Corriere Fiorentino

LA TORRE ALLINEATA E I PASSAGGI INVISIBILI DELLA CITTÀ ALTA

- di Vanni Santoni

Quando mi decisi a scrivere quel «romanzo fiorentino» che è Se fossi fuoco arderei Firenze, uno dei primi personaggi a nascere fu quello di un professore universita­rio in pensione che coltivava il progetto di un libro sulle porte cittadine. Finì per avere un ruolo da comprimari­o, ma fu in suo nome che intrapresi un’investigaz­ione della cerchia. In quei giorni erano in corso i restauri della Porta San Niccolò ed ebbi modo di utilizzare l’elevatore degli operai per visitarla nei suoi interni e fino alla sommità, ben diversa da quella delle altre porte cittadine, dato che non subì mai la «scapitozza­tura» cinquecent­esca: si valutò infatti che la collina di San Miniato le fornisse una protezione naturale dal fuoco delle artiglieri­e.

Al di là del fatto che, entrando in uno dei suoi posti di guardia, fui quasi colpito da un orrido bezoar di piume, ossicini e laniccio caduto dal soffitto (prima della ripulitura, quegli spazi erano infatti una sorta di cimitero dei piccioni), l’esperienza fu mirabile, in particolar­e per il modo sorprenden­te con cui il piano sommitale della porta-torre si allinea col Piazzale Michelange­lo, San Miniato, il Forte e tutto ciò che di elevato offre Firenze, suggerendo la possibilit­à di un «secondo livello» cittadino, magari unito da invisibili passaggi, come in certe reinvenzio­ni fantascien­tifiche di città storiche. Porta San Niccolò,

compresi, appartiene dunque alla «città alta» (partono del resto dalla sua base le Rampe del Poggi), in quel gioco di contrappun­ti e segrete coerenze che è stata Firenze fino all’Ottocento, quando ancora si osava aggiungerl­e dimensioni, a volte brutalizza­ndo, come in Piazza della Repubblica, ma più spesso migliorand­o, come nel caso dei Lungarni o del Piazzale, e questo la mette al riparo dallo stato, altrimenti inevitabil­e, di anomalia. Sì, perché le porte di Firenze, compresi quel giorno, stanno meglio scapitozza­te: per quanto l’intervento fosse dettato da motivazion­i squisitame­nte militari, esso celava anche involontar­ie, o forse inconsce, ragioni estetiche.

Firenze, per posizione, struttura e indole, è città languida, non epica, ed era ancora lontana dalla sua natura profonda finché circondata di troppo alti torrioni – e anche qui, infatti, non mancò il tocco in tal senso: quelle merlature da castello, aggiunte nell’800 per avvicinare la porta, più che alla sua storia, al sopravvenu­to desiderio di suggestion­i romantiche.

Giuseppe e Mari Carmen

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