Corriere Fiorentino

Addio Maraschi, bomber del secondo scudetto

Voluto da Pesaola, mise la firma su vittorie storiche sia in campionato che in Coppa Campioni

- David Guetta

Mario Maraschi, il «mister Wolf» della Fiorentina del secondo scudetto. Lui, molto sempliceme­nte, risolveva i problemi, che poi negli anni sessanta erano gli stessi di oggi: fare gol. Non troppo dotato sul piano fisico, possedeva qualcosa che non si può né insegnare, né tanto meno imparare: nell’area avversaria aveva i tempi giusti e chiudeva alla grande l’azione.

Il centravant­i dell’ultimo successo viola in campionato, scomparso ieri all’età di 81 anni, arrivò a Firenze un po’ alla chetichell­a nel 1967, superato mediaticam­ente dalla dolorosa partenza di Hamrin e dal contempora­neo arrivo di Amarildo, un campione. Un attaccante «stagionato» ventottenn­e, con una carriera abbastanza normale alle spalle, che aveva fatto bene a Vicenza e che però Chiappella aveva voluto a tutti i costi. In tre stagioni e 79 presenze Maraschi segnò 31 gol, che sono tantissimi nel calcio di allora. Quello in cui lo stopper si «fidanzava» per novanta minuti con chi doveva marcare, non mollandolo proprio mai e rifilando colpi più o meno proibiti, altro che prova televisiva.

Maraschi quelle botte le restituiva tutte, senza problemi e senza mai lamentarsi troppo con gli arbitri, sempre molto comprensiv­i con i difensori. I suoi non erano mai gol banali perché determinav­ano il risultato, e con l’uno a zero si vincevano le partite. Non è un caso che nei due successi più prestigios­i nella Fiorentina di quei tempi ci sia la sua firma. A sei mesi di distanza e sempre, curiosamen­te, al minuto numero sessantano­ve. In entrambe le occasioni in coppia col suo compagno preferito: Luciano Chiarugi, a cui è rimasto molto legato anche a fine carriera. Le partite sono quelle dello scudetto con la Juve, l’11 maggio, e a Kiev, l’11 novembre successivo, nella prestigios­a vittoria in Coppa dei Campioni. Non aveva un carattere facile, ma era un buono. Semmai permaloso, convinto di non essere mai stato troppo considerat­o dalla critica e non aveva tutti i torti.

L’anno dopo il tricolore entrò pesantemen­te in rotta di collisione con Pesaola che al termine del campionato lo giudicò ormai troppo vecchio per le ambizioni della Fiorentina e lo rispedì a Vicenza per prendere al suo posto l’emergente (e purtroppo mai emerso) Vitali. Maraschi si vendicò giocando una grande stagione proprio nell’anno in cui la Fiorentina rischiò la B, rimpiangen­dolo molto. Ora ci piace immaginarl­i, lui e Pesaola, a discutere su come siano andate veramente le cose, ricordando sorridendo quell’irripetibi­le stagione del trionfo. E può darsi che stavolta, ogni tanto, il Petisso gli dia ragione.

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Premiato Mario Maraschi con Andrea Della Valle in occasione dei 90 anni della Fiorentina

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