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Il viaggio di Sestini arriva nel refettorio di Santa Maria Novella
Ventitré scatti di Massimo Sestini al Refettorio di Santa Maria Novella celebrano il poeta Da oggi il viaggio nelle tappe dantesche, con al centro la città che lo vide nascere e lo fece esule Foto dall’alto e non solo catapultano anche nel contemporaneo il messaggio della Commedia
Il funambolo della fotografia impossibile — la definizione è dell’assessore Tommaso Sacchi — ha lasciato il Quirinale ed ha «occupato» il Refettorio di Santa Maria Novella con il suo lavoro su Dante. Ventitré scatti di Massimo Sestini danno il via alle celebrazioni dantesche qui a Firenze e soprattutto anticipano la nascita del museo della lingua italiana che, nel complesso della Basilica troverà la sua casa — la direttrice generale del ministero della Cultura ha appena firmato un decreto per costituire i gruppi di lavoro che gli daranno forma. Ma oggi sono le foto di Sestini — potenti per dimensioni, 250 per 166 cm e prepotenti nell’impatto tra le arcate del grande salone — a raccontare per tappe visive, alcune delle tappe storiche e letterarie della vita di Dante.
Ventitré scatti si diceva — in numero maggiore rispetto a quelli, 10, ospitati a Roma — che colgono passaggi danteschi a Firenze, Ravenna, Venezia, Verona — e non solo. Perché se alcune foto sono state fatte la dove il poeta esule soggiornò altre sono un omaggio a passi della Commedia, come quello che immortala la sorgente dell’Arno citata nel Purgatorio, o chi l’ha celebrata, come il celeberrimo dipinto del Michelino che, in Santa Maria del Fiore, mette insieme il poema e il suo autore. Il colpo d’occhio più impattante della mostra, allestita da Sergio Risaliti e realizzata dal fotoreporter con la consulenza del professor Domenico De Martino, corrisponde al suo incipit: all’ingresso del refettorio due teche trasparenti contengono le due ante della porta lignea di Palazzo Vecchio che, su disegno di Botticelli, raffigurano i volti dello stesso Dante e di Petrarca. Se nella loro collocazione originale separano la Sala dei Gigli da quella delle Udienze qui, disposte come se fossero semiaperte, introducono in una Firenzemondo. «Questo scatto preso dall’alto — ci spiega Sestini — è fatto da un elicottero con una fotocamera sferica e a testa in giù. Il risultato è che si vede tutto lo skyline della città racchiuso in una sfera mappamondo». Se questa insieme con il Giudizio universale del Vasari e dello Zuccari di Santa Maria del Fiore — anche questo racchiuso in un’immagine circolare — o con lo spaccato del Battistero realizzato con tecnica analoga sono le foto più spettacolari e spericolate, ce ne sono molte, fatte dal basso, che raccontano qualcosa del poeta proiettato nell’oggi: dalla guida fiorentina che veste come l’Alighieri per raccontare la sua città ai turisti a Dario Cecchini, il macellaio che declama i versi della Commedia, anche lui nei panni del poeta, fino alla foto veneziana con la «chiatta di Dante». E poi gli omaggi più storici: quello ravennate alla sua tomba, quello alla Badia Fiorentina
dove Boccaccio declamò la
Commedia per la prima volta o quello, in Santa Croce, col cenotafio dell’esule fiorentino più eccellente. Ma forse la fotografia più bella di questa mostra — allestita su tre blocchi a simulare le tre cantiche dell’opera dantesca — è quella che rende omaggio a un artista contemporaneo visto dall’alto. Lui si chiama Enrico Mazzone e, su un supporto cartaceo di 97 metri, sta realizzando in vista del 2021 un suo viaggio attraverso Inferno, Purgatorio, Paradiso. Un’opera bellissima che, suggerisce Risaliti, «sembra citare il Giudizio universale di Michelangelo».