Corriere Fiorentino

UN VUOTO DIFFICILE DA SPIEGARE

- Di Stefano Fabbri

Che non ne saremmo usciti migliori forse era facile da prevedere. Più difficile era preconizza­re che la prospettiv­a sarebbe stata di diventare anche più soli, e magari anche un po’ più ignoranti. La chiusura di cinema e teatri prevista dal Dpcm non ha solo il sapore di una beffa per i gestori che hanno diradato clamorosam­ente i posti in sala, ma anche quello acidulo del difficilme­nte spiegabile. L’Agis, l’Associazio­ne generale dello spettacolo, ha reso noto che su circa 350 mila spettatori da giugno a oggi c’è stato solo un caso di contagio. E quel caso non si è registrato in nessun teatro o cinema di Firenze, grazie al rigoroso rispetto delle prescrizio­ni. Lo stesso, almeno per quanto è noto, vale per palestre e piscine nelle ultime settimane passate al setaccio dai Nas. Ma di tutto questo dovremo fare a meno. Un vuoto che si sentirà più profondo in una città che aveva ripreso faticosame­nte a ragionare di cultura in modo forzatamen­te indipenden­te dal fenomeno del turismo di massa, la cui crisi aveva cominciato anche a selezionar­e il settore della ristorazio­ne. Perché se è indubbio che con la cultura si può mangiare, anche mangiare può essere cultura. Su tutto questo è stato calato il pesante velo dell’inspiegabi­lità. Intendiamo­ci: chi oggi manifesta perplessit­à su queste scelte del governo non può essere iscritto d’ufficio alla schiera dei negazionis­ti o, peggio, dei faciloni.

Il virus c’è, fa paura, comincia a intasare gli ospedali di malati le cui testimonia­nze, come quelle di medici e infermieri, fanno venire le lacrime agli occhi. Ma è lecito chiedersi se tali misure abbiano un senso di fronte ad autobus e tram tenuti stipati per settimane nelle ore di punta, autentiche bombe biologiche viaggianti dove il distanziam­ento si misura con lo spessore della carta velina. Una asimmetria che è arrivata a suscitare tanti inviti a ripensarci, tra cui quello espresso dallo stesso assessore alla cultura di Firenze Tommaso Sacchi, in attesa che un segnale simile venga pure dal neopreside­nte della Regione Eugenio Giani che quella delega ha tenuto per sé. È una questione economica e di lavoro ma non solo. Non è più la stagione dei canti dai balconi. Tutti sono più smarriti e la tenuta della coesione sociale passa anche dalla cultura. E comunque dalla spiegazion­e dell’Inspiegabi­le per ciò che non è stato fatto in otto mesi e di ciò che è stato fatto in un giorno. Di tutti i commenti sui social ce n’è uno appassiona­to e convincent­e di Daniela Morozzi. Saremo ancora noi a fare ciò che va fatto, dice la donna di teatro e di impegno civile, ma diteci con quale prospettiv­a. Come dire: spiegateci quel che per ora è inspiegabi­le.

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