«Agli ospedali non resta più tanto tempo, subito lockdown mirati per evitare il crac»
L’immunologo Romagnani: si sono moltiplicati i contagiati asintomatici sfuggiti al tracciamento. A giorni l’aumento sarà del tutto incontrollato
❞Il 15 agosto scorso l’immunologo Sergio Romagnani con un editoriale sul Corriere Fiorentino lanciava l’allarme: «I contagi sono in rialzo, attenzione». A due mesi da quell’allarme i contagi in Toscana sono quintuplicati e anche i ricoveri ora cominciano a preoccupare. «La curva va fermata, ai nostri ospedali serve respiro. O si ferma il contagio o tra qualche settimana la pressione sarà insostenibile». Romagnani auspica ora misure ben più severe rispetto all’ultimo Dpcm del governo: «Servono lockdown mirati, la chiusura di tutte le attività non essenziali e blocchi localizzati come furono fatti a Vò Euganeo e Codogno. La Regione deve fare subito un’ordinanza ».
Con il professor Sergio Romagnani ci eravamo lasciati il 15 agosto scorso quando proprio su questo giornale lanciava l’allarme: «I contagi stanno riprendendo, non vanifichiamo il vantaggio accumulato».
Professore, l’allarme è caduto nel vuoto. Come siamo arrivati fin qui?
«Purtroppo questa è la realtà che poteva e doveva essere prevista. I principali responsabili della situazione attuale sono tre: 1) i molti nostri concittadini che hanno eluso le indicazioni di non creare assembramenti e che in tanti casi hanno anche evitato di usare le mascherine; 2) i politici che hanno gettato al vento almeno tre mesi di tregua concessi dal lockdown, evitando di progettare per tempo misure idonee a prevenire o attenuare l’inevitabile ripresa dei contagi; 3) i molti miei colleghi (clinici o scienziati), divisi in due schiere (allarmisti e riduzionisti) come se si trovassero di fronte a una disputa ideologica, anziché all’esame accurato di evidenze scientifiche».
I tamponi fatti ogni giorno in Toscana sono stati più che triplicati rispetto ad aprile. Perché allora così tanta preoccupazione sul tracciamento dei casi?
«Il tracciamento era uno dei meccanismi fondamentali e doveva basarsi sulla ricerca dei focolai emergenti attraverso l’impiego dell’app Immuni e l’uso di grandi numeri di tamponi da effettuare non solo sui sintomatici, come venne fatto all’inizio dell’epidemia a causa delle indicazioni erronee dell’Oms e anche per la carenza dei reagenti necessari. Come da me previsto nell’ultimo mio articolo sul
Corriere Fiorentino, nel quale giudicavo il sistema app Immuni irrealizzabile in un paese tuttora poco preparato all’uso di strumenti telematici quale l’Italia, questa modalità di prevenzione è fallita, perché è stato estremamente basso il numero delle persone che hanno scaricato l’app rispetto a quello richiesto per il suo corretto funzionamento. Il numero dei tamponi per identificare i contagiati asintomatici è invece nettamente aumentato ma non abbastanza da continuare a consentire di tracciare tutti i casi e restringere le possibili fonti di contagio adesso che il numero dei soggetti positivi è ormai superiore a 10 mila al giorno».
Professore, quali rischi corriamo ora?
«I contagiati asintomatici non evidenziati dalla ricerca si sono moltiplicati e il cosiddetto contact tracing è sfuggito di mano tanto che esso è, a mio avviso, ormai fuori controllo. I contagiati asintomatici non tracciati hanno fatto sì che il numero dei contagi anziché rimanere stazionario o crescere in maniera lineare, come quest’estate, abbia cominciato a crescere in maniera esponenziale, cioè con una velocità sempre maggiore. Questo ha provocato anche nelle regioni dove il rischio era stato finora molto ridotto, una forte crescita dei nuovi contagi in grande maggioranza asintomatici. Si sono così create delle masse critiche di portatori del virus che inevitabilmente nelle prossime settimane saranno causa di un aumento del numero dei malati e quindi dei ricoveri in terapia intensiva e di conseguenza del numero dei morti. Ciò perché, nonostante le percentuali di queste due ultime categorie sembrino ancora relativamente basse, esse diventeranno sempre più elevate nelle prossime settimane con l’aumento incontrollato della massa critica di soggetti portatori del coronavirus».
Secondo le sue previsioni allora anche gli ospedali toscani potrebbero andare in difficoltà?
«Per ora stanno reggendo perché il numero dei casi che necessitano di un ricovero o il ricorso alle terapie intensive è ancora limitato, anche perché si tratta in gran parte di persone molto più giovani di quelle che si sono infettate in marzo e aprile, quando non avevamo ancora imparato a proteggere la parte più anziana della popolazione. Tuttavia, è certo che questo numero raggiungerà livelli insostenibili per i nostri ospedali se non verranno prese misure di contenimento immediate».
Sono ripresi i focolai nelle Rsa che la Regione da alcuni giorni ha blindato. Misura non replicata per gli ospedali. Scelta corretta?
«La blindatura delle Rsa era assolutamente doverosa. Ritengo che debba essere effettuata anche per gli ospedali come avvenne a marzo. In tutti gli ospedali della nostra regione devono entrare solo i pazienti e il personale addetto».
Secondo lei le ultime misure adottate dal governo sono sufficienti?
«No, perché sono il risultato di un compromesso tra l’interesse della salute pubblica e gli interessi economici e, così come è stato concepito, questo Dpcm rappresenta un errore strategico, perché non tiene conto delle diverse situazioni epidemiologiche delle regioni e delle città. I luoghi dove esiste la maggiore possibilità di contagio sono quelli dove si verificano assembramenti per scopo ludico (ristoranti, bar, palestre, piscine, giochi amatoriali di gruppo), nonché i mezzi di trasporto pubblici, ma anche alcuni ambienti di lavoro e le scuole. Ovviamente, in situazioni di emergenza, è preferibile rinunciare agli aspetti ludici e organizzare meglio i trasporti pubblici piuttosto che rinunciare a mantenere aperti gli ambienti dove si svolgono le attività produttive e l’istruzione».
Il professor Andrea Crisanti sul «Corriere» di sabato auspicava un nuovo lockdown. È d’accordo?
«Questo rappresenta il punto critico fondamentale. Il professor Crisanti ha formulato l’ipotesi di un lockdown nazionale natalizio. Io ritengo che attendere fino alla fine di dicembre rappresenterebbe una misura tardiva. Secondo me si dovrebbe utilizzare una strategia diversa: servono, ma immediatamente, lockdown mirati, localizzati, e magari per un periodo di tempo ridotto (per esempio 15 giorni, come hanno fatto di recente in Israele). Possiamo chiamarli con un termine differente, per esempio “reset”, in modo che la gente comprenda che si tratta di una misura diversa da quella del marzo scorso e che è necessaria per evitare scenari peggiori, quale un lockdown esteso. Questo significa che i luoghi con numero più elevato di contagi (paesi, quartieri o città) dove non si è più in grado di effettuare un adeguato, anche nella nostra Toscana, devono sospendere immediatamente tutte le attività non indispensabili nelle quali non sia possibile effettuare un distanziamento adeguato e che costringono a una mobilità elevata, con la istituzione di controlli rigorosi da parte della forza pubblica. Queste restrizioni forzate, ma parziali, consentiranno un “reset” della situazione riportando i numeri dei contagiati giornalieri su livelli accettabili. A quel punto si potrebbero prendere con serenità le possibili ulteriori misure. Tanto prima si partirà con queste restrizioni là dove servono e minori saranno le restrizioni che dovremo subire dopo e per minor tempo. Solo con dei lockdown parziali, ma immediati, sarà possibile congelare l’alta circolazione attuale del virus e quindi scongiurare una seconda chiusura nazionale, che provocherebbe una vera e propria catastrofe economica e sociale».
Ma la sanità Toscana è senza timoniere da un mese...
«Sfortunatamente, la campagna elettorale e le elezioni regionali hanno fatto passare in secondo piano la programmazione di una prevenzione adeguata. Mi auguro che il presidente della Regione e l’assessore alla Sanità che sarà nominato non si trovino ad agire troppo tardi in una condizione che si sta avviando verso conseguenze gravissime. Serve subito un’ordinanza regionale che contenga misure più restrittive di quelle previste dal governo. Intendo dire che nel giro di pochi giorni deve essere prevista la chiusura di ogni attività non essenziale nei quartieri delle città e nei paesi a rischio molto elevato. Tra le attività essenziali vanno incluse la scuola primaria e tutte le attività lavorative in cui è possibile effettuare un distanziamento e rigorosi controlli. Tutto il resto deve essere sospeso e la gente incoraggiata a rimanere in casa quanto più possibile durante il periodo di “reset” anche a costo di ricorrere a veri e propri blocchi del tipo di quelli istituiti nel febbraio scorso a Codogno e a Vò Euganeo».