Corriere Fiorentino

Ultima tappa nei collegi: la sindrome di Arezzo

Ultima tappa del viaggio nei collegi toscani. Un territorio che si sente trascurato, dove neri e rossi si mischiano e gli elettori sono mobili

- Lancisi

Regionali, l’ultima tappa dei reportage sui collegi è Arezzo. Un territorio atipico, con un voto non più ideologico. Flussi di voti che hanno portato, in più occasioni, a imprevedib­ili ribaltoni.

Il collegio elettorale di Arezzo, 343 mila abitanti, 37 Comuni, quattro valli (Valtiberin­a, Val di Chiana, Valdarno e Casentino), due fiumi (Arno e Tevere) e tre regioni confinanti (Umbria, Marche e Emilia Romagna), è atipico. E politicame­nte istruttivo. Lo capiamo da certi paesi, da certe storie. Ad esempio quella di Mauro Cornioli, 57 anni, che nel 2016 a Sansepolcr­o (16 mila abitanti) è diventato sindaco sconfiggen­do al ballottagg­io la candidata del Pd (68 contro 31 per cento) e al primo turno anche Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e M5S. Cornioli è sostenuto da liste civiche, in cui figurano militanti che vanno dalla destra alla sinistra, dal nero al rosso. Con tutti i partiti tradiziona­li all’opposizion­e. Storia esemplare della fine delle ideologie, degli zoccoli duri e delle rendite di posizione.

Da Sansepolcr­o a Cavriglia, 8 mila abitanti, tra il Valdarno e il Senese, dove un anno fa il Pd alle Europee ha preso il 39,64 per cento e alle comunali, svoltesi lo stesso giorno, l’81 per cento. Alle Europee il Pd ottenne poco più di duemila voti che poi alle comunali raddoppiò. Perché? «Evidenteme­nte siamo fuori dalle ideologie. Anche solo vent’anni fa sarebbe stato impensabil­e che un elettore entrasse in cabina e desse un voto alla sinistra e uno alla destra. Oggi vale l’offerta politica. Se tu hai amministra­to bene, l’elettore medio non guarda alla tua appartenen­za», spiega Filippo Boni, vicesindac­o e assessore alla cultura, autore di libri di successo come L’ultimo sopravviss­uto di Cefalonia,

Longanesi editore.

In breve: voto non ideologico e elettori mobili. E, altra lezione, stile trapattoni­ano («Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco»), mai dare niente per scontato. Come insegna la storia di Cortona. Città di oltre ventimila abitanti, rossa dal dopoguerra, Cortona è stato il buen retiro del leader del socialismo francese Francois Mitterand, che qui nel 1978 avrebbe dovuto incontrare Enrico Berlinguer, incontro organizzat­o dall’allora sindaco Tito Barbini, ma alla fine tutto saltò per il veto di Bettino Craxi. Una città con questa storia alle spalle poteva forse temere un anno fa il candidato del centrodest­ra Luciano Meoni, uno che ci aveva provato più volte a diventare sindaco ma senza successo? Non sia mai detto. E invece… Invece è successo che Meoni ha vinto e il candidato del Pd Andrea Bernardini ha perso. Un risultato inatteso, storico.

Dice Francesco Ruscelli, segretario provincial­e del Pd: «Vero, non dobbiamo dare per scontato nulla. Detto questo, non credo neppure che le identità siano sparite. La nostra non è data solo dall’antifascis­mo ma dal modello Toscana, una regione con una sanità radicata sul territorio e con una buona qualità della vita e dei servizi. L’apprezzame­nto ad esempio dell’operato di Rossi per gestire la pandemia è molto diffuso». Già Rossi, perché il Pd lo ha messo tra parentesi? «Credo che avrebbe potuto essere valorizzat­o di più il lavoro fatto in questi dieci anni dalle giunte di Rossi che sono stati buoni esempi di buon governo toscano», risponde.

«Buon governo? Ma se Arezzo è rimasta ferma... Dalla Due Mari alla E45 da Terni a Cesena non si è fatto nulla. Siamo sconnessi con il resto della Toscana e del Paese», polemizza Marco Casucci, capolista della Lega e consiglier­e uscente. Gli fa eco il sindaco Cornioli: «La nostra periferici­tà dipende anche dalla mancanza di strade e ferrovie adeguate». Sansepolcr­o è il capoluogo della Valtiberin­a, 30 mila abitanti e sette Comuni,

nessuno guidato dal centrosini­stra, forse anche per un senso diffuso di emarginazi­one dal resto della Toscana. Non a caso a Badia Tebalda e a Sestino, i due Comuni di confine con la Romagna e le Marche, la Lega nel 2019, alle Europee, ha stravinto con il 47,07 e il 52,5 per cento.

Le aeree interne sono un punto dolente per la sinistra. «Per questo ho presentato il progetto Custodi dell’Appennino: un aiuto ai giovani per rimanere o ritornare in montagna con compiti di presidio e vigilanza del territorio, cui riconoscer­e un’integrazio­ne annua di 10 mila euro al reddito percepito», propone l’assessore uscente Vincenzo Ceccarelli. Altro tema prioritari­o è quello della sanità: «Girando per il collegio avverto apprezzame­nto per come la

Regione ha gestito la pandemia ma anche la richiesta di servizi sanitari di base per evitare che i borghi si spopolino», sottolinea Lucia De Robertis, capolista del Pd e consiglier­e uscente.

Lavoro, turismo e commercio sono infine le priorità avanzate da Confcommer­cio a tutti i candidati di un collegio dove, a partire da Arezzo, si percepisce Firenze come lontana. Ostile. «Di noi si interessan­o poco anche in campagna elettorale…», polemizza il sindaco di Sansepolcr­o. Anche per questo l’ex presidente di Confindust­ria Andrea Fabianelli, industrial­e della pasta, non avrebbe visto male un presidente aretino, tipo Ceccarelli o comunque «uno in grado di gestire un’azienda come la Regione».

Mentre la Lega e il centrodest­ra sognano la spallata («La gente vuole cambiare», osserva Casucci), la presidente regionale di Confcommer­cio, l’aretina Anna Lapini, apre a Giani: «Vero, c’è voglia di cambiament­o ma Giani continua ad avere molto riscontro positivo: è una persona che piace agli imprendito­ri. La partita è aperta».

Sì, proprio così: partita aperta. Alla fine del nostro viaggio elettorale, sono proprio queste le parole che meglio ne racchiudon­o il senso. Oppure «testa a testa», come sintetizza l’ex sindaco di Sestino Marco Renzi, «in cui nelle periferie vince la destra, nei grandi centri la sinistra».

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Vincenzo Ceccarelli
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Filippo Boni
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Anna Lapini
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Mauro Cornioli
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Marco Casucci
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Simbolo Piazza Garibaldi a Sansepolcr­o, Comune simbolo dell’inclinazio­ne post ideologica dell’Aretino

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