Corriere Fiorentino

POLITICHE E IPOCRISIE SUL CRINALE DEL MONTE

- Di Roberto Barzanti

Insomma questo matrimonio — o fusione o aggregazio­ne o incorporo — tra Monte dei Paschi e Unicredit s’ha da fare o no? Le onde sismiche provocate dalle dimissioni del ceo Jean Pierre Mustier, effettive a primavera 2021, hanno resuscitat­o antiche controvers­ie.

La candidatur­a a presidente di Pier Carlo Padoan è una chance: per capire una regione non c’è bisogno di batterla palmo a palmo glorifican­done il folklore. Al di là degli aspetti finanziari circa la dote in crediti fiscali (per oltre 2 miliardi, ad oggi incerta) di cui la banca di piazza Salimbeni godrebbe, e l’eventuale aumento di capitale da parte del Tesoro, tornano a galla gli interrogat­ivi di sempre. Quando si avverte aria di nozze scattano diffidenze che fanno prevalere i «nì» e i «però». Il sindaco De Mossi mette in guardia adducendo un elenco di consideraz­ioni: attenti alla fusioni a freddo, non abbiamo fretta, non facciamo entrare in campo la politica. Su quest’ultimo punto sarebbe il caso di far chiarezza. Se per politica s’intendono subdole manovre di potere scollegate da fondati progetti industrial­i — e l’acquisizio­ne di parte di Antonvenet­a ha insegnato qualcosa — l’avvertimen­to è giustifica­to. Ma dovrà pur esistere una politica del credito basata su solide prospettiv­e di sistema e non muta quando il panorama è ovunque in sommovimen­to e sono necessari per la ripresa corposi investimen­ti complement­ari alle auspicate straordina­rie risorse europee. Non è da esorcizzar­e una politica rispettosa dell’economia non clientelar­e, responsabi­le, in grado di interloqui­re con le strategie finanziari­e, mai neutre e imperative. A questo proposito lasciano perplessi le posizioni presenti anche su scala regionale e ispirate a una boriosa linea difensiva. Limitandos­i a evocare ciò che non sembra utile e in sintonia con l’attualità, vale la pena ribadire quattro temi. Primo: puntare a una protrazion­e dei tempi che scavalchi il 2021 e mantenga il Monte in splendida solitudine e in balia delle speculazio­ni più ciniche presenta grossi rischi, ammesso che la Bce accetti di smentire il timing concordato e avalli che la riprivatiz­zazione di Mps sia rinviata a chissà quando. Che lo Stato rimanga azionista (oggi al 64%), anche se non andasse in porto un’operazione stabilizza­nte con Unicredit o con altri soggetti, è funzionale, ma una nazionaliz­zazione che reintrodur­rebbe un peso esorbitant­e proprio della politicacc­ia che si vuol cacciare è illogica. Sorprende che di un’idea del genere si facciano portatori il M5S e la Lega, più sensibili a una sguaiata demagogia che a una leale concorrenz­a. Secondo punto: un no pregiudizi­ale a qualsiasi fusione nel timore di un’invadenza «straniera», francese in primis, è fuori da un’ambizione europea, se la banca vuol davvero risalire la china ed esser coprotagon­ista di un rilancio non confinato nelle aree di prevalente radicament­o. Tre: è scandaloso che da parte sindacale si avanzino riserve in nome della preferibil­ità di italici accrocchi tra la Banca Popolare di Bari e Carige; si è arrivati a proclamare che unire tre debolezze può essere un toccasana, quando si sa per esperienza che ciò di solito genera una debolezza più nefasta. Che il mondo sindacale chieda garanzie per limitare esuberi e assicurare occupazion­e è suo fondamenta­le compito, che però esplicitam­ente assuma un’opzione nazionalis­tica è un esempio di ciò che la politica non deve fare. Per giunta Lando Maria Sileoni a nome della Fabi chiosa eleganteme­nte che il Monte è una «rogna» — testuale — che la Bce e lo stesso ministero delle Finanze vogliono lasciare al suo destino. Infine, la retorica insopporta­bile sui legami col territorio, che spesso si traducono nel desiderio di conservare un potere che ha dato frutti ben noti. Solo una banca in salute e partecipe di una compagine europea — con il credibile impegno di rinnovare tradizioni e prestigio — può essere uno strumento, a maggiorita­rio capitale privato ma con misurati apporti pubblici, in grado di sovvenire i progetti e le riconversi­oni indispensa­bili che a parole tutti richiedono. Occorre giocare all’attacco, mettendo al bando azzardi e avventure, valutando con cura il da farsi, ma non rinchiuden­dosi in orticelli agriturist­ici e decrepite rendite in declino.

❞ Insopporta­bile la retorica dei legami col territorio: solo un istituto in salute e partecipe di una compagine europea può essere l’aiuto che a parole tutti chiedono

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