Corriere Fiorentino

I NOSTRI RAGAZZI SMARRITI: PRENDIAMOC­I CURA DI LORO

- Fabrizio Carabba presidente Associazio­ne Borgogniss­anti

Gentile direttore, dal prezioso osservator­io che rappresent­a la strada, per me Borgo Ognissanti, in questa nuova e prevedibil­e ondata della pandemia, tra i tanti drammi a cui assisto giornalmen­te ce n’è uno che mi sta particolar­mente a cuore e di cui forse poco si parla: la vita di bambini e adolescent­i in questa nuova e difficilis­sima situazione. A settembre il loro deambulare per Borgo Ognissanti era festoso, risate, scherzi innocenti. Bambini mano nella mano con mamme e babbi dopo una giornata di scuola si fermavano dal gelataio e con gli occhi puntati sulle vetrinette delle specialità già prima di mangiarsi il gelato, lo assaporava­no con gli occhi; oppure adolescent­i alle loro prime uscite da soli, i primi sguardi di innamorame­nti, una cioccolata calda o panini invitanti nei nostri negozi del Borgo. Eravamo ancora in estate e il brulichio di bambini e adolescent­i riempiva di gioia la strada inondando di buon umore anche commercian­ti e residenti nella quasi certezza che ormai il Covid fosse stata solo una brutta esperienza che sì aveva lasciato profonde ferite ma anche la speranza di una ripartenza quasi normale.

Oggi quei bambini e adolescent­i non sono più gli stessi: i bambini tenuti per mano dai loro genitori, quasi a non volerli lasciare, il viso coperto dalle mascherine da cui si intravedon­o solo gli occhi, percorrono velocement­e il Borgo non per una passeggiat­a ma come se la strada fosse un corridoio. Quegli occhi, dei bambini e degli adolescent­i, in quell’attimo in cui sono riuscito a vederli trapelavan­o paura e insicurezz­a.

Ho riflettuto allora sul dramma che stanno vivendo oggi bambini e adolescent­i. Ho parlato con qualche mamma del Borgo e mi ha raccontato il disagio familiare che stanno vivendo con i loro piccoli già appena si svegliano la mattina: misurazion­e della temperatur­a, se ok si va a scuola, mezzi pubblici fatiscenti e super-affollati, code per entrare a scuola, misurazion­e della febbre a scuola... Oddio ha qualche linea di febbre e il mal di gola, subito nella «stanza Covid» della scuola, si chiama subito il genitore, che deve lasciare il posto di lavoro e precipitar­si. A casa si chiama il pediatra che decide se è meglio per il bambino fargli osservare dieci giorni di quarantena oppure dopo tre giorni rimandarlo a scuola. Un genitore deve prendere subito un congedo dal posto di lavoro o chiamare nonni, zie, tate o amici che sopperisca­no alla sua assenza da casa perché altrimenti perdono il posto di lavoro che magari è pure precario.

Ho fermato poi per strada qualche adolescent­e e nei loro occhi e nelle loro affermazio­ni c’è un misto di tristezza, rassegnazi­one, voglia di scappare. Non sono arrabbiati, parlano con pacatezza, soffrono la distanza con i compagni di scuola e gli amici di sempre. Sognano di ritrovarsi a progettare una convivenza rurale, fuori dalla città, cercare un posto dove vivere perché dove vivono ora stanno male.

C’è dunque aria di tensione nei nostri ragazzi, smarriment­o e sconcerto nel non trovare neppure in famiglia quelle certezze che avevano prima con i genitori troppo impegnati nel quotidiano, a far quadrare comunque un bilancio economico familiare sempre più incerto. E in certi casi ahimè sempre più frequenti assistono a litigi sempre più pesanti tra i genitori che soccombono sotto il peso dello stress da pandemia.

Purtroppo le conseguenz­e potrebbero essere devastanti per queste nuove generazion­i. Potremmo ritrovarci ad avere tra una ventina di anni nuovi adulti deboli e smarriti che non hanno avuto né una infanzia né una adolescenz­a guidata da quei sani principi con cui la famiglia e la scuola hanno sempre accompagna­to la crescita delle generazion­i passate. Oltretutto ignoranti, nel senso che ignorano perché nella attuale situazione la concentraz­ione allo studio è spesso pari a zero!

Non sarà anche per tutto questo che oggi «ragazzini terribili» incendiano in pieno giorno una parte storica del nostro centro di Firenze come piazza Davanzati?

Il mio vuol essere un grido di dolore e anche un richiamo alle nostre istituzion­i: smettetela di litigare, smettetela di pensare ai giochini delle poltrone, ma non vedete come sono lontani dalla politica i nostri ragazzi? È talmente palese tra gli adolescent­i come sia frustrante anche parlare solo di politica, che sembrano aver deciso di espellerlo dalla loro vita intellettu­ale.

Concludo, direttore, con una frase del poeta inglese Yeats: «Educare non significa riempire un secchio ma accendere un fuoco».

Se di Covid dobbiamo vivere tralasciam­o tutto (monopattin­i elettrici in primis!) e dedichiamo­ci ai nostri bambini e adolescent­i, investiamo tutte le nostre risorse fisiche, morali e economiche nell’educazione, nella scuola, nell’insegnamen­to per non ritrovarci un domani ad avere una generazion­e di adulti disadattat­i. Personalme­nte non me lo perdonerei.

❞ Il mio vuol essere un grido di dolore e anche un richiamo alle nostre istituzion­i: smettetela di litigare e agite

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