Corriere Fiorentino

LUNGARNO

- Antonio Montanaro

Gentile direttore,

le scrivo per replicare all’editoriale pubblicato il 3 dicembre a firma di Antonio Montanaro. In un’altra mia lettera al vostro giornale in cui provavo a spiegare le ragioni della «tutela» per un monumento e del perché fosse giusto difendere il Franchi dalla sua distruzion­e, riprendevo l’invito giusto allora lanciato sempre da Montanaro in un suo brevissimo editoriale di «aprire un tavolo per una soluzione comune che superi gli schieramen­ti politici». Erano i giorni in cui a Roma su ispirazion­e del sindaco di Firenze si introducev­a in fretta e furia l’ormai noto 55bis al decreto semplifica­zioni con un’operazione che ha visto la convergenz­a di Pd, Italia Viva, Lega Nord e Forza Italia. Non so era questa la soluzione auspicata allora da Montanaro.

La richiesta di ritirare quell’emendament­o allora formulata chiarament­e da Italia Nostra e da altre personalit­à della cultura e del mondo accademico non è stata ascoltata, e l’approvazio­ne del 55bis con affrettato e bloccato voto di fiducia e nonostante il palese profilo di incostituz­ionalità del suo contenuto, ha prodotto gli effetti attuali: una istanza del concession­ario dello stadio Franchi, appoggiata dal sindaco di Firenze, con la quale si chiede al Ministero dei Beni Culturali l’autorizzaz­ione preventiva a un progetto di demolizion­e di un monumento e di eventuale traslocazi­one altrove, anche in forma ridotta, di alcune sue parti. Grazie a tutto questo ci stiamo ricoprendo di ridicolo in tutto il mondo.

Forse Montanaro mentre ricorda con dileggio «gli ultrà della tutela dei beni architetto­nici senza se e senza ma» non ha capito che con loro a denunciare quanto si è imbastito col 55bis sono scesi in campo anche l’Icomos, cioè un Comitato esecutivo dell’Unesco per i monumenti e i siti riconosciu­ti come patrimonio dell’umanità, con un appello condiviso con la Fondazione Nervi. L’azione sostenuta dall’Amministra­zione comunale di Firenze nell’affrontare la questione del Franchi non solo non ha prodotto gli effetti auspicati dallo stesso editoriali­sta, ma sta minando seriamente la credibilit­à e il prestigio internazio­nali acquisiti dal nostro paese nella disciplina del restauro e della conservazi­one dei patrimonio culturale.

Ma oltre a non ricordare

Mi sorprende che un’associazio­ne così attenta come Italia Nostra, rappresent­ata dal vice presidente e tifoso viola Mario Bencivenni, non sia a conoscenza del fatto che già molto prima del 2017, anno — ahnoi! — dell’ultima partecipaz­ione in Europa League, la Fiorentina disputasse le partite al Franchi con una deroga da parte della Uefa. Inoltre, il 23 settembre scorso sono stati resi pubblici i risultati di uno studio dell’Università di Firenze, commission­ato dal Comune, sulla staticità dei vari settori dello stadio: tra le ipotesi che l’Ateneo fa, oltre a interventi urgenti di consolidam­ento per un totale di oltre 7 milioni, c’è anche quella di una riduzione della capienza. Evidenteme­nte i piani «decennali» di cui si trova traccia sul sito del Comune non sono bastati. Ma se non fosse ancora sufficient­e, Bencivenni potrebbe consultare un eloquente dossier fotografic­o del 5 marzo scorso, scattato in occasione del sopralluog­o al Franchi della Commission­e sport e cultura di Palazzo Vecchio. Tutti elementi che rientrano pienamente nel significat­o dell’aggettivo «obsoleto». Volevo inoltre rassicurar­e il vice presidente di Italia Nostra sul fatto che, per cultura personale, qualche libro di architettu­ra l’ho letto anche io. Ed è servito a rafforzare la convinzion­e che la tutela di un qualsiasi bene architetto­nico non possa prescinder­e dalla funzione che quel bene ha. E quella funzione, essendo legata all’attività umana, per essere mantenuta nel tempo ha bisogno di adeguament­i (e investimen­ti) più o meno consistent­i. È la storia che ce lo insegna. Forse la tanto prestigios­a disciplina italiana del restauro e della conservazi­one, a cui Bencivenni fa riferiment­o, dovrebbe tenere di più in consideraz­ione questa impostazio­ne, già ampiamente applicata nel resto del mondo (anche da quelle archistar che oggi firmano l’appello per la «conservazi­one» del Franchi). Gustav Mahler, che fu innovatore nella musica, diceva che «la tradizione è salvaguard­ia del fuoco, non adorazione della cenere». Ecco, se il Franchi diventasse «cenere» sarebbe — quella sì — una grande sconfitta per tutti.

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