E Daniela aspetta in strada la sentenza
Da Viareggio a Roma per il processo alla strage: «Resto fuori, ma a casa non resistevo»
«Alla fine ho deciso di partire, sentivo di non poter più restare a casa senza far nulla. Alle udienze non mi faranno assistere, ma per me significa molto già essere qua, fuori dal palazzo della Cassazione. Mi fa sentire più vicina a quanto accade in aula». Daniela Rombi, 61 anni, è uno dei volti simbolo della strage di Viareggio. È la mamma di Emanuela Menichetti, morta a 21 anni nello scoppio del treno, una delle 32 vittime che a distanza di undici anni e quattro mesi da quel 29 giugno 2009, aspetta giustizia. Daniela è una donna minuta fisicamente ma dalla tenacia di ferro, anima de «Il Mondo che vorrei», l’associazione che raccoglie i familiari delle vittime, uomini, donne e bambini bruciati vivi dall’esplosione del treno carico di gpl che deragliò divorando via Ponchielli e un intero quartiere a poche centinaia di metri dalla stazione ferroviaria.
Daniela, dopo il no al processo a porte aperte, per l’emergenza Covid, non si è arresa. La prima udienza l’ha seguita a distanza a Viareggio ma ieri, dopo la richiesta de pg di un nuovo processo per l’ex ad di Ferrovie Mauro Moretti, ha deciso di partire per Roma per seguire, sia pure dall’esterno del palazzo, il processo in Cassazione che dovrà scrivere l’ultima parola sulle responsabilità di quella strage.
Non avrebbe potuto lasciare la Toscana, ancora regione «rossa» ma non ha resistito. Così ieri, con il marito e la cognata è salita sul treno: «Siamo arrivati davanti al palazzo della Cassazione alle 13 — racconta — e qua resteremo fino a sabato (giorno in cui i giudici dovrebbero entrare in camera di consiglio). Dentro non entriamo, non ci fanno entrare. Anche mercoledì, alla prima udienza, i nostri avvocati hanno chiesto ai giudici se una piccola delegazione di familiari potesse essere ammessa nel palazzo, ma è stato detto di no».
Dal primo pomeriggio di ieri dunque Daniela staziona di fronte all’edificio, in costante collegamento con gli altri familiari delle vittime rimasti a Viareggio: Marco Piagentini, presidente de «Il Mondo che vorrei», ha creato
una stanza virtuale sulla piattaforma Meet dove i parenti e i loro avvocati si aggiornano in continuazione sull’evolversi della situazione, Daniela Rombi non teme né il freddo, né la pioggia: seduta su una panchina o in piedi, controlla il tablet in cerca di aggiornamenti e fa forza a tutti. Resterà a Roma con gli avvocati dei familiari perché «quando ci sarà la sentenza — dice — io voglio essere qua». Anche lo scorso 29 giugno, quando le norme anti Covid non avevano permesso per la prima volta in 11 anni il tradizionale corteo nel giorno dell’anniversario(a cui prendono parte di solito circa 10 mila persone), Daniela aveva mostrato tutta la sua determinazione, percorrendo con un ristretto gruppo di persone il tragitto fino a via Ponchielli. Stavolta, dopo circa 150 udienze fra primo grado e appello alle quali non è mai mancata, le era stato detto che a Roma non avrebbe potuto esserci. Ma è partita lo stesso. Per chiedere una volta di più «verità e giustizia per Viareggio».
❞ Stare fuori mi fa sentire più vicina a quello che accade dentro
❞ Resterò a Roma: quando ci sarà il verdetto io voglio essere qui