Lo scrittore e il suo sosia
Un corso a Fenysia che finirà con una pubblicazione sul «Corriere Fiorentino» per Ilide Carmignani, traduttrice di Sepulveda. Che dice: noi siamo controfigure degli autori
«Questo è un lavoro che sta a metà strada tra arte e artigianato», dice Ilide Carmignani, une delle traduttrici più importanti in Italia e in Europa. Lo dice per spiegare di cosa sia composta questa malattia che è la traduzione. La sua è una voce autorevole: la Carmignani (traduttrice tra l’altro di Bolaño, Cortazar e Sepulveda, di cui era amica) conosce di questo mondo ogni sfumatura. E su ogni aspetto si fermerà nelle prossime settimane quando tornerà a Fenysia (realtà artistica di Alba Donati) con un corso online sulla traduzione dallo spagnolo.
Quattro settimane di lezioni che si concluderanno con la pubblicazione sul Corriere Fiorentino di una traduzione firmata da tutti i partecipanti. «Un racconto breve di Juan Villoro, giornalista e scrittore messicano — spiega la Carmignani — che ha lavorato su una novella del Boccaccio e della peste: mi pare un argomento attuale. E Villoro, che ha una produzione importante, è molto legato a Firenze avendo un rapporto importante col Premio Von Rezzori».Otto appuntamenti dalle 18 alle 20.30, a partire dal 2 luglio.
Fenysia spiega che «il corso, di taglio eminentemente pratico, prevede laboratori di traduzione su testi appartenenti a differenti generi editoriali (classici contemporanei, best seller, letteratura per ragazzi), per consentire ai partecipanti di confrontarsi con un’ampia gamma di problematiche e di comprendere quali strategie di mediazione linguistico-culturali sono, caso per caso, adottate dall’editoria italiana contemporanea, e perché». In pratica, dice la Carmignani, «è un corso di introduzione alla traduzione letteraria. Susan Sontag spiega che la traduzione è il sistema circolare della letteratura del mondo. Se così non fosse saremmo chiusi nei nostri confini e nel nostro tempo».
E la traduzione che cosa è?
«Tradizione. È un mestiere particolare. Cioè lo è diventato a partire dagli anni 80 con editori che hanno iniziato a pubblicare in maniera consistente gli stranieri. C’è dunque bisogno di professionisti. È un mestiere autoriale che va affrontato in maniera sistematica».
Lavoro certosino...
«Che va svolto con amore e responsabilità. In quel momento stai dando parole a un autore. Chi legge un testo crede di leggere uno scrittore ed è così. Ma per questo non bisogna immiserire il portato dell’autore né limitarne l’influenza con un italiano povero. Le traduzioni sciatte danneggiano la nostra lingua e portano l’autore a non potersi difendere».
Le buone traduzioni, invece, permettono allo scrittore di irrompere nella scena narrativa di ogni Paese...
«Esattamente. La traduzione è un “polisistema” che conferisce spazio agli stranieri. Pensi a
Bolaño: le sue opere hanno influenzato lettori e scrittori».
A dirlo sembra facile... «Un traduttore ci impiega anni a formarsi. Il suo è un lavoro oscuro e delicato, mi verrebbe di dire oblativo: sei al servizio degli altri. Lui è una specie di autore invisibile che cerca nel testo per restituire l’originalità dello scritto e del pensiero. Ecco perché è importante che il suo lavoro sia valutato appieno nella sua importanza: se ti danno metà soldi e hai metà tempo per tradurre, ti pieghi a una logica sbagliata».
Ci vuole pazienza...
«Molta. La traduzione non è matematica. Quando vuoi diventare concertista ti siedi accanto e impari: è così anche per questo lavoro, al netto del talento individuale».
Qual è il problema delle traduzioni?
«Il linguaggio. Un esempio: i colori. Il linguaggio dei colori varia da lingua a lingua. E allora cerchi di cogliere il senso. Dai un’interpretazione che è soggettiva: se hai un dubbio e l’autore è vivente glielo chiedi. Un altro esempio, dove il nostro campo semantico è più preciso: la parola adios, che sta per addio o ciao. Metta caso che questa parola concluda un romanzo: è il traduttore che decide se il personaggio rivedrà o meno un altro personaggio alla fine del libro. È chiaro, vero?».
Lei faceva riferimento al rapporto con lo scrittore.
«Sosia».
In che senso?
«Il traduttore che vuole fare sua un’opera, deve prendere la forma dello scrittore. Come se qualcuno volesse possedere quell’opera ma ha da farlo con rispetto e lealtà. Pensi alla difficoltà di tradurre una poesia dallo straniero: può essere una traduzione metrica oppure letterale».
E quindi che si fa?
«Ci si mette al servizio. Tradurre è come mettere i piedi sulle orme dello scrittore. Non è che mentre cammini dici che quel giardino è bello e ti metti a deviare il percorso. È come quando traducevo 2666 di Bolaño dove c’erano 60 relazioni di morti ammazzati. A un certo punto aprivo la finestra, avevo bisogno di sole, poi tornavo a quelle pagine che erano diventate la mia casa».
Ora a quali testi sta prestando la sua voce?
«Sto traducendo Figure in salotto di Norah Lange per Adelphi: la storia di una ragazzina che guarda dalla finestra tre sorelle e immagina la loro vita. Da Sur mi è arrivata Università sconosciuta, la raccolta di oltre 400 poesie di Bolaño, bellissime. Sto infine lavorando a un testo sul tango di Cortazar che uscirà per Gallucci editore».
❞ Si lavorerà a un racconto breve di Juan Villoro, giornalista e scrittore messicano che ha scritto su una novella di Boccaccio e della peste
❞ Per esempio le parole che indicano i colori variano in ogni lingua . Allora provi a cogliere il senso Dai un’interpretazione soggettiva