«Salviamo la cura del plasma, disinteresse e silenzi la frenano»
L’appello dell’infettivologo Menichetti agli ospedali: aiutateci
❞ Il problema è che dei 76 centri italiani che dovevano partecipare alla sperimentazione solo 15 si sono attivati e solo 8 hanno già arruolato pazienti e di questi 7 sono toscani
Un appello perché non venga dimenticata la cura del plasma contro il coronavirus. A lanciarlo è il professor Francesco Menichetti, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale universitario di Pisa, responsabile della sperimentazione nazionale «Tsunami», voluta dall’Istituto superiore di Sanità per verificare l’efficacia della terapia. «È una situazione kafkiana — dice Menichetti — C’è un silenzio assordante attorno a “Tsunami”. Persino Pavia e Mantova, che hanno fatto strillato tanto sulla cura del plasma, ora non sembrano avere più alcun interesse». Il riferimento è al clamore con cui, la scorsa primavera, furono accolte in tutta Italia le esternazioni di Giuseppe De Donno, pneumologo dell’ospedale di Mantova, riguardo a un presunto complotto per ostacolare la terapia. Tanto più che proprio De Donno accusò l’Istituto Superiore di Sanità di volergli mettere il bastone tra le ruote, quando il protocollo Menichetti,
ritenuto più accurato, fu scelto per come linea guida per la sperimentazione nazionale.
Ora l’infettivologo pisano si sente solo: «Dopo che la nostra sperimentazione interna si era arenata perché a maggio non avevamo più ammalati, abbiamo dovuto aspettare il 15 luglio per poter arruolare la prima paziente della sperimentazione nazionale — dice Menichetti — Ora siamo ripartiti con vigore, abbiamo arruolato 34 pazienti. Il problema è che dei 76 centri italiani che dovevano partecipare a “Tsunami”, solo 15 si sono attivati. E soltanto 8 hanno già arruolato pazienti: 7 sono toscani, così in pratica la sperimentazione nazionale è tornata regionale. O quasi, visto che fuori c’è solo il Niguarda di Milano che è attivo. E non solo Pavia e Mantova sono ferme, ma persino lo Spallanzani di Roma, pur essendo già attivo, non ha arruolato pazienti».
Se De Donno, la scorsa primavera, aveva affermato che il plasma era una cura risolutiva contro il Covid, anche se si trattava di una primo trial, ora che invece “Tsunami” è una sperimentazione rigorosa e articolata, con tanto di gruppi di confronto, Menichetti sceglie la prudenza dello scienziato e continua a non sbilanciarsi e ad attendere i dati finali: «Posso dire soltanto che le sensazioni non sono negative». Ma il medico pisano striglia soltanto i colleghi di altri ospedali: «Per rendere più semplice questa sperimentazione servirebbe una semplificazione delle estenuanti regole amministrative che ci troviamo ad affrontare. E bisognerebbe che cessasse il silenzio assordante dei centri sangue, compresi quello nazionale e quello toscano: da molto tempo, non vengono più lanciati appelli ai convalescenti da Covid a donare il sangue. Così diventa difficile trovare le necessarie sacche di plasma da dare ai pazienti».
Per ragioni di privacy, le autorità sanitarie possono infatti contattare direttamente solo i guariti dal Covid che sono stati ricoverati in ospedale, ma non quelli che hanno fatto la degenza a domicilio. Per questo motivo, gli appelli pubblici alle donazioni rivolte a tutti i guariti diventano essenziali.