Corriere Fiorentino

IL SEGNO DELLA PACE CON UNO SGUARDO

- di Mario Lancisi

Chiesa Santa Maria a Coverciano

(via Domenico Maria Manni, 85, Firenze) Domenica 2 agosto ore 10,30 Celebrante: don Henry Obinna Durata della messa: 55 minuti Durata dell’omelia: 20 minuti Presenti: 40 persone circa

VANGELO: (Mt 14, 13-21)

«E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizion­e, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene». «E ora datevi il segno della pace…», esorta il celebrante. Allora è stato tutto un incubo, viene di pensare. Qui, in questa chiesa, infatti, una domenica di marzo, fummo fermati: «Non si può entrare, è arrivato l’ordine che non si può celebrare più la messa per la pandemia». Così iniziò il lockdown, le messe sospese e, appunto, il segno della pace abolito. Scopriamo subito che non è stato un incubo, purtroppo: in chiesa tutti con la mascherina e distanziat­i. Al contrario delle altre chiese, il segno della pace non è stato però cancellato, però non ci si dà la mano, e neppure il gomito, ma consiste nel fissarsi negli occhi.

Santa Maria a Coverciano due anni fa fece parlare di sé per la «guerra» delle campane. Il parroco don Leonardo Guerri venne attaccato dai cittadini del quartiere perché faceva suonare le campane 28 volte al giorno. Troppe volte e troppo forte il suono. Cercarono di dissuaderl­o con le buone, ma don Leonardo non si diede per vinto. Dovette intervenir­e la Curia. La lettera del vicario della diocesi è affissa alla bacheca della chiesa. In essa si impongono a don Guerri precise «modifiche al suono della campane». Il combattivo parroco domenica non c’era, era in vacanza e lo ha sostituito don Henry Obinna, un prete nigeriano. Come quasi tutti i sacerdoti africani la sua omelia è lunga. Dura 20 minuti, il doppio e anche il triplo rispetto a quella dei preti italiani. E il taglio è didascalic­o, scolastico. Riguardo al vangelo della condivisio­ne dei pani e dei pesci, don Henry snocciola tre punti:«Uno: bisogna sfamare chi ha fame con il cibo. Due: bisogna sfamare con la preghiera. Tre: come Gesù anche noi dobbiamo dare noi stessi, il nostro corpo». Sembra di essere a scuola, ma alla fine restano impressi i punti salienti. Come questo: «La gente che ascolta Gesù ha fame e i discepoli gli dicono: ‘Non abbiamo che cinque pani e due pesci’. E Gesù ordina loro di portarglie­li e li moltiplica per dare da mangiare a 5 mila persone. Ecco, Gesù poteva fare il miracolo da solo, ma si serve dell’aiuto degli uomini». Conclusion­e: il bene è frutto dei nostri piccoli gesti. Come donare due pesci. «Quando noi diamo qualcosa agli altri, diamo noi stessi», conclude don Obinna.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy