Corriere Fiorentino

Allo stadio tra le voci di dentro (Ribery e il geometra Neri...)

I precedenti della Fiorentina senza pubblico e la strana sensazione di ascoltare le urla di gioco. Che poi sono uguali su tutti i campi

- David Guetta

E se quando segna (speriamo) la Fiorentina l’urlo del radiocroni­sta lo sentono anche in campo? Se magari Iachini si gira verso la tribuna per capire da dove arriva quel bercio? Sarà imbarazzan­te, ma fino a un certo punto, anche perché Beppe era in campo nella prima e forse più importante partita giocata dai viola a porte chiuse. Era il 28 marzo 1993, a Verona in campo neutro contro il Cagliari, in mezzo alla caduta verticale verso la serie B. Squalifica del Franchi abbastanza ingiusta e tutti in Veneto, forti anche del gemellaggi­o con gli scaligeri. Accade così che fuori dal Bentegodi siano in più di mille a seguire la partita per radio, visto che le gare in tv se ne vedevano pochissime. Per la cronaca la Fiorentina rimontò il vantaggio dei sardi con Cappioli, andando quindi a vincere con le reti di Batistuta e Di Mauro. Per capire in che razza di realtà ci si muovesse, nel ritorno verso Firenze in diversi facevano tabelle per capire come fosse possibile agganciare l’ultimo posto per l’Europa…

Erano però porte chiuse molto più aperte di quelle di domani: solo i giornalist­i e i tecnici superavano il centinaio, senza contare gli amici degli amici. E gli imbucati dell’ultim’ora. Insomma, almeno 300 persone, un numero neanche ipotizzabi­le domani contro il Brescia, dove entreranno davvero in pochissimi. Andò più o meno allo stesso modo a Firenze l’11 febbraio 2007, in una delle giornate più tristi del calcio italiano per l’omicidio dell’ispettore Raciti avvenuto la settimana precedente, che portò allo sbarrament­o di tutti gli impianti. La Fiorentina di Prandelli giocò una partita di grande temperamen­to e senza Toni e Mutu vinse 2-0, grazie proprio alle reti dei sostituti Pazzini e Reginaldo. Si poteva comunque stare accanto, anzi addosso, ai calciatori nelle interviste post partita. E se qualcuno segnava non si dava di gomito come ora, preferendo lasciarsi andare ad un abbraccio virile. Il senso di estraniame­nto era tutto sommato relativo anche perché sapevi che si trattava di una tantum e avevi quasi la soddisfazi­one di poter vivere qualcosa di quasi irripetibi­le.

Chi poteva immaginare il Covid 19? Non c’era stato un periodo senza calcio di oltre tre mesi, le squadre si erano normalment­e allenate nella settimana precedente e quindi l’unica anomalia, peraltro molto importante, era l’assenza del pubblico.

Stavolta invece la ripresa del campionato è il primo passo di un percorso misterioso, che non ha proprio niente di attraente, a cominciare dall’entrata delle squadre, l’inizio dell’ipocrisia. Com’è infatti possibile immaginare di far scendere in campo le squadre separatame­nte quando da lì a pochi minuti ci saranno contatti, contrasti e sudore? Per non parlare delle mascherine di quelli che vanno in panchina: che rischio corre il compagno che gli sta accanto? Comunque sia, bisogna adeguarsi e questo vale anche per chi da casa dovrà subire il finto pubblico, quasi fossimo alla Playstatio­n, con la differenza che i creatori dei videogioch­i sono molto più bravi e fantasiosi dei grigi funzionari che hanno ideato l’obbrobrio visto in television­e nelle partite di Coppa Italia.

Quesito fondamenta­le: l’imperdibil­e inno della Lega, giustament­e presente da anni nella playlist di milioni di tifosi, ce lo risparmier­anno o ci infliggera­nno lo stesso la sublime composizio­ne? Nell’attesa di sciogliere il dubbio, converrà posizionar­ci su quel poco di positivo che ci sarà domani sera. Per esempio sentire le voci dei protagonis­ti, per scoprire che in campo si dicono sempre le stesse cose, che tu giochi con Ribery o contro il geometra Neri. «Coprilo», «salire tutti», «passamela» e via andare, secondo il più consueto gergo calciofilo, quello mai intaccato per fortuna da nessuno. Ci sarebbe poi per gli eletti ammessi al Franchi anche il non trascurabi­le vantaggio di non trovare code sia prima che dopo la partita, però non si può discutere con nessuno del rigore dato o non dato e questo non va bene. Per queste cose, in questi periodi di magra, restano solo le chat, molto meno soddisface­nti dei capannelli davanti al bar Marisa, ma forse qualche irriducibi­le (mascherato) sarà possibile trovarlo lo stesso dalle 21.30 in poi.

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Telecamera e spalti vuoti: sono le caratteris­tiche del calcio post Covid 19

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