UN VUOTO DIFFICILE DA SPIEGARE
Che non ne saremmo usciti migliori forse era facile da prevedere. Più difficile era preconizzare che la prospettiva sarebbe stata di diventare anche più soli, e magari anche un po’ più ignoranti. La chiusura di cinema e teatri prevista dal Dpcm non ha solo il sapore di una beffa per i gestori che hanno diradato clamorosamente i posti in sala, ma anche quello acidulo del difficilmente spiegabile. L’Agis, l’Associazione generale dello spettacolo, ha reso noto che su circa 350 mila spettatori da giugno a oggi c’è stato solo un caso di contagio. E quel caso non si è registrato in nessun teatro o cinema di Firenze, grazie al rigoroso rispetto delle prescrizioni. Lo stesso, almeno per quanto è noto, vale per palestre e piscine nelle ultime settimane passate al setaccio dai Nas. Ma di tutto questo dovremo fare a meno. Un vuoto che si sentirà più profondo in una città che aveva ripreso faticosamente a ragionare di cultura in modo forzatamente indipendente dal fenomeno del turismo di massa, la cui crisi aveva cominciato anche a selezionare il settore della ristorazione. Perché se è indubbio che con la cultura si può mangiare, anche mangiare può essere cultura. Su tutto questo è stato calato il pesante velo dell’inspiegabilità. Intendiamoci: chi oggi manifesta perplessità su queste scelte del governo non può essere iscritto d’ufficio alla schiera dei negazionisti o, peggio, dei faciloni.
Il virus c’è, fa paura, comincia a intasare gli ospedali di malati le cui testimonianze, come quelle di medici e infermieri, fanno venire le lacrime agli occhi. Ma è lecito chiedersi se tali misure abbiano un senso di fronte ad autobus e tram tenuti stipati per settimane nelle ore di punta, autentiche bombe biologiche viaggianti dove il distanziamento si misura con lo spessore della carta velina. Una asimmetria che è arrivata a suscitare tanti inviti a ripensarci, tra cui quello espresso dallo stesso assessore alla cultura di Firenze Tommaso Sacchi, in attesa che un segnale simile venga pure dal neopresidente della Regione Eugenio Giani che quella delega ha tenuto per sé. È una questione economica e di lavoro ma non solo. Non è più la stagione dei canti dai balconi. Tutti sono più smarriti e la tenuta della coesione sociale passa anche dalla cultura. E comunque dalla spiegazione dell’Inspiegabile per ciò che non è stato fatto in otto mesi e di ciò che è stato fatto in un giorno. Di tutti i commenti sui social ce n’è uno appassionato e convincente di Daniela Morozzi. Saremo ancora noi a fare ciò che va fatto, dice la donna di teatro e di impegno civile, ma diteci con quale prospettiva. Come dire: spiegateci quel che per ora è inspiegabile.