MA ALMENO RISPARMIATECI L’ALGORITMO
Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo, diceva Pier Paolo Pasolini esagerando quel tanto che basta. E ora che il calcio — l’arte dell’imprevisto, secondo lo scrittore Edoardo Galeano — è tornato sul palcoscenico in attesa del pubblico, ci chiediamo, abbandonando le citazioni che classifichiamo come un sintomo di debolezza, a quale gioco sapranno giocare le squadre della serie A, impegnate in un turbine di partite che, dopo tanto riposo, non concederanno tregua. La Coppa Italia e i primi recuperi hanno mostrato un silenzioso procedere, ravvivato dalle urla degli allenatori, che se ci fosse stato il sonoro accompagnamento del pubblico avrebbe fatto apparire più frizzante lo spettacolo. Il mistero, dunque, è fitto e si trasforma nel lato più interessante della vicenda.
Dove eravamo rimasti con la Fiorentina? L’abbiamo lasciata sul campo di Udine, dopo un pareggio senza gol ormai svanito nel dimenticatoio, anche se l’ombra del coronavirus ha probabilmente fatto da sfondo a quella partita che provocò qualche problema ai giocatori viola. Ora passeremo dal niente calcio al troppo calcio e ci chiediamo che Fiorentina ritroveremo. Se ci fosse una domanda di riserva, come ai tempi antichi di «Lascia o Raddoppia» con Mike Bongiorno e la signora Longari, potremmo scegliere quella, ma in mancanza di un’alternativa tentiamo di dare una risposta: dunque, che Fiorentina ritroveremo?
La lunga pausa durante la quale si è parlato, in chiave viola, soltanto e appassionatamente dello stadio con complicazioni di vario genere nel cui merito vigliaccamente non entriamo adducendo motivi sentimentali (cresciuto davanti al Franchi che prima si chiamava Berta e poi Comunale), questa lunga pausa senza pallone ha, dunque, consentito alla Fiorentina di recuperare giocatori di non poca importanza: Ribery, in primo luogo, e anche Kouamè che potrebbe essere disponibile almeno nell’ultimo periodo dell’affollato calendario. Se il campionato avesse proceduto senza l’imprevisto più temibile — il coronavirus — sarebbe terminato il 24 maggio, data che ricorda la prima guerra mondiale e il mormorar del Piave. Dunque si sarebbe concluso un mese prima del riavvio, come si direbbe usando un termine da computer. Questo riavvio, questa pausa senza precedenti e ci auguriamo anche senza discendenti, ha rivoluzionato in modo imprevedibile il cammino del campionato che, salvo ulteriori imprevisti, si concluderà a luglio inoltrato.
Di fronte a questo panorama inedito la Fiorentina in teoria sarebbe avvantaggiata dal recupero degli infortunati e da una rosa di giocatori, rinforzata a gennaio, che dovrebbe consentirle di sfruttare anche la possibilità delle cinque sostituzioni che, però, sono ancora un capitolo poco esplorato e che, come si è visto nella partita di coppa Italia tra Juventus e Milan, rischiano addirittura di indebolire la squadra che ne usufruisce. Sarri ha ammesso di aver fatto una «cavolata», traduzione dolcificata del più istintivo termine, che comincia per «ca», da lui usato in conferenza stampa per definire i tanti cambi.
Il modulo più adatto alla Fiorentina del finale di campionato potrebbe essere il 4-31-2 con Lirola, Milenkovic, Pezzella, Caceres nella linea difensiva Benassi, Pulgar, Castrovilli a centrocampo, Ribery trequartista, Chiesa e Vlahovic in attacco. È vero, lo ammettiamo è una Fiorentina senza nessun nome nuovo, lo è anche per il semplice motivo che i nuovi si sono appena intravisti, ma con il fitto calendario, con i cinque cambi consentiti, con la necessità di rotazioni l’importanza degli avvicendamenti sarà crescente: Dalbert e Igor sulla fascia sinistra, Duncan e Agudelo a centrocampo, Cutrone e Sottil in attacco oltre al già citato Kouamè, in questo nuovo e incapricciato calendario che propone impegni da fase finale della Coppa del Mondo (con il dovuto rispetto), in questa fase con i cambi in abbondanza e con l’incognita rappresentata dagli infortuni in agguato, tutto ci conduce verso una difficile conclusione, di fronte al modo nuovo e ingarbugliato del calendario dietro al quale si nasconde il sospetto che si dovesse per forza concludere il campionato anche per non subire le intemperie delle televisioni a doppio pagamento (le tv pagano i club, i clienti pagano le tv) che forse non sono del tutto svanite.
Ma quello che più temiamo è lui, l’algoritmo, che per il sottoscritto rimane qualcosa tra l’algebra e il ballo e che con il calcio, qualunque cosa sia, non ha nulla a che vedere. L’arrotolata parte finale del campionato sarà un esame per Beppe Iachini la cui conferma passa da questo ultimo frenetico sussulto della stagione. Commisso, che molto impegno sta mettendo assieme a Joe Barone sulla questione dello stadio, dove sta incontrando ostacoli di ogni tipo, compresi gli aerei in atterraggio, ha sempre dato per scontata la conferma dell’allenatore, tra un capitolo e l’altro della sfiancante vicenda dai molti protagonisti (le Belle Arti, il Comune, il Nou Campi, perfino i Campi attorno al Franchi).
Iachini , però, ha questo ultimo robusto e inedito finale di campionato come vero e proprio esame. Difficile, per lui e per chiunque, dare alla squadra un gioco in questo periodo in cui nessuno riuscirebbe a farlo, tra una partita e l’altra, senza riposo né «meditazione». Il buon senso suggerirebbe di ricorrere alle vecchie strade di poche pretese. E qui viene in mente il contropiede, giocare semplici e coperti, sfruttare le astuzie di Ribery, gli spunti di Chiesa, la difesa robusta e serrata di Milenkovic e di Pezzella e le famose ripartenze con cui Arrigo Sacchi, affidandosi a questo scintillante termine, indorava il contropiede. Non si può inventare nulla in un momento come questo. Può darsi che il miglior attacco, sia la difesa. Per il bel gioco ripassare l’anno prossimo.
❞ Che Fiorentina troveremo? In teoria la squadra di Iachini sarebbe avvantaggiata dal recupero degli infortunati e da una rosa di giocatori, rinforzata a gennaio, che dovrebbe consentirle di sfruttare anche la possibilità delle cinque sostituzioni che però possono essere un rischio