Corriere Fiorentino

Ponte Vecchio, la crisi degli orafi I dipendenti? Tutti a casa

L’allarme dei gioiellier­i: un altro lockdown e chiudiamo. I dipendenti? Tutti a casa

- Antonio Passanese

Oltre 90 dipendenti in cassa integrazio­ne, incassi giù del 90% con gli affitti fino a 20 mila euro il mese. Ponte Vecchio è in ginocchio e gli orafi temono un secondo stop: «Sarebbe la nostra fine».

«Siamo seduti su uno strapiombo». Con i fatturati calati del 90% a causa della mancanza di turisti e clienti, le 48 botteghe orafe di Ponte Vecchio lanciano di nuovo un appello al governo affinché garantisca loro sgravi fiscali, sconti sugli affitti ma anche aiuti economici. Perché il rischio è che il prolungars­i della pandemia e dell’emergenza sanitaria possa vanificare tutto il lavoro fatto fino a oggi per rimanere aperti. «La lettera inviata al premier Conte nel marzo scorso non ha avuto alcun seguito — afferma Giuditta Biscioni, presidente dell’associazio­ne che riunisce i negozianti di Ponte Vecchio — Tutte le botteghe hanno i dipendenti in cassa integrazio­ne per ottimizzar­e i costi e limitare le perdite», ma la situazione invece di migliorare peggiora giorno dopo giorno.

Sono circa novanta i lavoratori delle attività orafe costretti a rimanere a casa per l’incertezza sul futuro, e insieme a loro ci sono anche tanti artigiani e tutta una filiera che per la mancanza di ordini è in gravissima crisi: «Nonostante alcuni giorni, e soprattutt­o nel fine settimana, ci sia una presenza maggiore di turisti le vendite comunque sono colate a picco. Il nostro prodotto non è considerat­o dalle persone di primaria necessità e così le persone guardano le vetrine, chiedono qualche informazio­ne ma poi vanno via senza acquistare nulla».

C’è da dire che la maggior parte delle attività è a conduzione familiare con i fondi di proprietà, ma c’è anche una fetta importante di orafi che ha grande difficoltà a pagare affitti altissimi vista la posizione che vanno dagli 8.000 ai 20.000 euro al mese. Dopo una serrata durata tre mesi a causa del lockdown, l’unico negozio a non riaprire è stato Alcozer, che proponeva bigiotteri­a di alto livello: i proprietar­i, che avevano inaugurato la bottega nel 2019, non sono riusciti a reggere né i costi del fondo né quelli per i dipendenti: «Gli affari andavano più che bene, poi è arrivato il Covid», aveva spiegato il titolare Giampiero Alcozer.

Il rischio adesso, a sentire la presidente Biscioni, è che «se dovessero decretare un altro lockdown molte delle botteghe orafe del Ponte Vecchio sarebbero costrette a chiudere definitiva­mente. Ora bisogna rimboccars­i le maniche, rispettare tutte le misure anti contagio imposte dal governo, e sperare davvero che per il periodo di Natale gli affari abbiano un’impennata. Intanto, per allontanar­e i cattivi pensieri insieme alle altre botteghe ci stiamo dando da fare per organizzar­e eventi e luminarie per le prossime festività. Ma nei miei colleghi vedo tanta negatività».

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Orafi Ponte Vecchio quasi deserto

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