SE LA COLPA È SEMPRE DEGLI ALTRI
Chi di noi ha frequentato le piazze fiorentine la sera le ha viste giorno dopo giorno riempirsi sempre di più, le mascherine sempre più spesso a proteggere il mento invece di bocca e naso, i gruppi di ragazzi e no a bere e chiacchierare e divertirsi seduti sui gradini, in piedi o nei dehors senza alcun rispetto del celebrato metro e mezzo. E chi è andato al ristorante ha visto i tavoli avvicinarsi centimetro dopo centimetro giorno dopo giorno fino a tornare, come in un pericoloso viaggio nel tempo, allo spensierato dicembre dello scorso anno, quando il virus era fra noi ma nessuno lo sapeva. Chi prende i mezzi pubblici ha potuto verificare quanto erano vuoti quando siamo usciti dal lockdown, i posti sbarrati (qui non ci si può sedere qui sì) un po’ inutilmente perché non c’era nessuno, l’igienizzante sempre pieno e poi sempre vuoto, e quanto velocemente poi i bus si sono riempiti quando le scuole hanno riaperto. Chi ha dei figli piccoli e doveva andare a riprenderli all’uscita avrà notato che alla fine davanti al portone quel che accadeva non era molto diverso dall’anno scorso. E chi andava al bar se lo ricorda come stavamo attenti a entrare dove c’era scritto entrata e a uscire dove c’era scritto uscita e come invece siamo entrati e usciti dove ci faceva più comodo. Così è singolare oggi la sorpresa, e la protesta, per le nuove prescrizioni. Cosa pensavamo che sarebbe accaduto?
Certo, alla leggenda del virus clinicamente morto questa estate gran parte di noi ha creduto, ci volevamo credere, ne avevamo bisogno dopo i mesi passati in casa, le lezioni perdute, i redditi travolti. Ma non abbiamo dato ascolto a chi ci richiamava all’attenzione, al rispetto delle procedure che ci avrebbero salvato, al rischio di un nuovo precipizio. Certo, ci volevano i controlli, le multe, più vigili urbani che vigilassero davvero, più poliziotti, più carabinieri. Però parliamo sempre degli altri, il governo, la Regione, il Comune, Eugenio Giani e Dario Nardella, le forze dell’ordine, i medici, gli scienziati. Di quello che avrebbero dovuto fare e dire, dei loro errori, delle loro incertezze, delle loro contraddizioni. Dei banchi a rotelle. E non parliamo mai di noi, sempre innocenti, come bambini che aspettano ordini e discipline. Ma una democrazia non funziona così, soprattutto durante una pandemia. Ha bisogno di cittadini adulti, responsabili, non di furbetti. Cosa abbiamo fatto noi ristoratori, noi bartender, noi controllori dell’Ataf, noi fiorentini per difenderci, per richiamare gli altri all’attenzione? Abbiamo messo al massimo un cartello e una mascherina. Mai sentito qualcuno, dall’estate in poi, richiamare un altro. Mai venduto un Negroni o un caffè in meno. Mai fatto scendere le persone da un autobus troppo pieno. Mai rinunciato a una carbonara perché il tavolo era troppo vicino all’altro. Mai fermato i figli che volevano andare alla movida la sera. E così il virus ha ritrovato la sua prateria.