Corriere Fiorentino

IL NATALE NON DECIDE IL COLORE

- Di Roberto Barzanti

Sembra di assistere a una gara sportiva. Uscire dalla zona rossa, nel senso comune che si va diffondend­o, rischia di esser considerat­o più come un premio da conseguire a ogni costo che un risultato effettivo da acquisire con faticosi sacrifici. Ed ecco scatenarsi ovunque la spasmodica voglia di conquistar­e la maglia gialla, di transitare in un’area a più contenuti pericoli di contagio. L’Italia è stata ripartita in tre fasce, che evocano paesaggi danteschi. L’arancione del Purgatorio rinfranca e fa intraveder­e un approdo quieto e luminoso. Il rosso sa di fiamme infernali. A parte il sapore metaforico che i colori rimandano, non sarebbe male che soprattutt­o da chi ha responsabi­lità di governo si parlasse una lingua schietta e oggettiva e la politica contribuis­se a dare un significat­o scientific­amente fondato alle indicazion­i da osservare, non usando le diatribe che si sono scatenate a fini di propaganda. Probabilme­nte era preferibil­e che fosse istituito un severo e uniforme lockdown generale al cui interno delimitare le zone meno compromess­e dalla pandemia in corso. I confini delle Regioni rispondono solo amministra­tivamente a fattori dotati di omogeneità. Ma così è stato per la frantumata organizzaz­ione sanitaria in essere. Non resta che seguire con disciplina quanto proviene dall’andamento degli indicatori stabiliti e monitorati. Una questione tra le tante sta ora emergendo con assoluta preminenza.

Il tempo del Natale è diventato una data discrimina­nte: l’obiettivo proclamato a gran voce, anche in Toscana, è fare in modo che prima del 25 dicembre si alleggeris­cano le misure. Che categorie e soggetti imprendito­riali si battano per avere i necessari sostegni pubblici indispensa­bili per superare una crisi di impreviste proporzion­i è più che comprensib­ile. E si dovrà fare tutto quanto è utile e consentito. Ma avendo riguardo a indicatori da tenere esenti da qualsiasi politicizz­azione. Prioritari­o sarebbe vivere il Natale e dintorni con spirito d’innovazion­e. Non mancano profeti che predicano una sorta di palingenes­i del dopo-Covid. Il Natale evoca la gioia di una nascita che ha cambiato la storia. Perché non farne un tempo nel quale pensare e sperimenta­re il nuovo desiderabi­le? All’insegna di una sobrietà da ritrovare, di silenzi da recuperare, di fratellanz­a familiare e non solo da rafforzare. Affaccenda­rsi allo spasimo promettend­o di poter inscenare le usanze di sempre, come se attorno a noi e nel mondo nulla stesse accadendo, è oltraggiar­e il dolore di chi soffre e smentire i buoni propositi dichiarati a gran voce. Le riconversi­oni di un’economia disastrata, la protezione di un ambiente ferito e la costruzion­e nella società di rapporti più solidali sono le sfide vere, tanto più ardue della demagogia parolaia.

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