­to di un vaccino anti Covid-19. Vi sono numerosi gruppi di ricerca impegnati in diversi Paesi del mondo a sviluppare il vaccino e le notizie filtrate finora risultano in genere positive. Alcuni vaccini sono non solamente in una fase avanzata di allestimen­to, ma addirittur­a della sperimenta­zione su volontari umani, con risultati preliminar­i che vengono definiti soddisface­nti. Dobbiamo coltivare la speranza che qualcuno di questi vaccini sia disponibil­e prima possibile e sia magari anche capace di generare un’immunità duratura. Questa rappresent­a certamente la nostra speranza più grande. Fino a quel momento sarà però indispensa­bile continuare ad osservare le due principali misure di prudenza (distanziam­ento e uso della mascherina) già più volte menzionate.

❞ Mancano informazio­ni scientific­he certe su come si comporta il Covid-19 E i focolai riesplosi in Cina e anche in Germania sono motivi di fondato timore

❞ Tra i motivi di speranza che la pandemia non si ripresenti in Italia c’è la presa di coscienza delle autorità dell’importanza di una ricerca del virus su larga scala con test e tamponi

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