Tutto De Chirico
A Palazzo Blu le stagioni dell’artista con cento opere
La sua arte vi sorprenderà. Non perché non sia riconosciuta l’immensa grandezza di un gigante del Novecento, ma per la cocente attualità che vive in questo nostro tragico presente. Con la sua realtà trasfigurata e i punti fermi della nostra organizzazione sociale traballanti. Inaugura al Palazzo Blu di Pisa il 7 novembre la mostra De Chirico e la Metafisica, che sarà visitabile fino al 9 maggio 2021. Un arco di tempo abbastanza lungo a rassicurare le ansie giustificate di Lorenzo Canova, curatore dell’esposizione insieme a Saretto Cincinelli.
«Mamma mia, speriamo di riuscire a inaugurare — sospira al telefono — In mostra presentiamo con scansione biografica la produzione dell’intero arco della sua vita. Con la volontà di scoperchiare il valore delle opere dell’ultimo periodo, la cosiddetta ‘Neometafisica’. Dopo che negli anni dieci aveva fondato la Metafisica e successivamente la sua pittura si era espressa nella ‘Seconda Metafisica’». Più di cento opere, molte parte della collezione che l’artista tenne per sé e poi donate alla Galleria d’arte moderna di Roma nel 1987 dalla moglie Isabella. Quadri a cui era legato, oltre che dal senso pittorico, da un valore sentimentale. Oltre che dalla Galleria d’arte moderna di Roma i prestiti provengono da Ferrara, Venezia, Rovereto, dagli Uffizi e da Casa Siviero a Firenze. «Sono tutte opere indiscutibilmente di Giorgio de Chirico — sottolinea Canova, che fa parte del Comitato autentica della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico — Il nostro è un lavoro serissimo, ci serviamo anche di indagini scientifiche con gli ultimi strumenti tecnologici. Lui ha lottato tutta la vita per difendersi dai tanti falsi che venivano messi sul mercato». Si diceva però che lui stesso ne avesse avvallati diversi. «È una calunnia messa in giro da Breton per una brutale questione di soldi. I surrealisti hanno riconosciuto in de Chirico il loro maestro, ma Breton aveva dei quadri dei suoi primi anni e sperava di fare come con Modigliani, venderli a cifre altissime dopo che aveva perfino messo in giro la voce della sua morte per alzare le quotazioni». Ma a Pisa godremo solo di una sequenza di capolavori. Non solo di Giorgio de Chirico: ci saranno anche
Carrà, il fratello Alberto Savinio, de Pisis, oltre a Sironi e Martini. Dagli inizi nella suggestione di Böcklin e Klinger, legge Friedrich Nietzsche, Arthur Schopenhauer, su su fino agli anni più sereni dell’ultima parte della vita, rafforzando la visione critica della sua arte che per primo ne diede Maurizio Calvesi: «Metafisica continua».
«La sua famiglia era una famiglia di geni — ci racconta Canova — Il fratello Andrea prese poi il nome di Alberto
Savinio, ebbe una importante produzione letteraria oltre che pittorica. Ma anche Giorgio de Chirico ha scritto un’opera che è universalmente riconosciuta come un capolavoro, l’Hebdomeros (Ebdòmero), pubblicata nel 1929. Il padre era un ingegnere ferroviario, morì quando lui aveva una decina di anni e questo rimpianto, questa dolorosa mancanza si avverte spesso nell’arte dei due fratelli. La madre, con cui viaggiarono molto, non contrastò mai le loro vocazioni. Inoltre, per la
❞ Lorenzo Canova La volontà è scoperchiare anche il valore dei dipinti dell’ultimo periodo della sua vita
Fondazione de Chirico, stiamo curando l’edizione dei suoi scritti, di cui è già uscito il primo volume».
Superando il pregiudizio di un de Chirico geniale solo nei suoi primi anni metafisici, si arriva così a una lettura unitaria della sua produzione. Con capolavori quali Ettore e Andromaca o Le muse inquietanti. Per tacere di quelle piazze d’Italia che sembrano il ritratto del nostro Paese durante il lockdown. La sua arte influenzò anche molti artisti degli anni Sessanta, e il suo influsso, le citazioni di sue opere sono riconoscibilissime in Paolini o Andy Warhol. Maturando, le sue inquietudini si acquietarono, la sua terza età lo mostrava pieno di vita e non era raro trovarlo in Piazza San Marco a Venezia a sorseggiarsi l’amato Punt e Mes. Era nato a Volo nel 1888, se ne andò a Roma nel 1978.