I NOSTRI RAGAZZI SMARRITI: PRENDIAMOCI CURA DI LORO
Gentile direttore, dal prezioso osservatorio che rappresenta la strada, per me Borgo Ognissanti, in questa nuova e prevedibile ondata della pandemia, tra i tanti drammi a cui assisto giornalmente ce n’è uno che mi sta particolarmente a cuore e di cui forse poco si parla: la vita di bambini e adolescenti in questa nuova e difficilissima situazione. A settembre il loro deambulare per Borgo Ognissanti era festoso, risate, scherzi innocenti. Bambini mano nella mano con mamme e babbi dopo una giornata di scuola si fermavano dal gelataio e con gli occhi puntati sulle vetrinette delle specialità già prima di mangiarsi il gelato, lo assaporavano con gli occhi; oppure adolescenti alle loro prime uscite da soli, i primi sguardi di innamoramenti, una cioccolata calda o panini invitanti nei nostri negozi del Borgo. Eravamo ancora in estate e il brulichio di bambini e adolescenti riempiva di gioia la strada inondando di buon umore anche commercianti e residenti nella quasi certezza che ormai il Covid fosse stata solo una brutta esperienza che sì aveva lasciato profonde ferite ma anche la speranza di una ripartenza quasi normale.
Oggi quei bambini e adolescenti non sono più gli stessi: i bambini tenuti per mano dai loro genitori, quasi a non volerli lasciare, il viso coperto dalle mascherine da cui si intravedono solo gli occhi, percorrono velocemente il Borgo non per una passeggiata ma come se la strada fosse un corridoio. Quegli occhi, dei bambini e degli adolescenti, in quell’attimo in cui sono riuscito a vederli trapelavano paura e insicurezza.
Ho riflettuto allora sul dramma che stanno vivendo oggi bambini e adolescenti. Ho parlato con qualche mamma del Borgo e mi ha raccontato il disagio familiare che stanno vivendo con i loro piccoli già appena si svegliano la mattina: misurazione della temperatura, se ok si va a scuola, mezzi pubblici fatiscenti e super-affollati, code per entrare a scuola, misurazione della febbre a scuola... Oddio ha qualche linea di febbre e il mal di gola, subito nella «stanza Covid» della scuola, si chiama subito il genitore, che deve lasciare il posto di lavoro e precipitarsi. A casa si chiama il pediatra che decide se è meglio per il bambino fargli osservare dieci giorni di quarantena oppure dopo tre giorni rimandarlo a scuola. Un genitore deve prendere subito un congedo dal posto di lavoro o chiamare nonni, zie, tate o amici che sopperiscano alla sua assenza da casa perché altrimenti perdono il posto di lavoro che magari è pure precario.
Ho fermato poi per strada qualche adolescente e nei loro occhi e nelle loro affermazioni c’è un misto di tristezza, rassegnazione, voglia di scappare. Non sono arrabbiati, parlano con pacatezza, soffrono la distanza con i compagni di scuola e gli amici di sempre. Sognano di ritrovarsi a progettare una convivenza rurale, fuori dalla città, cercare un posto dove vivere perché dove vivono ora stanno male.
C’è dunque aria di tensione nei nostri ragazzi, smarrimento e sconcerto nel non trovare neppure in famiglia quelle certezze che avevano prima con i genitori troppo impegnati nel quotidiano, a far quadrare comunque un bilancio economico familiare sempre più incerto. E in certi casi ahimè sempre più frequenti assistono a litigi sempre più pesanti tra i genitori che soccombono sotto il peso dello stress da pandemia.
Purtroppo le conseguenze potrebbero essere devastanti per queste nuove generazioni. Potremmo ritrovarci ad avere tra una ventina di anni nuovi adulti deboli e smarriti che non hanno avuto né una infanzia né una adolescenza guidata da quei sani principi con cui la famiglia e la scuola hanno sempre accompagnato la crescita delle generazioni passate. Oltretutto ignoranti, nel senso che ignorano perché nella attuale situazione la concentrazione allo studio è spesso pari a zero!
Non sarà anche per tutto questo che oggi «ragazzini terribili» incendiano in pieno giorno una parte storica del nostro centro di Firenze come piazza Davanzati?
Il mio vuol essere un grido di dolore e anche un richiamo alle nostre istituzioni: smettetela di litigare, smettetela di pensare ai giochini delle poltrone, ma non vedete come sono lontani dalla politica i nostri ragazzi? È talmente palese tra gli adolescenti come sia frustrante anche parlare solo di politica, che sembrano aver deciso di espellerlo dalla loro vita intellettuale.
Concludo, direttore, con una frase del poeta inglese Yeats: «Educare non significa riempire un secchio ma accendere un fuoco».
Se di Covid dobbiamo vivere tralasciamo tutto (monopattini elettrici in primis!) e dedichiamoci ai nostri bambini e adolescenti, investiamo tutte le nostre risorse fisiche, morali e economiche nell’educazione, nella scuola, nell’insegnamento per non ritrovarci un domani ad avere una generazione di adulti disadattati. Personalmente non me lo perdonerei.
❞ Il mio vuol essere un grido di dolore e anche un richiamo alle nostre istituzioni: smettetela di litigare e agite