MINISTRO, DI CHI ERA QUELLA CAMPAGNA ELETTORALE?
Era già in campagna elettorale a settembre, il ministro della Salute Roberto Speranza, quando è venuto a Firenze a sostenere la candidatura di Eugenio Giani alle elezioni regionali. Tutto ottimismo e sorti magnifiche e progressive di fronte a noi, ma sempre con quell’espressione dolente e grave del dirigente di partito sobrio e istituzionale: «Il Paese è forte e sta dimostrando di saper vincere anche questa partita della riapertura delle scuole». Nel frattempo, mentre il Paese stava autorevolmente vincendo le sue sfide, Speranza scriveva un libro, Perché guariremo, per Feltrinelli. Il libro, la cui messa in vendita era programmata per questa settimana, è stato ritirato e rinviato. È stato distribuito alle librerie ma non possono venderlo e giace nei loro magazzini.
Sentivamo l’urgenza di questa pubblicazione? Onestamente no. Soprattutto non adesso che il governo — dopo aver buttato via mesi preziosi — chiede a tutti noi nuove restrizioni e forse anche nuovi lockdown. Restrizioni necessarie, attenzione. Le rivolte in Campania, forse pilotate, non sono minimamente accettabili.
Qualcuno si chiede come sia possibile che un ministro della Salute, nel mezzo di una pandemia, trovi il tempo di tenere un diario. Questo è il meno, perché i politici hanno staff che possono lavorare anche su questo. Si scrivono diari in tempo di guerra, quindi figurarsi se è questo il problema principale. No, il problema del libro di Speranza è che testimonia nel suo piccolo ancora una volta la leggerezza e la vanità di chi governa. Non di tutti, perché generalizzare non serve. Ma mai come oggi less is more. L’ansia di capitalizzare un consenso politico — Speranza, il ministro più popolare dell’esecutivo, forse perché restava in silenzio — è pericolosa non solo per i governanti ma per tutti. Basta leggere l’epilogo sul «Ritorno della sinistra» per capirlo. «Nel corso di queste pagine ho usato a più riprese due termini per me essenziali come “uguaglianza” e “diritti”. È perché sono serviti a tracciare la rotta nella bufera, come le stelle per i naviganti. I tempi duri non sono quelli in cui si devono lasciare da parte i valori e i princìpi. Sono quelli in cui servono di più», teorizza Speranza, metà ministro metà guru. «Abbiamo visto come la politica sia gestione quotidiana, scelte quotidiane, fatica quotidiana. Ma è anche appassionante storia personale e collettiva e slancio verso il futuro. Per questo credo che un altro dovere che abbiamo verso noi stessi e verso il Paese, un altro modo per non sprecare le dure lezioni di questi mesi e per affrontare al meglio le sfide che ci attendono, sia quello di un colpo d’ala politico di cui da tempo c’è bisogno», scrive ancora Speranza nell’epilogo. «Sono convinto che abbiamo un’opportunità unica per radicare una nuova idea della sinistra, basata su un impegno di cui oggi tutti riconoscono la necessità: difendere e rilanciare i beni pubblici fondamentali, a patire dalla tutela della salute, dal valore dell’istruzione e dalla difesa dell’ambiente. Abbiamo vissuto l’individualismo
❞ Il suo libro, altro monumento alla vanità di chi governa, giace nei magazzini delle librerie A settembre venne in Toscana per sostenere Giani, alle Regionali ma la passerella era tutta per se stesso
sfrenato, abbiamo subito la sua traduzione economica e sociale: un neoliberismo altrettanto sfrenato. Abbiamo creduto nella propaganda secondo cui un mondo organizzato in base a questi princìpi avrebbe prodotto ricchezza e benessere per tutti. Per oltre trent’anni questa ideologia ha egemonizzato le coscienze del mondo occidentale: non ha solo orientato la destra, ma ha influenzato significativamente anche la sinistra, rendendola pian piano subalterna».
Così l’emergenza sanitaria diventa l’occasione per l’ennesima tirata sul «neo-liberismo» in un Paese che è qualsiasi cosa — citofonare debito pubblico oltre i 2.400 miliardi nel 2019, citofonare Alitalia — ma che il liberismo, con o senza neo, non l’ha visto neanche dipinto.