Bankitalia, la Toscana nei guai
Previsioni assai nere nel rapporto post Covid: Pil più basso della media nazionale
Cali di fatturato superiori al 20% e problemi di liquidità per un quinto delle aziende, con il crollo degli investimenti e una grave battuta d’arresto per l’export: il 2020 dell’economia toscana, così come prevede il rapporto della Banca d’Italia sull’economia regionale, sarà il prodotto di una crisi — quella innescata dal coronavirus — che si abbatte su una regione già impantanata in una dinamica fiacca. Una fase che il responsabile della sede di Firenze di Bankitalia, Mario Venturi, ha chiamato di «conclamata debolezza ciclica», presentando ieri i numeri del rapporto, maggiormente orientati al futuro rispetto al solito.
La crisi produrrà per la Toscana una previsione di calo del Pil superiore a quello stimato per il Paese, a causa della maggiore esposizione verso i settori più coinvolti dalla sospensione dell’attività per il lockdown: dall’industria turistica ai distretti manifatturieri del made in Italy. Nel primo semestre del 2020 i ricercatori di Bankitalia prevedono un fatturato delle imprese più basso di un quinto nell’industria e di un terzo nei servizi; problemi di liquidità per il 20% delle imprese — anche considerando l’effetto positivo atteso dai provvedimenti del governo — soprattutto nei servizi connessi al turismo; un crollo dei già carenti investimenti, e una flessione in doppia cifra percentuale a fine animprese no per l’export, vero motore dell’economia regionale negli anni scorsi: la previsione, non pessimistica, è di un -10%. Nel primo trimestre dell’anno «solo il dato di marzo — sostiene Silvia Del Prete, ricercatrice di Bankitalia — risente del calo delle vendite, ma mostra come ci siano state grosse flessioni soprattutto nella moda, e anche nei comparti della meccanica, compensate dalla crescita dell’export dei metalli preziosi sulla spinta del prezzo dell’oro, e dalla crescita della farmaceutica».
L’avvitamento dell’export preoccupa anche perché le vendite estere sono riconosciute dalla Banca d’Italia come uno dei due fattori principali che nell’ultimo decennio ha portato a una maggiore solidità economica e finanziaria delle toscane — quantomeno, di quelle che sono riuscite a sopravvivere al processo di selezione avviato con la crisi del 2008 — solidità che fa sperare Bankitalia per la loro resistenza allo shock pandemico.
Le aspettative non sono così nefaste nemmeno per i crediti deteriorati che, inevitabilmente, torneranno ad accumularsi nei bilanci delle banche, dopo che le ultime operazioni di cessioni o stralcio di partite irrecuperabili hanno alleggerito significativamente la situazione: oggi sono l’11% dello stock degli impieghi, tre punti percentuali in meno del 2018. «È verosimile attendersi di nuovo negli anni a venire — osserva Del Prete — un lieve innalzamento del tasso di deterioramento del credito, ma la situazione è molto favorevole rispetto alle situazioni pre-crisi del debito sovrano».
Per quanto riguarda il credito alle imprese nel suo complesso, il primo trimestre del 2020 vede un calo del 2,6%, anche se per effetto delle misure di sostegno alla liquidità post-Covid Bankitalia prevede una risalita forte nel secondo trimestre. «Il ricorso alla garanzia pubblica e il maggiore utilizzo dei margini disponibili sulle linee di credito — scrivono i ricercatori — hanno contribuito e contribuiranno ad attenuare le esigenze di liquidità soprattutto per le unità produttive di minori dimensioni, verso cui si sono concentrati gli aiuti». Le domande presentate dalle imprese toscane al Fondo centrale di garanzia per operazioni fino a 30 mila euro erano pari a 50.500 allo scorso 13 giugno, con finanziamenti per un miliardo di euro, l’8,3% del totale nazionale.
I prestiti bancari alle famiglie sono invece cresciuti a fine 2019 (+3,2%) e a marzo 2020 (+2,5%), trainati dai mutui casa a tasso fisso, con un massiccio ricorso a rinegoziazioni. La morale della favola, secondo Venturi, è che nell’arco di due decenni si sono erosi i vantaggi competitivi che la Toscana poteva vantare rispetto ad altre regioni europee. «Un progressivo arretramento — afferma — dovuto a nodi strutturali non ancora risolti, che la Toscana e il Paese devono affrontare: minore produttività del lavoro, minore propensione agli investimenti, minore efficienza».
L’analisi «Questa ragione è entrata nell’emergenza quando era già debole: troppi nodi irrisolti»