L’intervista De Raffaele, il coach con vista dalla laguna «Com‘è triste scoprire che non ci siamo più»
Allena a Venezia da dieci anni ma un occhio alla sua Livorno lo continua a rivolgere, Walter De Raffaele, l’allenatore più vincente del basket italiano degli ultimi anni. Affezionato non solo alle vicende cestistiche, in particolare della Libertas con cui ha giocato la discussa finale del 1989 contro la Philips Milano, ma anche agli amaranto del calcio. Partito dallo scoglio — ispirato dai maestri della scuola livornese e da Alberto Bucci — non poteva che festeggiare il suo primo scudetto in serie A, nel 2017, con un tuffo nel Canal Grande. L’anno dopo la sua Reyer ha trionfato in Europe Cup e al momento detiene sia lo scudetto (quello 2019) che la Coppa Italia, alzata a febbraio.
Questa sera alle 18 il coach 51enne disputerà la semifinale di Supercoppa italiana contro Milano. Alla competizione, che celebra i 50 anni della Lega Basket, hanno partecipato tutte le squadre della prossima serie A. Tra queste non c’è nemmeno una formazione toscana, ormai fuori dalla pallacanestro di vertice dopo l’autoretrocessione in A2 di Pistoia dello scorso 15 giugno.
De Raffaele, lo sa che non accadeva da 39 anni?
«La considerazione da fare è che purtroppo il tessuto economico della Toscana non ha permesso di sostenere nemmeno una squadra in serie A. Pistoia c’era, ma dopo il Covid ha dovuto rinunciarci e in giro vedo pochi tentativi e possibilità di programmare una crescita».
Le colpe di chi sono?
«Non voglio parlare di colpe, credo che sia legato più ai soldi che alle capacità dei dirigenti».
La sostanza non cambia.
«Già, ed è un dispiacere perché la Toscana, se non il traino, è stata un punto di riferimento del basket italiano. In Toscana c’è grande fermento nelle serie inferiori, ma non avere nessuno al vertice fa male».
Esiste anche un problema di impianti?
«Non lo metto tra i problemi principali: a Livorno c’è un palazzetto in cui si potrebbe giocare l’Eurolega eppure si riesce a fare poco ad alto livello».
A Pistoia ha giocato e poi ci è tornato molte volte da avversario:
Il Mandela Forum in attesa di una squadra toscana in serie A
che idea si è fatto della decisione di scendere in A2?
«Il legame con Pistoia è forte e nutro stima per la società, che è stata il baluardo toscano degli ultimi anni. Mi metto nei panni dei tifosi, delusi dopo sette anni di serie A, ma comprendo anche il club che sarebbe stato costretto a un campionato di grandi difficoltà e ha scelto di fare un passo indietro garantendosi continuità nel tempo».
Con il senno di poi, visto quello che hanno fatto Cremona e Roma, non sarebbe stato meglio aspettare?
«Non entro nel merito delle motivazioni, però preoccuparsi
di mantenere gli impegni presi è sintomo di serietà».
Quest’estate comunque qualcosa si è mosso: la Libertas Livorno si è riaffacciata a un campionato nazionale, la serie B, e la Mens Sana giocherà in C.
«Ho seguito soprattutto la vicenda della Libertas, conosco i protagonisti del nuovo corso del presidente Roberto Consigli. Sono contento perché hanno in mano qualcosa di ambizioso che ha risvegliato entusiasmo: hanno acquisito un titolo di B e vogliono fare cose importanti con una programmazione seria».
In B c’è anche la San Giobbe Chiusi, società giovane e satellite della Reyer che il patron Luigi Brugnaro (sindaco di Venezia e proprietario di una tenuta agricola nel senese) vorrebbe portare in A2…
«Sinceramente è il progetto più interessante che vedo in Toscana. E non lo dico perché è legato alla società dove alleno. Chiusi ha delle basi e un programma solido e vista la possibilità di investire anche reali margini di crescita».
Tifa Livorno anche nel calcio?
«Certo, anche se a distanza. La retrocessione in C è stata una delusione però negli anni ho osservato un particolare fenomeno: a periodi brutti nel calcio seguivano belle stagioni di basket. Vedremo se la regola sarà confermata, anche se sarebbe meglio tornare a gioire per entrambe».
Con Venezia partite di nuovo per vincere in Italia e in Europa?
«Vogliamo essere protagonisti in tutte le manifestazioni: lo dobbiamo alla credibilità che ci siamo guadagnati. Ci metteremo nelle condizioni di provare a vincere e per farlo abbiamo deciso di confermare gran parte della squadra, poi sappiamo che non dipende solo da noi».
Pensa mai di tornare ad allenare in Toscana?
«Assolutamente sì, il resto della mia famiglia è a Livorno e mi piacerebbe chiudere la carriera a casa o comunque in zona. Sono una persona concreta, non di immagine, per me contano i fatti e non i proclami: non è detto che qualcosa di serio, seppure in una categoria inferiore, sia meno allettante della A».
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Vedo fermento nelle serie inferiori. Tenete d’occhio la nostra Chiusi: è un progetto interessante e molto solido