Così nascono i costumi dietro le quinte della Pergola e del Maggio
Un viaggio nel Laboratorio d’Arte del Teatro alla Pergola e nella sartoria del Teatro del Maggio: eccellenze al femminile
Si sale fin su in cima al palco. È così che si accede al Laboratorio d’Arte del Teatro alla Pergola, entrando dal civico 18. Solo gli addetti ai lavori, di solito, possono entrare a scoprire i segreti della messa in scena e dei costumi. Il Laboratorio sarà aperto in esclusiva per ApritiModa, progetto che oggi e domani apre gratuitamente al pubblico (prenotazione obbligatoria sul sito www.apritimoda.it) atelier, sartorie e realtà artigianali d’eccellenza in Italia.
In Toscana sono dodici i luoghi da scoprire mentre a Firenze — oltre ai nomi più noti e per la prima volta — ci saranno anche le sartorie del Maggio e della Pergola. Così si scoprono le pareti grezze del Laboratorio d’Arte, che raccontano il passato dello spazio (fino a sei anni fa laboratorio di scenografia) attraverso le firme dei grandi che ci hanno lavorato. Gli schizzi delle prove colore sui muri dialogano con le macchine da cucire, dalle cui postazioni si intravede, oltre i tetti, la cupola del Brunelleschi. Alla guida della macchina che crea artigianalmente i costumi e gli oggetti di scena che poi si ammirano sul palco, c’è Elena Bianchini. Fiorentina, laureata in Storia dell’arte con diverse esperienze nel mondo dell’opera alle spalle, racconta i retroscena delle prove, la riunione con il regista e i passaggi necessari per realizzare, ad esempio, tutti i cambi d’abito che verranno indossati per i The Dubliners, prossimo spettacolo in cartellone. Insieme a lei Eleonora Sgherri, che dopo aver seguito i corsi all’interno del laboratorio come studente, è diventata parte della squadra femminile.
Sul grande tavolo in legno – ricavato dalle assi del vecchio palco del teatro – si disegnano carta modelli, si cuciono orli, si dipingono a mano le stoffe. «Ogni spettacolo, ogni attore ha le sue esigenze, noi inventiamo delle soluzioni — spiega Bianchini — Come per l’invecchiamento dei costumi. Per farli sembrare di un’epoca passata dobbiamo tingerli e trattarli con thè e caffè». Anche il costume per un monologo, se prevede un cambio d’abito in scena, deve essere studiato nei suoi minimi dettagli, prevedere tasche segrete o riuscire a velocizzare la vestizione con dei trucchi. Per ogni spettacolo un percorso di ricerca, un disegno, uno studio sui tessuti e tanta, tantissima pazienza.
Suggestioni diverse quelle trasmesse dal foyer del Teatro del Maggio, in tutta la sua gloriosa imponenza. Percorrendo il corridoio dell’ala destra, che porta verso le sartorie si ammirano i costumi realizzati nel 1980 da Karl Lagerfeld per I racconti di Hoffman di Jacques Offenbach per la regia di Luca Ronconi. Solo un anticipo delle meraviglie raccolte nell’archivio del Teatro, che comprende anche i costumi delle opere del Teatro Comunale. Chi li ha visti, maneggiati e adattati personalmente a tenori ed artisti sono Gianna, Sara, Angela, Graziella, Patrizia, Maria e Rosaria.
Loro, le sarte storiche del Maggio: «le hanno viste tutte», raccontano. Il gruppo oggi conta circa venti donne. Non si limitano a modificare i costumi di scena sul personaggio. Senza il loro tocco, che accompagna gli artisti fino ai camerini e all’attimo prima di salire sul palco, l’opera potrebbe andar male. «Abbiamo un rapporto molto fisico con i cantanti ma dobbiamo anche considerare la tensione di quei momenti, superare disagi e difficoltà in un attimo», spiega Gianna Poli, responsabile della sartoria. Tra una giacca per il Conte del Barbiere di Siviglia e un corpetto per l’Elisir D’amore, si svela il cuore del Maggio, che dietro le quinte, corona la musica con ago e filo.