Addio Maraschi, bomber del secondo scudetto
Voluto da Pesaola, mise la firma su vittorie storiche sia in campionato che in Coppa Campioni
Mario Maraschi, il «mister Wolf» della Fiorentina del secondo scudetto. Lui, molto semplicemente, risolveva i problemi, che poi negli anni sessanta erano gli stessi di oggi: fare gol. Non troppo dotato sul piano fisico, possedeva qualcosa che non si può né insegnare, né tanto meno imparare: nell’area avversaria aveva i tempi giusti e chiudeva alla grande l’azione.
Il centravanti dell’ultimo successo viola in campionato, scomparso ieri all’età di 81 anni, arrivò a Firenze un po’ alla chetichella nel 1967, superato mediaticamente dalla dolorosa partenza di Hamrin e dal contemporaneo arrivo di Amarildo, un campione. Un attaccante «stagionato» ventottenne, con una carriera abbastanza normale alle spalle, che aveva fatto bene a Vicenza e che però Chiappella aveva voluto a tutti i costi. In tre stagioni e 79 presenze Maraschi segnò 31 gol, che sono tantissimi nel calcio di allora. Quello in cui lo stopper si «fidanzava» per novanta minuti con chi doveva marcare, non mollandolo proprio mai e rifilando colpi più o meno proibiti, altro che prova televisiva.
Maraschi quelle botte le restituiva tutte, senza problemi e senza mai lamentarsi troppo con gli arbitri, sempre molto comprensivi con i difensori. I suoi non erano mai gol banali perché determinavano il risultato, e con l’uno a zero si vincevano le partite. Non è un caso che nei due successi più prestigiosi nella Fiorentina di quei tempi ci sia la sua firma. A sei mesi di distanza e sempre, curiosamente, al minuto numero sessantanove. In entrambe le occasioni in coppia col suo compagno preferito: Luciano Chiarugi, a cui è rimasto molto legato anche a fine carriera. Le partite sono quelle dello scudetto con la Juve, l’11 maggio, e a Kiev, l’11 novembre successivo, nella prestigiosa vittoria in Coppa dei Campioni. Non aveva un carattere facile, ma era un buono. Semmai permaloso, convinto di non essere mai stato troppo considerato dalla critica e non aveva tutti i torti.
L’anno dopo il tricolore entrò pesantemente in rotta di collisione con Pesaola che al termine del campionato lo giudicò ormai troppo vecchio per le ambizioni della Fiorentina e lo rispedì a Vicenza per prendere al suo posto l’emergente (e purtroppo mai emerso) Vitali. Maraschi si vendicò giocando una grande stagione proprio nell’anno in cui la Fiorentina rischiò la B, rimpiangendolo molto. Ora ci piace immaginarli, lui e Pesaola, a discutere su come siano andate veramente le cose, ricordando sorridendo quell’irripetibile stagione del trionfo. E può darsi che stavolta, ogni tanto, il Petisso gli dia ragione.