Corriere Fiorentino

Ma davvero a Siena serve un surrogato della sua tradizione?

- di David Allegranti

L’anima di Siena respira anche senza il tufo sul Campo, i vessilli appesi all’entrata delle Contrade, persino senza le Feste Titolari. La trovi nei contradaio­li affranti che quest’anno sono senza Palio ma non senza se stessi.

Bastava ascoltare il canto della verbena riecheggia­re dalle case durante il lockdown per capire come Siena riesca costanteme­nte a reiterare se stessa, la sua ritualità, la propria comunità, il proprio senso d’appartenen­za, anche nei tratti deteriori e ossessivi, che poi sono quelli più affascinan­ti per i forestieri che s’avvicinano alla città con l’animo dell’esplorator­e.

D’altronde, come spiega Duccio Balestracc­i nel suo bel libro sul Palio pubblicato da Laterza, le corse del 2 luglio e del 16 agosto sono lo spettacolo, ma prima c’è tutto il resto. E l’unicità del Palio di Siena (e quindi di Siena stessa) non è tanto o non solo per lo spettacolo in sé, scrive Balestracc­i «quanto perché dietro di esso c’è una stratifica­zione di memoria e partecipaz­ione identitari­a che coinvolge completame­nte, in ogni momento della vita, i contradaio­li». Quello che costituisc­e l’elemento fondamenta­le per i senesi «non è, quindi, esclusivam­ente la corsa, ma sono la Contrada e il senso di appartenen­za ad essa, fattori senza i quali il Palio sarebbe solo una gara ippica preceduta da un sontuoso corteo».

La forza di Siena sta, fra le altre cose, nel suo meraviglio­so istinto di autoconser­vazione che la precede. Precede la città e tutte le sue propaggini, dalla politica alla finanza. Il che, come sanno i lettori, è anche stata motivo dei suoi malesseri, malanni e distruzion­i. Persino delle sue disfuzioni.

Perdere la propria festa è doloroso ma è un evento isolato. Dunque, la classe dirigente della città dovrebbe essere la prima a non insistere con il Palio straordina­rio per quest’anno. Il sindaco di Siena, invece, Luigi De Mossi, continua seppur a giorni a alterni a titillare i senesi, lasciando aperta una possibilit­à: «La nostra amministra­zione non si è mai tirata indietro», ha detto qualche giorno fa il sindaco a SienaNews. «Emblematic­o il Palio straordina­rio di ottobre 2018. Ovviamente se ci fosse una esplicita richiesta da parte dei capitani, valuteremo l’ipotesi di correre uno straordina­rio. Però, il Palio è una festa secolare e non possiamo pensare di farlo con il distanziam­ento o con le mascherine. Un conto è la richiesta delle contrade, un conto è la situazione sanitaria: solo se ci saranno le condizioni per effettuare un Palio per il popolo potremo seriamente prendere in consideraz­ione l’idea di correre».

La questione però non riguarda solo l’emergenza sanitaria, le sue conseguenz­e o la fine del distanziam­ento sociale. Organizzar­e il Palio costa e la macchina che ci sta dietro è molto complessa. Le Contrade,

che sono una comunità viva, hanno sofferto del lockdown come tutti. Non hanno potuto organizzar­e cene con cui finanziars­i, hanno ripreso le attività da pochi giorni.

Si dirà: a settembre le cose andranno meglio e poi, vedete?, i tifosi del Napoli scendono in piazza a baciarsi e abbracciar­si per la vittoria della Coppa Italia; in piazza la gente va a fare manifestaz­ioni politiche (qualcuna pure di dubbio gusto, vedi il generale Pappalardo). Perché noialtri no?, si chiedono comprensib­ilmente i contradaio­li. Eppure se c’è una cosa che questa emergenza sanitaria ha insegnato è il senso di responsabi­lità per gli altri e per se stessi. Un principio che andrebbe applicato d’ora in poi ovunque, non solo nelle emergenze sanitarie.

Chi governa le istituzion­i dovrebbe pensare anzitutto a questo anziché solleticar­e l’interesse della pubblica opinione con sortite populiste. Specie quando di mezzo c’è il senso d’appartenen­za a una comunità, quando ci sono riti e tradizioni. Claudio Rossi, Rettore del Magistrato delle Contrade, dice che non possono esistere surrogati del Palio. Un Palio straordina­rio, naturalmen­te, non lo sarebbe. Ma l’approccio con cui viene presentata l’eventualit­à lo è. Un surrogato di indecision­ismo, peraltro. A che pro?

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Il sindaco Luigi De Mossi
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Claudio Rossi
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