Paolucci scettico: «Chiara Ferragni? Non so chi sia preferivo Goethe»
«La tecnologia migliore è data dall’occhio destro, dall’occhio sinistro, e dal computer eccezionale che li collega: il cervello. Per accostare l’arte non serve altro».
Professor Antonio Paolucci, ex sovrintendente al Polo fiorentino, ex direttore dei Musei Vaticani, ex ministro dei Beni Culturali: a lei gli Uffizi pop piacciono?
«Sono tradizionalista, la questione è semplice: si entra al museo e si esce arricchiti. Il resto sono chiacchiere».
Tra queste chiacchiere ci sono però le esigenze di promozione. Anche per questo Chiara Ferragni è venuta agli Uffizi.
«Non so chi sia. Ma se fosse venuto Goethe sarei stato più contento».
È d’accordo con l’idea di Eike Schmidt di aprirsi di più all’arte contemporanea?
«L’arte è sempre contemporanea. Duccio di Buoninsegna e Piero della Francesca sono contemporanei se uno sa guardarli. Molto più dei cagnolini del cinese».
Si riferisce ai lupi di Liu Ruowang?
«Anche lui ha diritto di campare».
Non trova sbagliato lo scontro tra fautori della conservazione e alfieri della promozione, nell’arte?
«È sbagliato. Chi studia, ama, frequenta un museo lo conserva nel momento stesso in cui fa queste cose. Cosa vuol dire promozione?»
Far avvicinare al museo a chi non lo conosce...
«I musei sono già aperti a chi non li conosce. Conta solo l’individuo che si pone davanti all’opera d’arte»
Per lei Eike Schmidt sta facendo bene il suo lavoro?
«È il direttore perfetto per i tempi in cui viviamo».
Chi studia, ama, frequenta un museo lo conserva mentre fa queste cose Che cosa vuol dire promozione?