Renzi, Salvini, Zingaretti: tutti al crocevia
LA PAURA DEL PD E L’ASSALTO DI SALVINI IL TEST PER RENZI E IL DUELLO POPULISTA TANTI DESTINI IN BILICO FINO A DOMANI
Dubbi a sinistra Se i Democratici dovessero vincere, si farebbero qualche domanda su come è cambiata la regione? Qui non sono i grillini a svolgere una funzione antisistema, ma i sovranisti Quanto crescerà Fratelli d’Italia?
Eugenio Giani e Susanna Ceccardi giocano una partita che non è più soltanto loro: dai risultati di domani dipendono le sorti del Nazareno e quelle del centrodestra a trazione sovranista (ma ormai non quelle del governo). L’incrocio col referendum
La Toscana è diventata improvvisamente la madre di tutte le elezioni regionali, come s’è capito in questi giorni con la massiccia presenza dei leader nazionali di tutti i partiti. Dalla Lega al Pd. La posta in gioco è alta (soprattutto per il centrosinistra), vediamo perché.
La partita del Pd
Il centrosinistra ha comprensibilmente molta paura per quel che potrebbe accadere in questa regione, che è uguale a tutte le altre e può essere definita una regione ex rossa (non da adesso, peraltro). In questi anni, gli unici a non averlo capito, mentre gli elettori nel frattempo regalavano città su città al centrodestra (Arezzo, Pisa, Siena, Massa, Grosseto, Pistoia, ne cito solo alcune), sono stati i dirigenti del Pd toscano.
Probabilmente, se il centrosinistra dovesse vincere le elezioni (cosa possibile), nessuno di loro si interrogherebbe sul mutamento sociale ed economico di una regione che non cresce più. Al centrosinistra, toscano e nazionale, non interessa un cambiamento ma posticipare di cinque anni la sconfitta. Non interessa capire le ragioni di una progressiva perdita di peso politico e di senso in tutta la regione, ma passare la nottata del 20 e 21 settembre, magari con qualche appello al popolo sull’antifascismo, che poco c’entra con questa competizione elettorale.
Quella del centrodestra
Matteo Salvini ha insistito molto per ottenere la candidatura in Toscana e ha così imposto una sua donna di fiducia, Susanna Ceccardi, che ha scontato all’inizio la diffidenza degli alleati, che la consideravano troppo estremista (secondo i moderati di Forza Italia) e troppo pisanocentrica (secondo Fratelli d’Italia). Poi le cose sono cambiate e la campagna elettorale è stata impostata in maniera diversa rispetto all’Emilia-Romagna, dove la presenza di Salvini era così assidua in campagna elettorale che a un certo punto non si capiva più chi era il candidato fra lui e Lucia Borgonzoni.
La vittoria del centrodestra, tutt’altro che scontata, avrebbe un impatto anche a livello nazionale. Non sul governo, al quale si continuerebbero ad aggrappare Pd e Cinque Stelle, ma sullo stesso Pd, che rischia di essere il principale sconfitto di questa tornata elettorale. Anche in caso di vittoria del Sì al referendum costituzionale, il vincitore non sarebbe il Pd con le sue timide posizioni favorevoli al taglio del numero dei parlamentari, ma il Movimento Cinque Stelle. La riduzione del numero di deputati e senatori sarebbe la più grande vittoria politica di un partito che ha puntato fin da quando è nato sull’anti-casta.
I conti di Italia Viva
Italia Viva adesso punta a fare l’ago della bilancia, non solo in Toscana (in Puglia potrebbe essere determinante per far perdere Michele Emiliano). Le aspettative dunque sono state ridimensionate. I renziani hanno dovuto rivedere le ambizioni del 10 per cento e ora dicono, sempre sottovoce, di mirare al 7-8 per cento massimo, ma già sarebbe un grosso risultato. Certo è che se il risultato fosse ampiamente sotto il 10 sarebbe una brutta sconfitta per Matteo Renzi, che in casa sua si gioca la faccia. Il che lo porterebbe a rivalutare la tempistica dell’operazione, che aveva senso nel 2012 — dopo la sconfitta con Bersani, ma si parlò solo di lui, il «vincitore morale» — e nel 2014, quando portò il Pd al 40,8 per cento.
E il populismo?
Cinque anni fa i grillini presero il 15 per cento. Alle elezioni politiche del 2018 il 24,7, sotto la media nazionale. Alle europee del 2019 il 12,7. Questa non è la loro regione. Il caso di Livorno fu, appunto, un caso. Stavolta potrebbero scendere sotto il dieci. Il voto di protesta viene raccolto da altri partiti. Non sono dunque i grillini a svolgere una funzione anti-sistema, in Toscana, ma i sovranisti (specie se a queste elezioni regionali dovesse crescere anche Fratelli d’Italia). I grillini però potrebbero rallegrarsi non poco con il referendum costituzionale, grazie anche al contributo straordinario del Pd che ha fatto campagna elettorale per la Casaleggio Associati. Il trionfo della subalternità culturale.