ALCUNI (PESSIMI) SEGNALI
Aun mese esatto dalle elezioni regionali era lecito attendersi qualcosa di più. Obiettivamente. Sinceramente.
Quasi qualunquemente, come direbbe Cetto. Di sicuro qualcosa di più del triste spettacolo andato in scena ieri in Consiglio regionale, e poco prima nell’altrettanto triste retrobottega delle riunioni sul filo di lana tra i partiti. Per esempio era lecito attendersi che i comprensibili, normali e necessari contatti tra le forze politiche del centrosinistra si fossero esauriti con un’intesa prima di entrare nell’aula del parlamento toscano. O, ancora per esempio, che il topolino partorito dalla montagna di parole e di veti incrociati non fosse una giunta a metà, solo fatta di nomi e non di deleghe con addirittura un posto lasciato vuoto: un seggiolone in attesa che Italia Viva decida cosa fare da grande. Il Partito democratico, a questo proposito, ci ha messo del suo non riuscendo, pur da una posizione di forza raramente vista prima — è maggioranza assoluta — a risolvere il sudoku delle alleanze, delle correnti e delle rappresentanze territoriali. D’altra parte ognuno ha la sua croce, o meglio il suo cruciverba. Nel mezzo Eugenio Giani che rischia seriamente di uscire dalla sua prima prova come il vaso di coccio anziché come il vero player della situazione. Inutile negarlo, il primo passo di Eugenio Giani è stato falso.
Fare una fatica sovrumana per poi limitarsi a elencare 7 assessori su 8 in attesa di aggiungere un posto a tavola e di affidare a ciascuno dei nominati un incarico, ha indicato plasticamente e drammaticamente da dove si è partiti. Cioè dai nomi e cognomi indipendentemente da quale sarà il ruolo di ciascuno, con buona pace delle capacità e delle competenze nei vari settori. Tutto infatti dipenderà da come ruoterà il caleidoscopio politico nei prossimi due giorni, aspettando, come al Palio di Siena, che il cavallo di rincorsa decida o meno di far cadere il canape dopo aver studiato bene le traiettorie e il suo miglior momento e posizionamento. Sarebbe da ingenui pensare che quella che si gioca nelle sale di Palazzo del Pegaso e di Palazzo Strozzi Sacrati sia una partita solo regionale. Sull’esito della formazione della giunta influiscono anche i rapporti di peso nazionale dentro il Pd e tra i Dem e il partito di Matteo Renzi, dunque gli equilibri nella maggioranza che sostiene il governo Conte. Ma una Regione importante come la Toscana non può pagare per tutti il conto salato di una situazione in cui è stato perso fin troppo tempo. Mentre si sfiorano i mille contagi giornalieri di Covid 19 il balletto attorno alla figura del prossimo assessore alla Sanità assume un sapore grottesco, lontano dalla giustificabile cautela e dalla necessaria riflessione su chi sia la persona più giusta ad assumersi tale responsabilità. Parola, quest’ultima, che può far paura come dimostra lo stintignare di molti sindaci di fronte a decisioni impopolari ma necessarie come quelle che, prima dell’ultimo Dpcm, richiede il quadro generale della pandemia. Ma che è anche la parola che i cittadini si attendono dalla politica ora. È stato eletto un governatore, a larga maggioranza e in forma diretta, ma la nascita del suo governo sembra avvenire in un’altra era, seguendo i riti peggiori (e non i migliori che comunque c’erano) della Prima Repubblica. Se Giani accetterà, anche per il futuro, questo schema che gli viene imposto a soffrirne potrebbero essere le grandi scelte che avremo tutti di fronte nei prossimi anni. Il Giani è il Giani, ha detto di sé il Presidente. È il momento di dimostrarlo. Perché la Toscana è la Toscana.