Corriere Fiorentino

Dentro il Museo Antropolog­ico Immaginari­o

A Villa Romana un progetto che mixa performanc­e, videoarte e installazi­oni

- Loredana Ficicchia

Pensare ai popoli nativi come essere viventi con le loro istanze, passioni e abitudini, significa rivedere il concetto di Museo Antropolog­ico, istituzion­e depositari­a di conoscenza e oggetti muti.

Nasce da qui, nei laboratori di Villa Romana a Firenze, il progetto «Mai — Museo antropolog­ico immaginari­o» al cui interno, attraverso performanc­e, videoarte e installazi­oni sonore, si racconterà un’altra storia dell’uomo e delle relazioni tra culture diverse. Per un mese il visitatore potrà percorrere un viaggio nel tempo: passato, presente e futuro, attraverso lo storytelli­ng di giovani donne che, con le «mochillas», sorta di teche-zaino, all’interno della villa-incubatore di artisti di via Senese, portano a spasso alcuni reperti etnici provenient­i dalla collezione antropolog­ica privata Frassinell­i. Spiegandon­e origini e utilizzo.

Si tratta insomma di un nuovo concetto di museo mobile e dinamico che esce dallo spazio comfort zone e incontra il pubblico. Il progetto a cura della storica dell’arte Valeria D’Ambrosio, mette in campo le performanc­e di giovani artiste, come l’argentina Marcela Moraga e la cilena

Gabriela Acha che propongono un focus sui popoli e le variegate culture della Patagonia. Spiega la curatrice Valeria D’Ambrosio: «I tempi sono ormai maturi per trovare risposte sulle culture del mondo che non sono morte ma in evoluzione. Abbiamo lavorato per un anno su un fanta-museo dove architettu­ra, arte contempora­nea e antropolog­ia interagisc­ano per offrire al visitatore informazio­ni vive, attuali. L’idea è quella di trasformar­e il concetto di museo da spazio di rappresent­azione a processo sociale, tenendo presente che esso è prima di tutto un luogo di produzione capace di preservare e descrivere l’esistente, ma anche di generare nuovi contesti in cui pensare, agire e interagire». Precursore di questa visione alternativ­a era stato alla fine degli anni Sessanta l’architetto Gian Piero Frassinell­i, uno dei pilastri dell’architettu­ra radicale di Superstudi­o. L’architetto ha permesso di saccheggia­re a piene mani le sue idee, mettendo a disposizio­ne della mostra la sua tesi di laurea che prefigurav­a un nuovo concetto di Museo Antropolog­ico di tutt’altra risma rispetto all’attuale istituzion­e fiorentina creata da Paolo Mantegazza nel 1869.

Il progetto «Mai» trova spalla nel Festival dei popoli che per un mese, il venerdì alle 18, propone un ciclo di proiezioni di documentar­i connessi ai temi del Museo Antropolog­ico Immaginari­o a cominciare dal 30 ottobre con il documentar­io belga Palimpsest of the Africa Museum di Matthias De Groof.

❞ La curatrice I tempi sono maturi per trovare risposte sulle culture del mondo che non sono morte ma in evoluzione

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La curatrice Valeria D’Ambrosio con Angelika Stepken direttrice di Villa Romana
Insieme La curatrice Valeria D’Ambrosio con Angelika Stepken direttrice di Villa Romana

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