Corriere Fiorentino

Renzi, Salvini, Zingaretti: tutti al crocevia

LA PAURA DEL PD E L’ASSALTO DI SALVINI IL TEST PER RENZI E IL DUELLO POPULISTA TANTI DESTINI IN BILICO FINO A DOMANI

- Di David Allegranti

Dubbi a sinistra Se i Democratic­i dovessero vincere, si farebbero qualche domanda su come è cambiata la regione? Qui non sono i grillini a svolgere una funzione antisistem­a, ma i sovranisti Quanto crescerà Fratelli d’Italia?

Eugenio Giani e Susanna Ceccardi giocano una partita che non è più soltanto loro: dai risultati di domani dipendono le sorti del Nazareno e quelle del centrodest­ra a trazione sovranista (ma ormai non quelle del governo). L’incrocio col referendum

La Toscana è diventata improvvisa­mente la madre di tutte le elezioni regionali, come s’è capito in questi giorni con la massiccia presenza dei leader nazionali di tutti i partiti. Dalla Lega al Pd. La posta in gioco è alta (soprattutt­o per il centrosini­stra), vediamo perché.

La partita del Pd

Il centrosini­stra ha comprensib­ilmente molta paura per quel che potrebbe accadere in questa regione, che è uguale a tutte le altre e può essere definita una regione ex rossa (non da adesso, peraltro). In questi anni, gli unici a non averlo capito, mentre gli elettori nel frattempo regalavano città su città al centrodest­ra (Arezzo, Pisa, Siena, Massa, Grosseto, Pistoia, ne cito solo alcune), sono stati i dirigenti del Pd toscano.

Probabilme­nte, se il centrosini­stra dovesse vincere le elezioni (cosa possibile), nessuno di loro si interroghe­rebbe sul mutamento sociale ed economico di una regione che non cresce più. Al centrosini­stra, toscano e nazionale, non interessa un cambiament­o ma posticipar­e di cinque anni la sconfitta. Non interessa capire le ragioni di una progressiv­a perdita di peso politico e di senso in tutta la regione, ma passare la nottata del 20 e 21 settembre, magari con qualche appello al popolo sull’antifascis­mo, che poco c’entra con questa competizio­ne elettorale.

Quella del centrodest­ra

Matteo Salvini ha insistito molto per ottenere la candidatur­a in Toscana e ha così imposto una sua donna di fiducia, Susanna Ceccardi, che ha scontato all’inizio la diffidenza degli alleati, che la considerav­ano troppo estremista (secondo i moderati di Forza Italia) e troppo pisanocent­rica (secondo Fratelli d’Italia). Poi le cose sono cambiate e la campagna elettorale è stata impostata in maniera diversa rispetto all’Emilia-Romagna, dove la presenza di Salvini era così assidua in campagna elettorale che a un certo punto non si capiva più chi era il candidato fra lui e Lucia Borgonzoni.

La vittoria del centrodest­ra, tutt’altro che scontata, avrebbe un impatto anche a livello nazionale. Non sul governo, al quale si continuere­bbero ad aggrappare Pd e Cinque Stelle, ma sullo stesso Pd, che rischia di essere il principale sconfitto di questa tornata elettorale. Anche in caso di vittoria del Sì al referendum costituzio­nale, il vincitore non sarebbe il Pd con le sue timide posizioni favorevoli al taglio del numero dei parlamenta­ri, ma il Movimento Cinque Stelle. La riduzione del numero di deputati e senatori sarebbe la più grande vittoria politica di un partito che ha puntato fin da quando è nato sull’anti-casta.

I conti di Italia Viva

Italia Viva adesso punta a fare l’ago della bilancia, non solo in Toscana (in Puglia potrebbe essere determinan­te per far perdere Michele Emiliano). Le aspettativ­e dunque sono state ridimensio­nate. I renziani hanno dovuto rivedere le ambizioni del 10 per cento e ora dicono, sempre sottovoce, di mirare al 7-8 per cento massimo, ma già sarebbe un grosso risultato. Certo è che se il risultato fosse ampiamente sotto il 10 sarebbe una brutta sconfitta per Matteo Renzi, che in casa sua si gioca la faccia. Il che lo porterebbe a rivalutare la tempistica dell’operazione, che aveva senso nel 2012 — dopo la sconfitta con Bersani, ma si parlò solo di lui, il «vincitore morale» — e nel 2014, quando portò il Pd al 40,8 per cento.

E il populismo?

Cinque anni fa i grillini presero il 15 per cento. Alle elezioni politiche del 2018 il 24,7, sotto la media nazionale. Alle europee del 2019 il 12,7. Questa non è la loro regione. Il caso di Livorno fu, appunto, un caso. Stavolta potrebbero scendere sotto il dieci. Il voto di protesta viene raccolto da altri partiti. Non sono dunque i grillini a svolgere una funzione anti-sistema, in Toscana, ma i sovranisti (specie se a queste elezioni regionali dovesse crescere anche Fratelli d’Italia). I grillini però potrebbero rallegrars­i non poco con il referendum costituzio­nale, grazie anche al contributo straordina­rio del Pd che ha fatto campagna elettorale per la Casaleggio Associati. Il trionfo della subalterni­tà culturale.

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1 Marco Barzanti (Partito Comunista Italiano)
2 Salvatore Catello (Partito comunista)
3 Susanna Ceccardi (Toscana civica per il cambiament­o, Forza Italia – Udc, Fratelli d’Italia, Lega Salvini Premier)
4 Tommaso Fattori (Toscana a sinistra)
5 Irene Galletti (Movimento Cinque Stelle)
6 Eugenio Giani (Sinistra Civica ecologista, Partito Democratic­o, Svolta!, Europa verde progressis­ta civica, Italia viva – Più Europa, Orgoglio Toscana)
7 Tiziana Vigni (Movimento 3V Libertà di scelta)
1 1 Marco Barzanti (Partito Comunista Italiano) 2 Salvatore Catello (Partito comunista) 3 Susanna Ceccardi (Toscana civica per il cambiament­o, Forza Italia – Udc, Fratelli d’Italia, Lega Salvini Premier) 4 Tommaso Fattori (Toscana a sinistra) 5 Irene Galletti (Movimento Cinque Stelle) 6 Eugenio Giani (Sinistra Civica ecologista, Partito Democratic­o, Svolta!, Europa verde progressis­ta civica, Italia viva – Più Europa, Orgoglio Toscana) 7 Tiziana Vigni (Movimento 3V Libertà di scelta)
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