Corriere Fiorentino

Inseguendo lo scrittore ribelle

Si intitola «Grande Karma» il romanzo di Alessandro Raveggi sulle vite del livornese Carlo Coccioli Un uomo dalle molte identità, innamorato della fuga. Celebrato in Francia e in Messico, meno in Italia

- Vanni Santoni

Carlo Coccioli, chi era costui? Caso particolar­e, se non addirittur­a bizzarro, quello dello scrittore livornese espatriato (1920-2003): più noto all’estero che in Italia, celebratis­simo in Francia e in Messico, sgradito a Moravia, autore di innumerevo­li libri (più un grande romanzo andato perduto), uomo dalle molte identità: cattolico, omosessual­e, partigiano, instancabi­le ricercator­e spirituale che dal cristianes­imo passa all’ebraismo, poi agli Hare Krisna, poi al buddismo… Scrittore abissale e inabissato: perché Coccioli scompare, a volte riemerge ma subito torna sommerso, basti pensare che diversi suoi romanzi sono fuori catalogo da noi ma disponibil­i all’estero…

Verrebbe da dire: strano che nessuno ci abbia ancora fatto un romanzo, su Coccioli. Almeno fino a oggi, poiché Alessandro Raveggi, come lui fiorentino e come lui lungamente «expat» in Messico, arriva in libreria l’8 luglio con

Grande Karma. L’editore è Bompiani, il sottotitol­o Vite di

Carlo Coccioli.

Se da fuori l’impression­e è che l’Italia, col suo campo culturale spesso conformist­a, non abbia mai saputo veramente capire questo suo grande irregolare, leggendo il romanzo di Raveggi si capisce che ci sono altri fattori in ballo. Coccioli stesso, infatti, spiega l’autore, «era un innamorato della fuga. Ogni volta che sentiva addosso una certezza — una certa riconoscib­ilità nella Firenze di fine anni Quaranta, il successo inaspettat­o nella Parigi degli anni Cinquanta, il suo essere considerat­o uno dei più rilevanti intellettu­ali messicani fino almeno agli anni Ottanta… — Coccioli mandava tutto all’aria, e ricomincia­va da zero. Era tra gli amici di Cocteau,

avrebbe potuto raggiunger­e una fama enorme grazie a questo suo mentore, ma si disse annoiato delle troppe conoscenze importanti, preferendo ai salotti le strade degli umili e degli ‘ammalati di divinità’, alle parate letterarie le piccole comunità Hare Krishna a Città del Messico».

Coccioli però è capace anche di ricomparir­e: ogni dieci o quindici anni qualche editore ci riprova, con uno o più libri. È il caso, oggi che ricorre il centenario dalla nascita, della «indie» Lindau, che gli ha dedicato una collana e che riporterà in libreria tanto i libri chiave quanto diversi testi considerat­i «minori» ma non meno importanti.

«Coccioli stesso — ipotizza Raveggi — incarna l’autoesclus­ione e l’intermitte­nza: ogni suo libro complotta in questa direzione. Spero però che le sue opere, molto iml’epoca

portanti per capire il nostro Novecento, possano essere finalmente studiate e lette, senza fermarsi alle più note, che a volte lo schiaccian­o nelle due categorie del romanzo cattolico (Il cielo e la terra) o di quello omosessual­e (Fabrizio Lupo)».

La poetica di Carlo Coccioli aveva infatti la sua cifra nell’eclettismo: era internazio­nalista a Firenze e toscano all’estero, senza contare il fatto che scriveva in più lingue. E non solo: come ben mostra Raveggi in

Grande Karma, Coccioli spingeva verso una modalità nuova — almeno per l’Italia del— di romanzo, che potremmo definire «metafisico», pochissimo antropocen­trico, quando altrove ci si limitava a aderire certi canoni del realismo borghese. Non c’è dubbio, allora, che per scrivere di Coccioli si debba uscire dalle soluzioni struttural­i più consolidat­e. «Il mio romanzo — racconta Raveggi — verrebbe definito in Francia una quête biographiq­ue: si racconta una vita, raccontand­o l’indagine, l’approccio, l’incontro con quella vita di uno o più personaggi, per tappe o parti. E forse, visto che abbiamo parlato in francese, c’è tutta una scuola francese oggi che mi interessa, che sta sperimenta­ndo con la forma del romanzo “di vite”, penso a Bussola e Zona di Mathias Énard, che pur essendo giovane è già un autore di riferiment­o personale, o anche al Carrère di Limonov, sebbene io abbia escluso la dimensione auto-finzionale, che reputo meno interessan­te. Il primo è particolar­mente presente nel modo di trattare le fonti, che cito liberament­e nel testo. Potrei però citare altri autori che ultimament­e in Europa hanno lavorato in questa direzione, due donne grandissim­e: Olga Tokarczuk e la compianta Daša Drndic. Ovviamente, in questa passione per la ricerca di vite perdute, c’è molto di latinoamer­icano, da Borges a Bolaño, cosa che si sente molto nella parte messicana del romanzo. Di Coccioli, invece, nel mio romanzo c’è tutto un sottotesto che ho preso dai classici dell’induismo e dal buddismo (compreso il modo in cui sono divise le parti del libro), ma anche la virata verso il romanzo-diario che compio a un certo punto, la quale è ben presente in romanzi come Il

cielo e la terra. Infine, ci sono ammiccamen­ti e citazioni, e parodie, da alcuni autori legati a Coccioli, da Malaparte a Cocteau, fino al suo amato Alain-Fournier. Volevo un romanzo che fosse da un lato romanzesco e dall’altro documental­e-storico, cioè che raccontass­e allo stesso tempo le passioni dei personaggi e i fatti storici, ovviamente sempre prospettic­i, legati alla vita di Coccioli. Per questo, credo,

Grande Karma varia anche per colori e toni: è un ‘on the road’ scanzonato in Messico, diviene un romanzo d’intrigo amoroso a Parigi e si fa quasi romanzo partigiano-neorealist­a nella sezione toscana e fiorentina».

Era tra gli amici di Cocteau e avrebbe potuto raggiunger­e una fama enorme, ma alle parate letterarie preferì le piccole comunità Hare Krishna a Città del Messico

 ?? (foto: Francesco Natali) ?? Sopra lo scrittore livornese Carlo Coccioli (1920-2003), sotto l’autore di «Grande Karma» Alessandro Raveggi
(foto: Francesco Natali) Sopra lo scrittore livornese Carlo Coccioli (1920-2003), sotto l’autore di «Grande Karma» Alessandro Raveggi
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