Corriere Fiorentino

DIMINUIRE I RISCHI FUORI PER FARE SCUOLA IN CLASSE

- di Gaspare Polizzi

Il 14 settembre è partito l’anno scolastico più difficile dal dopoguerra a oggi. E a poco più di un mese di distanza tanti temono che sia già finito. Lo pensa Camilla, la studentess­a del Michelangi­olo di Firenze nella lettera pubblicata sul giornale di martedì. E aggiunge: «Lo Stato mi ha deluso, in 8 mesi non è riuscito a organizzar­si». Dallo Stato e dagli amministra­tori locali non è arrivata quella «chiarezza senza divisioni» richiesta ieri dal direttore Roberto De Ponti. Chi ci governa non risponde con la necessaria chiarezza alle domande che ci assillano in questo momenti di paura. Le scuole sono sicure o no? Al 21 ottobre gli studenti contagiati erano pari allo 0,15% del totale, il personale docente allo 0,32% e il personale non docente allo 0,28%. Dati ancora contenuti, cinque volte sotto la media, anche se raddoppiat­i rispetto al 10 ottobre. Se è vero che la settimana dal 12 al 18 ottobre ha avuto un calo di focolai nella scuola dal 3.8% al 3.5% e l’età media dei contagiati è oggi di circa 40 anni, non è possibile attribuire agli studenti il ruolo di «untori». La percentual­e sale al 18% con i focolai nelle case, che pesano per l’82% sul totale dei focolai. Tutti gli indicatori individuan­o nel contesto familiare il principale luogo di esposizion­e al contagio. È quindi nelle case e non nelle scuole che deve crescere la responsabi­lità. Sono sicuri i trasporti pubblici? Ieri la ministra dei Trasporti Paola de Micheli rispondeva a Concita de Gregorio nella trasmissio­ne Dimartedì che sì, i trasporti sono sicuri, che si cercherà di incrementa­re i mezzi, come ha promesso anche il Presidente della Toscana Eugenio Giani, ma che non è quello il problema. Tuttoscuol­a intitola «Trasporti e ATS (Agenzie di Tutela della Salute) non vanno e la scuola paga il prezzo». Allora il problema sono i tracciamen­ti. E su questo c’è concordia di giudizio. Ma non si diceva tamponi a tutti nella scuola? Altra promessa senza esito. È stato fatto uno sforzo notevole per dotare le scuole delle nuove attrezzatu­re, a partire dai banchi, e ora si richiudono. È forse la cosa più semplice, meno costosa e meno sgradita. Chi ci governa ci dica che ha sottovalut­ato il problema, che non ha investito abbastanza per i tracciamen­ti, dai reagenti al personale. Che quest’estate era distratto

Non basta uno smartphone: ci vogliono una rete potente e una buona quantità di gigabit per seguire le lezioni on line. Il dirigente scolastico Antonello Giannelli, presidente dell’Associazio­ne nazionale dei presidi, ha ricordato che «non è possibile immaginare che uno studente dell’alberghier­o impari a fare la carbonara solo leggendo la ricetta senza provarla mai o che i periti tecnici o meccanici non facciano neppure un’ora in laboratori­o». Diffondiam­o l’uso delle mascherine in classe. Introducia­mo l’uso di tamponi rapidi per le scuole e per i servizi educativi, come prescrive l’ordinanza firmata il 12 ottobre da Eugenio Giani. Organizzia­moci per le chiusure limitate in modo da renderle efficaci. Ma non chiudiamo del tutto le scuole. Oltre che un diritto, l’istruzione e l’educazione sono, in questi mesi, una necessità irrinuncia­bile.

❞ Bisogna fare di tutto perché gli istituti rimangano sempre più aperti: l’educazione oltre a un diritto è una necessità

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