Rarità geniali
Il suono di Beethoven Tre fortepiani per cinque concerti
Come suonava la musica di Beethoven alle orecchie dei suoi contemporanei? Una Sonata o una Bagatella che sia, siamo abituati ad ascoltarle ricreate dalle sonorità di un pianoforte, che come lo conosciamo adesso però non esisteva proprio in quegli anni: lo strumento a tastiera prediletto, usato da Beethoven, Schubert, Schumann, e prima ancora da Mozart, si chiamava invece fortepiano.
È il nome col quale si indica il pianoforte nei suoi primi 130 anni di vita, dal 1700 al 1830. Il progenitore del pianoforte, ma assai differente da questo perché interamente costruito in legno, dotato di corde di ferro e di martelletti, che le percuotono, ricoperti di pelle anziché di peltro; e soprattutto, munito di una voce più delicata, dal volume sonoro più contenuto ma capace di un’incredibile ricchezza di sfumature. Lo inventò Bartolomeo Cristofori, artigiano padovano, che lo costruì per il gran principe Ferdinando de’ Medici, a Firenze. E proprio qui, nel 1989, è sorta l’Accademia Bartolomeo Cristofori (nota anche come ABC), che da allora è diventata una sorta di tempio del fortepiano, acquistando un prestigio che l’ha resa nota in tutto il mondo: luogo di conservazione e di restauro, ma anche di concerti per valorizzare il repertorio e la prassi esecutiva legati a questo strumento. Sui fortepiano lì custoditi hanno suonato leggende come Rosalyn Tureck, Jörg Demus, Paul Badura-Skoda, e negli anni l’ABC si è fatta artefice di importanti iniziative: nel 2016 realizzò, con il Maggio, l’esecuzione di tutte le 32 Sonate di Beethoven su 5 esemplari di fortepiano differenti. Dopo lo stop imposto dall’emergenza covid, l’Accademia riprende l’attività nella sua sede (via di Camaldoli 7), presentando, in un auditorium dai posti contingentati e distanziati, 5 concerti, da stasera al 22 dicembre. Una programmazione giocoforza ripensata e concentrata, ma tutt’altro che scontata e priva di interesse: è un omaggio a Beethoven, a 250 anni dalla nascita che cade quest’anno, reso con pagine di rarissima esecuzione concertistica. E con protagonisti tre distinti fortepiano: quelli costruiti da Conrad Graf (i modelli op. 362 e op. 1041) e da Wilhelm Lange.
«Tre strumenti scelti perché si addicono al contesto storico e allo stile delle composizioni presentate di volta in volta. Senza però essere pedanti: l’importante è ricreare l’atmosfera dell’epoca in cui Beethoven le scrisse», spiega Stefano Fiuzzi, anima e direttore artistico dell’ABC. «Sono inoltre particolarmente orgoglioso che a suonare in gran parte ci saranno miei allievi: Sebastiano Mesaglio avvierà quest’omaggio a Beethoven, e sarà la prima volta che suonerà a Firenze». Per Mesaglio un programma di rarità che di Beethoven accosta pagine giovanili, la Fantasia op. 77, un unicum per la sua «scrittura molto libera, ricca di contrasti», le Bagatelle op. 126, gioiello della maturità: «pagine alle quali si presta bene il fortepiano op. 362 costruito dal viennese Graf, uno degli esemplari più antichi fra quelli conosciuti. A caratterizzarlo è un suono brillante, argentino»; ed è lo stesso che si ascolterà con Ludovica Vincenti, alle prese con un bel programma fra le altre Bagatelle e le Variazioni «Eroica».
Sonorità più piene, dalle «morbidezze quasi romantiche», sono invece quelle dell’altro Graf, l’op. 1041, scelto da Jin Ju per ricreare le monumentali Variazioni Diabelli. «Beethoven amava gli strumenti di Graf, ne ebbe diversi. Graf gli fornì anche un fortepiano con un’accordatura particolare, che ne accresceva la sonorità, rendendogli così più tollerabile la sordità», racconta Fiuzzi. Il fortepiano costruito da Lange, anche lui viennese, entra in scena con l’interessante concerto che il Duo Pianistico di Firenze dedica a Carl Czerny, l’allievo più importante e l’amico più fedele di Beethoven: in programma anche la trascrizione che Czerny fece della Sinfonia Pastorale del maestro, qui affidata «a una dinamica robusta e a un’estensione che avvicinano questo fortepiano al pianoforte romantico». L’ultimo concerto svela, infine, un Beethoven inedito, autore di pagine destinate all’insolito connubio di mandolino e fortepiano, suonati da Dorina Frati, primo mandolino dell’Orchestra della Scala, e dallo stesso Fiuzzi al Graf op. 1041. «Un modo per concludere con toni leggeri questo percorso, svolto grazie agli strumenti che hanno accompagnato Beethoven durante la sua vita creativa. E il fortepiano ci insegna che il suono rimane sempre legato in maniera intima alla sostanza più profonda della musica».