Quando Dino Campana si raccomandò a Verga
Dino Campana tra il 1914 e il 1915 girava per le strade di Firenze alla ricerca di clienti per i suoi Canti Orfici, che aveva stampato a proprie spese a Marradi. Come racconta Ardengo Soffici, chi non incontrava il suo favore, si ritrovava con solo una parte del libro in mano, da cui strappava le liriche che riteneva troppo importanti, o il frontespizio o buona parte del testo. Questo accadde, ad esempio, nella copia per Marinetti, che molto lo irritava, come tutti coloro che si dicevano «novatori». Da poco Bompiani ha ripubblicato, in versione aggiornata e ampliata, la notevole biografia di Gianni Turchetta, dal bel titolo Vita oscura e luminosa di Dino Campana, poeta. Un episodio colpisce l’attenzione: tra le edizioni, spesso mal tirate, e sbaffate d’inchiostro, ne inviò a una a Giovanni Verga. Il grande vecchio della letteratura viveva da tempo appartato nella sua Catania, ma i giovani scrittori a lui si rivolgevano. Il lirico orfico dedica: «al più grande italiano di oggi, di questo mio sforzo, con umiltà infinita, rendo omaggio». Verga non lesse mai il volume, che pure conservò nella sua biblioteca tra i testi dei Futuristi, dove lo scoprì negli anni ’80 Salvatore Silvano Nigro. Se fosse giunto in fondo, avrebbe trovato una richiesta di aiuto: alla fine del libro gli chiedeva, se gli fosse piaciuto, di raccomandarlo per un lavoro a Parigi. Ma questo desiderio, come molti altri di Campana, era destinato a non avverarsi.