«Si viene e si va» Il gran ballo delle candidature
«Si viene e si va / Comunque ballando / Pensando una vita forse non basterà», canta Ligabue. Non è bastata una vita politica a Marco Remaschi, assessore regionale all’agricoltura di lungo corso, che ha appena lasciato il Pd perché il Pd gli ha detto che non lo avrebbe ricandidato alle elezioni regionali. Risultato: Remaschi si è iscritto a Demos, il partito di Mario Giro che ha stretto un accordo con i Democratici, e si voleva candidare in quota Demos nelle liste del Pd. Geniale. Meglio di quando Massimo D’Alema pubblicava libri con la Mondadori, forse con lo spirito di Jep Gambardella per le feste che desiderava far fallire: il nemico, anche quando è recentissimo, si combatte dall’interno.
Remaschi avrebbe potuto fregare i voti al suo vecchio partito e magari riuscire pure a farsi rieleggere. Alla fine però è intervenuto il segretario del Pd Nicola Zingaretti — ieri in Toscana per far campagna elettorale a sostegno di Eugenio Giani — che in puro zingarettese s’è scagliato contro i «personalismi». Una citofonata leggera a Remaschi, che per l’appunto poi ha annunciato il suo ritiro dalla competizione: «Visto che il problema è personale nei miei confronti, ho deciso per il bene di tutti e soprattutto per il bene della coalizione di centrosinistra di uscire dalla competizione delle regionali», ha detto l’assessore.
Ad altri è andata meglio. Come Paolo Bambagioni, ex sindaco di Signa. Anche lui non è stato ricandidato dal Pd. Sarà candidato con la lista civica di Eugenio Giani, Orgoglio Toscana, che per l’occasione merita di essere ribattezzata come Orgoglio Signese. C’è poi Paolo Amato, già forzista e senatore del Pdl per due legislature, che anni fa lasciò il berlusconismo prendendosela duramente con Denis Verdini («È almeno dal 2009 che Verdini lavora all’affermazione e al rafforzamento del potere di Matteo Renzi», disse in un’intervista a Repubblica) per poi passare alla Lega.
Resta sempre la domanda che cosa c’entri l’ex senatore Amato con il trucismo leghista ma quantomeno adesso, con queste elezioni regionali, una spiegazione c’è: Amato, che appartiene alla gloriosa tradizione del centrodestra sviluppista, deve coprire le sortite di Susanna Ceccardi sulla questione aeroporti, che prima s’era detta a favore dello sviluppo di Pisa — forse per motivi campanilistici, quando era ancora solo la sindaca di Cascina — e poi ha usato qualsiasi stop, compreso quello del Consiglio di Stato sullo scalo Firenze, per prendere tempo (alla faccia delle battaglie politiche).
Per gli amanti dell’amarcord
— certe volte la politica fiorentina sembra ferma a dieci anni fa, e in un certo senso lo è: non si vedono grandi volti nuovi, specie nelle liste elettorali — torna in campo anche Massimo Pieri, ex Forza Italia, membro del cda della Fondazione Palazzo Strozzi, anche lui nella lista di Giani a Firenze in quota socialisti. Alla voce grandi ritorni, c’è anche l’ex sindaco di Campi Adriano Chini che insieme a Gianni Gianassi un tempo componeva il Chinassi, animale mitologico della Piana a due teste.
Gianassi non si sa che cosa farà, ma Chini è fra i candidati consiglieri alle prossime elezioni regionali della lista Toscana a Sinistra di Tommaso Fattori nella circoscrizione Firenze 4 (Sesto, Campi, Signa, Lastra a Signa, Scandicci e Calenzano). Insomma, queste elezioni regionali sono un via e via di ritorni e di vecchie glorie che si ripresentano. Come Massimo Mattei, ex assessore fiorentino, che adesso si candida a Firenze ma sempre nel Pd. Avrà contro non soltanto Giovanni Galli, capolista della Lega a Firenze ed ex candidato sindaco del centrodestra nel 2009 contro Renzi, altro grande ritorno della stagione duemilanove, ma pure gli assessori dell’attuale giunta fiorentina, gettati nella mischia da Dario Nardella. Il sindaco evidentemente vuole misurare il consenso dei suoi collaboratori in città dopo il lockdown che ha spiazzato e piegato Firenze: potrebbe non finire bene.