Corriere Fiorentino

NON BUTTIAMO TUTTO ALL’ARIA

- Di Sergio Romagnani

Speravo proprio di non dover intervenir­e nuovamente nel dibattito sul Covid-19, almeno fino all’autunno. Sfortunata­mente, nell’ultima settimana si è verificata una chiara tendenza che indica un nuovo incremento del numero degli infettati dal virus (circa 46% in più rispetto alla settimana precedente, nonostante la consistent­e diminuzion­e del numero dei tamponi effettuati) e, per la prima volta dal mese di aprile, anche un aumento dei ricoveri in terapia intensiva (circa 17% in più). Inoltre, mentre i casi di nuove infezioni risultavan­o stabili nelle prime tre settimane di luglio, essi risultano in progressiv­o aumento nelle quattro settimane successive. Questi numeri rivelano un andamento preoccupan­te dell’epidemia, che è in parte di origine autoctona e in parte di importazio­ne, quest’ultima causata sia dal rientro di italiani che erano in vacanza all’estero, sia dall’arrivo di stranieri. L’aumento di origine autoctona è stato il risultato di una notevole riduzione del senso di responsabi­lità individual­e e collettiva, soprattutt­o a livello giovanile dovuta da un lato all’irrefrenab­ile desiderio giovanile di divertimen­to e di spensierat­ezza dopo i mesi del lockdown, dall’altro da una comunicazi­one pubblica influenzat­a da messaggi, anche da parte di alcuni eminenti medici e scienziati, che hanno fatto di tutto per minimizzar­e i rischi. Inoltre i giovani sono divenuti anche consapevol­i del fatto che alla loro età l’infezione in genere decorre in maniera asintomati­ca o provoca sintomi molto lievi. È prevalso quindi l’istinto di godersi il divertimen­to senza mettere in atto le dovute precauzion­i, dimentican­do che un tale comportame­nto può avere gravi se non fatali conseguenz­e per i loro familiari di età più avanzata che possono essere contagiati. Le situazioni alla base dell’incremento del numero dei contagi sono stati gli assembrame­nti da movida: in ambienti chiusi come le discoteche, ma anche all’aperto, nelle piazze delle città e nelle località balneari, senza l’osservanza di criteri minimi di sicurezza, che come è ben noto sono il distanziam­ento di almeno un metro e mezzo e l’uso della mascherina, e in assenza di adeguate misure di controllo e di sorveglian­za da parte delle autorità. Peraltro, nel corso delle «movide» e all’interno delle discoteche è consentito l’uso di alcolici che notoriamen­te riducono i freni inibitori e possono favorire comportame­nti sconsidera­ti.

Mi sembra assurdo che, proprio per evitare assembrame­nti, siano state chiuse le scuole, i teatri e le bibliotech­e (luoghi di notevole importanza culturale), mentre vengono tollerati assembrame­nti con finalità di carattere esclusivam­ente ludico. Nella conferenza Stato-Regioni di mercoledì sul problema della chiusura delle discoteche non è stato trovato un accordo e la decisione è stata demandata alle ordinanze delle singole Regioni, con la conseguent­e anomalia di discoteche aperte in alcune e chiuse in altre. Giovedì il presidente della nostra regione, Enrico Rossi, ha espresso una serie di consideraz­ioni, che io condivido pienamente, inclusa quella con cui si è dichiarato favorevole alla chiusura. Nella stessa conferenza Stato-Regioni sul problema dei contagi legati al rientro in Italia da paesi a elevato rischio di contagio o all’arrivo nel nostro paese di abitanti di quelle nazioni c’è stata invece completa concordanz­a sulla necessità di introdurre misure più efficaci di sorveglian­za, e cioè test rapidi e quarantena fino all’esito del risultato. Decisione a mio avviso molto appropriat­a, perché dovrebbe essere chiaro a tutti che la semplice misurazion­e della temperatur­a può avere un impatto assolutame­nte inadeguato. Esiste però un ultimo problema da considerar­e e, a mio parere, da risolvere: le misure finora inadeguate a carico di altre due categorie individuat­e come possibile fonte di infezione di provenienz­a esterna: i lavoratori stagionali e i migranti provenient­i da paesi con elevata prevalenza dell’infezione o da paesi nei quali la prevalenza dell’infezione non è nota per l’assenza di adeguati controlli. Dal punto di vista medico-scientific­o ritengo assurdo ed eticamente discutibil­e consentire l’ingresso incontroll­ato da paesi ad alto rischio pandemico di persone di età adulta o giovanile che quindi, nel caso siano infettati, sono in grande maggioranz­a asintomati­ci o pauci-sintomatic­i, ma comunque contagiosi. Non comprendo perché non esista un’adeguata sorveglian­za nei centri di accoglienz­a: diversi migranti accolti sono potuti fuggire e scomparire nel nulla, diventando in tal modo sorgente di contagio non tracciabil­e. Voglio ricordare che nel periodo in cui l’epidemia imperversa­va in Italia, l’ingresso degli italiani veniva negato da molti paesi, inclusi quelli della Comunità europea. E voglio anche rammentare che a fine febbraio il nostro governo inviò ingenti forze militari per chiudere l’area di Lodi-Codogno e quella di Vo’ Euganeo. Tutti ricorderan­no le scene commoventi viste in television­e di persone che lasciavano cibo o altri generi di conforto sulla strada per le persone chiuse nelle zone rosse. Se i posti di blocco sono stati così rigidi per alcuni nostri connaziona­li, è difficile comprender­e perché non si possa affrontare con altrettant­a rigidità il problema degli stranieri potenzialm­ente contagiosi. L’Italia ha già pagato l’epidemia con un numero troppo alto di morti e non potrà permetters­i un secondo lockdown, che sarebbe esiziale per la nostra economia. Per questa ragione, ogni fonte di diffusione infettiva accertata, come certi comportame­nti a rischio e il ritorno di viaggiator­i italiani o l’arrivo di stranieri provenient­i da paesi con elevato rischio infettivo o nei quali non vengono effettuati gli appropriat­i controlli, deve essere bloccata con ogni mezzo.

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