Se vince il Sì la Toscana perde 20 parlamentari e risparmia 3,5 milioni di euro
Lo studio dell’Istituto Cattaneo: con l’approvazione della riforma alla Camera si passerebbe da 38 a 24 seggi e al Senato da 18 a 12
Se vincesse il Sì al referendum sul taglio dei parlamentari, la Toscana si ritroverebbe con un terzo degli eletti in meno e con un risparmio per le casse dello Stato di circa 3,5 milioni di euro l’anno. A deciderlo saranno gli italiani, chiamati al voto referendario — oltre che a quelli per le Regionali e per le Comunali — che si terrà domenica e lunedì.
Secondo uno studio dell’Istituto Cattaneo, in caso di vittoria del Sì la Toscana vedrebbe tagliati numerosi seggi parlamentari: oggi sono 56, con la riforma — e a legge elettorale vigente, che però dovrà essere necessariamente armonizzata al nuovo scenario senza per questo alterare molto la stima — diventerebtime bero 36. In particolare, alla vittoria del Sì corrisponderebbe in Toscana una diminuzione di 14 eletti alla Camera (dove si passerebbe dagli attuali 38 seggi a 24) e di 6 eletti al Senato (dove si passerebbe dagli attuali 18 seggi disponibili a 12).
Per quanto riguarda i costi, in considerazione dello stipendio medio mensile dei parlamentari che si attesta sui 15 mila euro, si arriverebbe a un risparmio statale di circa 300 mila euro al mese e dunque di circa 3,5 milioni di euro l’anno. Queste cifre sono confermate anche da Andrea Quartini, consigliere regionale uscente del Movimento Cinque Stelle e candidato alle elezioni regionali per un secondo mandato, che nelle ulsettimane ha concentrato molte energie della sua battaglia elettorale per perorare la causa del Sì. «Sono cifre ragguardevoli — dice Quartini — con quel risparmio sarebbe possibile finanziare tutta una serie di politiche rivolte all’aiuto dei disabili. Tuttavia le ragioni del risparmio sono solo secondarie rispetto a quelle di merito».
Già, le ragioni di merito: il consigliere M5S sa bene che il suo partito è l’unico a sostenere in maniera compatta il Sì. E sente crescere il fronte del no, pur sparso un po’ in tutti gli altri partiti nonostante le diverse indicazioni dei leader. È il caso dei colleghi di governo (nazionale) del Pd, che anche in Toscana — nonostante la linea dettata dal segretario Nicola Zingaretti — hanno messo in piedi una serie di iniziative e prese di posizione contrarie alla riforma.
Sono molti i militanti e i dirigenti Dem che in questi giorni confessano che nel segreto dell’urna voteranno No. Non è un caso che Silvio Berlusconi e Matteo Renzi lascino ai propri partiti (Forza Italia e Italia Viva) libertà di scelta sul quesito, così come hanno chiesto fosse deciso per il proprio partito anche Vannino Chiti ed Enrico Rossi. Il loro appello, però, è rimasto inascoltato dalla direzione Pd. Infine Lega e Fratelli d’Italia, che sono altrettanto tiepidi nel prendere convintamente una parte: al Sì quasi disinteressato di Matteo Salvini, corrisponde la dissidenza pubblica del numero due del Carroccio Giancarlo Giorgetti e di molti militanti attratti dall’effetto che il No potrebbe avere sulla tenuta del governo; la stessa tentazione che in queste ore stuzzica Giorgia Meloni.