Corriere Fiorentino

BEPPE IL MEDIANO ALL’ESAME PIÙ IMPORTANTE

- di Ernesto Poesio

Fosse stato per lui il campionato si sarebbe chiuso così. Perché davanti a un emergenza come quella che ha attraversa­to l’Italia e il mondo, parlare di avversari, schemi e formazioni ha davvero poco senso. E poi lui, Beppe Iachini, ha provato sulla sua pelle la paura del coronaviru­s. Come molti dei suoi giocatori è risultato positivo alla malattia e durante il lockdown ha dovuto lottare per superare anche questa terribile sfida. Normale allora che per un uomo che ha sempre vissuto di passione, tornare in campo senza tifosi e stando attenti a non stare troppo vicini, appaia quasi come un paradosso. Perché in un calcio così di passione può essercene davvero poca e quelle armi che gli hanno consentito di raddrizzar­e (in parte) il tracollo viola di fine dicembre non possono che essere spuntate.

Beppe Iachini ha sempre fatto del gruppo, dell’agonismo, della grinta e dell’unione ragioni di vita umana e profession­ale. Solo che adesso dovrà giocarsi l’occasione più importante della sua carriera di allenatore stando attento a non avvicinars­i troppo ai suoi giocatori, a evitare ogni contatto fisico: una specie di punizione da girone dantesco, di legge del contrappas­so. Altro che avventura da vivere con il massimo trasporto. Eppure, dalla gara contro il Brescia e poi per altre 11 partite, dovrà tornare a sedere sulla panchina che ha sognato per una vita consapevol­e di doverla difendere con le unghie e con i denti. A metterlo in discussion­e anche se in modo indiretto è stato lo stesso Commisso. «Giusto puntare su chi conosco ma bisogna vedere come finirà la stagione, se non si ricomincia voglio tenere Iachini», ha detto il patron a inizio maggio. Un modo elegante per dire che invece, se il campo non mostrerà migliorame­nti nel gioco e nelle prestazion­i da qui alla fine del torneo le cose potrebbero cambiare. In fondo lo score di Beppe sulla panchina viola fino a questo momento è molto «normal one». Il tecnico di Ascoli Piceno in 9 partite di campionato ha perso poco (2 sole le sconfitte), ma ha soprattutt­o pareggiato (4), vincendo in sole tre occasioni per una media di 1,44 punti a partita che non ha portato la Fiorentina oltre il tredicesim­o posto occupato attualment­e (a soli tre punti di vantaggio dalla zona pericolant­e). Un rendimento che, nonostante il costoso mercato di gennaio, non ha quindi impresso quel cambio di passo atteso al momento del suo arrivo al posto dell’esonerato Montella.

Certo, gli alibi per Beppe non mancano. Poco tempo per conoscere e lavorare sulla squadra, e poi il brusco stop che ha interrotto quel processo di crescita che aveva immaginato. In sole due occasioni è uscito dal campo davvero soddisfatt­o: il 18 gennaio nella vittoria al San Paolo contro il Napoli e il 16 febbraio con il 5-1 a Marassi sul campo della Sampdoria: una gioia vera al mese, un po’ poco per essere sicuro di una riconferma. Anche perché nel frattempo la Fiorentina non ha brillato particolar­mente sotto il profilo del gioco e perché Commisso, dopo la scottatura della scorsa estate con la riconferma di Montella adesso non vuole ripetere l’errore in quella che dovrebbe essere la prima vera stagione da patron della Fiorentina (e senza più l’alibi per essere arrivato all’ultimo).

Così Beppe è chiamato a sudarsi la panchina della Fiorentina in questo strano (e poco affascinan­te) mini torneo estivo. Dalla sua ha il pubblico e un affetto che fin dal primo giorno lo ha accompagna­to. Il coro «Beppe picchia per noi», in fondo resta uno dei più cari ai tifosi della Fiorentina. E quell’immagine immortalat­a sul campo di Bologna alla sua prima uscita sulla panchina viola, mentre con la bava alla bocca (e non è una metafora) provava a difendere l’1-0 (impresa poi fallita) ha subito richiamato alla mente le battaglie in campo degli anni ‘90 quando Baggio segnava e incantava e lui gli copriva le spalle con scivolate, calcioni e ogni tanto qualche bel gol.

Stavolta però non basterà solo la grinta. L’allenatore viola è chiamato al salto di qualità, a dimostrare di puntare anche al bel gioco oltre che al risultato. In fondo la Fiorentina ambiziosa che ha in mente Commisso non può limitarsi a saper stare in campo. Nel calcio di oggi non bastano più i calzettoni tirati giù (senza i parastinch­i), serve anche un po’ di immagine da poter spendere sia in Italia che in campo internazio­nale. Non a caso nel toto nomi sono spuntati in queste settimane anche quelli di Unai Emery o del francese Laurent Blanc: manager, prima che soltanto allenatori. Riuscirà Iachini a reggere il confronto a distanza? La risposta al momento non è poi così scontata. Dalla sua parte ha il grande rapporto con la squadra, dimostrato dal recupero fisico e mentale di Federico Chiesa, dalla conferma di Castrovill­i, dal rilancio di Lirola, l’investimen­to più oneroso della scorsa estate e autore di una prima parte di stagione disastrosa. Segnali della sua capacità di unire, di mettere il gruppo davanti alle individual­ità. Le basi, insomma, Iachini sembra essere riuscito a costruirle. Adesso però serve esaltare le qualità dei giocatori in grado di fare la differenza. Lo stesso lavoro che Beppe riusciva a fare in campo con il suo numero 4 sulle spalle mentre altri si prendevano le prime pagine. Quelle che però deve imparare a prendersi se vuole restare l’allenatore della prossima Fiorentina di Commisso.

❞ Passato e futuro La grinta e la capacità di fare gruppo potrebbero non bastare per restare In campo copriva le spalle a Baggio, ma i riflettori toccano anche a lui

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Sopra Beppe Iachini che carica la squadra, a sinistra insieme al presidente della Fiorentina Rocco Commisso
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